Il 20 settembre 1870 non è soltanto una giornata fondamentale per l'Italia che completa la sua unità con la conquista di Roma. È anche un evento memorabile della storia mondiale perché decreta la fine del millenario potere temporale dei papi e segna l'inizio di una diversa presenza della Chiesa cattolica in Italia e nel mondo. Gli italiani si muovono dopo le sconfitte francesi nella guerra contro la Prussia. Dopo il crollo dell'impero di Napoleone III, infatti, la Francia non intende intervenire più a difesa del papa. A questo punto, ci sono le condizioni per la conquista di Roma, obiettivo finale del Risorgimento. Fino all'ultimo si cerca una soluzione pacifica. Ma Pio IX respinge le profferte italiane e acconsente alla difesa armata chiesta dai suoi soldati, pronti a battersi come nuovi crociati. Il libro ricostruisce in dettaglio l'avvicinarsi delle truppe italiane a Roma, l'organizzazione delle difese pontificie e l'assalto alla città. Segue poi gli sviluppi successivi, dai festeggiamenti al plebiscito di annessione, all'avvio di una nuova politica nel quadro del sistema costituzionale rappresentativo italiano. A 150 anni da una data chiave della storia nazionale, una ricostruzione affascinante di 24 ore che hanno cambiato per sempre il corso degli eventi.
Il 20 settembre 1870 non è soltanto una giornata fondamentale per l'Italia che completa la sua unità con la conquista di Roma. È anche un evento memorabile della storia mondiale perché decreta la fine del millenario potere temporale dei papi e segna l'inizio di una diversa presenza della Chiesa cattolica in Italia e nel mondo. Gli italiani si muovono dopo le sconfitte francesi nella guerra contro la Prussia. Dopo il crollo dell'impero di Napoleone III, infatti, la Francia non intende intervenire più a difesa del papa. A questo punto, ci sono le condizioni per la conquista di Roma, obiettivo finale del Risorgimento. Fino all'ultimo si cerca una soluzione pacifica. Ma Pio IX respinge le profferte italiane e acconsente alla difesa armata chiesta dai suoi soldati, pronti a battersi come nuovi crociati. Il libro ricostruisce in dettaglio l'avvicinarsi delle truppe italiane a Roma, l'organizzazione delle difese pontificie e l'assalto alla città. Segue poi gli sviluppi successivi, dai festeggiamenti al plebiscito di annessione, all'avvio di una nuova politica nel quadro del sistema costituzionale rappresentativo italiano. A 150 anni da una data chiave della storia nazionale, una ricostruzione affascinante di 24 ore che hanno cambiato per sempre il corso degli eventi.
Roma capitale era una condizione necessaria del giovane Regno d'Italia o segnò da quel momento in poi i caratteri del percorso unitario italiano? L'evento di Porta Pia fu un momento di coesione nazionale o un elemento divisivo che pesò a lungo nella nostra storia nazionale? A tutte queste domande, e a molte altre, sei autori, di generazione diversa e di sensibilità storiografiche differenti, hanno cercato di rispondere in questo volume, che riflette sul 150° anniversario della presa di Roma. Analizzando le varie componenti del sistema politico, gli autori hanno cercato di evidenziare il percorso che condusse a Roma e i suoi riflessi nel prosieguo della storia d'Italia, in un contesto internazionale sempre più complesso e articolato. Si è cercato così di illustrare gli avvenimenti, compresi quelli militari, nella loro interezza, unica via per restituire la complessità degli avvenimenti storici e per facilitarne la comprensione.
Dopo 150 anni dalla cosiddetta «Breccia di Porta Pia», e a poco più di 90 anni dalla firma dei Patti Lateranensi, questa Raccolta pluridisciplinare di Studi illustra i diversi aspetti e le numerose conseguenze di un evento che mutò definitivamente il rapporto tra il Papa e il mondo: come mai prima, la figura del Romano Pontefice divenne, nel mondo intero, quella del Padre universale, libero da ogni interesse particolare legato ad un suo Stato, e proteso verso l'umanità tutta. Dal canto suo, la Chiesa nutriva la coscienza irrinunciabile di essere per sé un soggetto giuridico internazionale. Questa concezione che la Santa Sede aveva di sé non era basata sull'idea di potere temporale, ma sulla natura stessa della Chiesa, sulla sua autorità spirituale sovrana, confermata dal consenso internazionale. Anche dopo il 1870, infatti, numerosi Stati mantennero una propria rappresentanza diplomatica presso la Santa Sede, che continuò ad essere soggetto operante nella comunità internazionale, anche se priva di un proprio territorio. Dalla Presentazione di Bernard Ardura.
Il 20 settembre 1870 è appena passato. Roma è stata eletta capitale del Regno d’Italia, lo Stato Pontificio non esiste più, il potere temporale dei papi è un ricordo, anche se molto vivo. La città eterna si appresta a scrivere un nuovo, rocam-bolesco capitolo della sua storia. È un periodo di cambia-mento che suscita speranze e illusioni, ma anche paure e rifiuti.Cavour, Azeglio e altri grandi attori del Risorgimento sono già scomparsi, seguiti, nel giro di pochi anni, da Mazzini, Vittorio Emanuele II, Pio IX. Garibaldi è l’ultimo ad andar-sene. Insieme agli interrogativi sul rinnovamento della cit-tà compaiono i primi segni caratteristici della nuova Italia. Nell’urbe – tra misteri insoluti, omicidi, suicidi, rovesci di fortuna, proteste politiche e sociali, complotti, duelli, tre-sche e processi – prendono forma le vicende di personaggi molto eterogenei come Raffaele Sonzogno e Giuseppe Lu-ciani, Agostino Depretis e Francesco Coccapieller, France-sco Crispi e Giovanni Giolitti, Costanzo Chauvet e Felice Cavallotti; ma anche questioni spinose come l’esplosione della febbre edilizia e il suo tracollo, cui fa seguito il formi-dabile scandalo della Banca Romana. Roma, caput mundi, disordinata, entusiasta, impreparata, sorprendente, trasfor-mista, è già diventata cuore e specchio della psicologia di una nazione.In Italiani a Roma, quarto volume dedicato alla sua città, Stefano Tomassini dopo 150 anni rilegge gli articoli dei quotidiani dell’epoca, gli atti giudiziari, i discorsi parlamentari e le memorie dei protagonisti per restituirci le cronache degli anni successivi all’Unità d’Italia. Con il suo ritmo denso e la sua prosa evocativa, Tomassini fa luce su questa importante e poco conosciuta fase di passaggio nella vita di Roma, dei suoi abitanti, dell’Italia tutta.
Ideato per la ricorrenza del 150° anniversario dell'unione di Roma all'Italia, il volume si propone di ripensare ciò che la breccia di Porta Pia significò e comportò nel contesto storico, politico e culturale della capitale, dell'Italia e dell'Europa dal 1870 allo scoppio della Prima guerra mondiale. Alla luce dei più recenti orientamenti storiografici, un'équipe d'illustri studiosi, italiani e stranieri, propone dunque ricerche inedite sull'organizzazione politico-amministrativa della nuova realtà urbana, concentrandosi in particolare sui rapporti con la Chiesa, sulle dinamiche tra i diversi corpi sociali, sulle strategie e sui processi di affermazione dei ceti dirigenti, nonché sulle rispettive forme d'integrazione nella realtà di quella che per secoli era stata la città del papa.
Ingegnere, uomo d'affari, diplomatico, finanziere Vaticano: non è facile trovare una definizione unica per Bernardino Nogara. Una volta, nel 1927, lui si definì «vecchio minatore». La sua carriera, da giovane ingegnere, cominciò infatti nelle miniere, prima nella sua Lombardia, poi in Galles e infine nei Balcani. Queste furono solo le prime tappe di un lungo viaggio, costellato da incontri importanti e da ruoli determinanti sulla scena nazionale e internazionale. Dalle miniere balcaniche Nogara arrivò a Costantinopoli, allora capitale dell'Impero ottomano, dove ebbe incarichi di rilievo per conto del governo italiano e divenne finanziere. Questa nuova dimensione, a cavallo tra affari, finanza e diplomazia, lo portò poi alla conferenza di pace di Versailles e a Berlino al Piano Dawes. Nel 1929, da Berlino si trasferì nella Città del Vaticano, chiamato da Pio XI a gestire le finanze della Santa Sede, posizione che il cattolico Nogara ricoprì per 25 anni. Nel 1958, alla sua morte, Giovanni XXIII definì Bernardino Nogara «servo buono e fedele»: una descrizione calzante, a patto di specificare che la fedeltà di Nogara non fu solo nei confronti della Chiesa o del Pontefice ma anche dell'Italia. Una doppia fedeltà che, con grande autonomia di giudizio, riuscì a gestire anche nei momenti più difficili. La sua biografia, ricostruita anche grazie a un'importante e in gran parte inesplorata mole di carte personali, non trascura la dimensione privata, essenziale per capire le motivazioni dell'azione di un uomo la cui opera ha sicuramente influenzato la storia d'Italia e della Santa Sede.
Silvio Negro concepì questo libro dopo aver letto numerose opere sulle vicende politiche dell'ultimissima Roma papale, quella del regno di Pio IX, fra gli anni della Repubblica Romana e la conquista piemontese. Anni singolari e inquieti, nei quali la città, benché fosse perfettamente consapevole della fine dello Stato Pontificio, cercò di continuare a vivere come se non vi fossero bersaglieri e garibaldini alle porte. Sbirciando in quelle trattazioni, che si occupavano prevalentemente di avvenimenti politici e militari, Negro scoprì "scorci di paesaggio e di costume così inaspettati, così profondamente ed irrevocabilmente diversi da quelli della Roma del nostro tempo" da decidere di dedicare un volume intero all'urbe papale prima della sua malinconica fine. È la storia di una città ancora odorosa, com'è stato detto, di campagna, di pascolo e di stalla oltre che di splendori barocchi e glorie del passato. Una città in cui l'aristocrazia vive in gran parte in maniera sobria, non attacca i cavalli alle carrozze che nelle grandi occasioni e si accontenta di esibire la magnificenza del nome in feste date per dovere sociale una volta l'anno. Un luogo dove "gli stracci stessi del mendicante conservano una certa maestà", e cortesia e urbanità albergano in un popolo in cui è totalmente assente il "tipo canaglia, che altrove è così appariscente, specialmente a Londra e a Parigi".
Questo libro ripercorre le tappe della costruzione di Roma capitale, offrendo una solida consapevolezza del passato risorgimentale della città eterna e con essa la possibilità di affrontare le sfide del presente. Dopo l’Antica Roma e la Roma dei Papi, la “Terza Roma” sarebbe stata quella del popolo. I Savoia, e i politici del Risorgimento, intuirono la forza vitale del mito, ne percepirono il ruolo di centro, anche politico, della nazione appena nata e il potere unificatore del nuovo Stato. Roma divenne simbolo della nuova Italia e, addirittura, della nuova Europa. Fu protagonista del cambiamento, ospitando associazioni, un’amministrazione pubblica moderna ed efficiente, università, licei d’avanguardia, istituzioni scientifiche, accademie e scuole d’arte, grandi ospedali e centri di ricerca e di studio.
Negli ultimi decenni dell'Ottocento comincia su scala europea il processo che porta all'affermazione di un nuovo sistema di produzione dello spettacolo, imperniato sulla centralità della figura registica. Proclamandosi custode dell'intangibilità del testo, il Regista trova nel consenso del mondo intellettuale il punto d'appoggio per la sua irresistibile ascesa. Se i primi registi sposano le cadenze del Naturalismo, la fioritura di una drammaturgia incompatibile con la franche de vie impone il ricorso a nuove risorse espressive. Inizia di qui l'appassionata ricerca di una specificità del linguaggio teatrale, che contraddistingue l'epoca d'oro della Regia. Caduta l'istanza letteraria, si interpellano altre esperienze creative, dalla musica alle arti figurative alla danza, per poi convergere su una rivendicazione comune, nota sotto il nome di "riteatralizzazione del teatro". Delineando il periodo di nascita e di consacrazione della Regia, il libro profila un ritratto delle figure emergenti e, a partire dagli spettacoli che hanno fatto epoca, dispiega l'ampio ventaglio delle poetiche sceniche che vi sono collegate.
Il brigantaggio fu l'eroica resistenza meridionale al colonialismo sabaudo o la sfida allo Stato di bande criminali? La guerra per il Mezzogiorno concluse la crisi del Regno delle Due Sicilie, determinò il successo dell'unificazione italiana e marcò la complicata partecipazione del Mezzogiorno alla nazione risorgimentale. Iniziò nel settembre del 1860, dopo il successo della rivoluzione unitaria e garibaldina, e si protrasse per un decennio, mobilitando re e generali, politici e vescovi, soldati e briganti, intellettuali e artisti. Non fu uno scontro locale, perché coinvolse attori politici e militari di tutta la penisola e d'Europa, ma non fu neppure una guerra tradizionale: i briganti, le truppe regolari italiane, i volontari meridionali si sfidarono nelle valli e nelle montagne in una guerriglia sanguinosa, del tutto priva dei fasti risorgimentali. Si mescolarono la competizione politico-ideologica tra il movimento nazionale italiano e l'autonomismo borbonico; l'antico conflitto civile tra liberalismo costituzionale e assolutismo; la lotta intestina tra gruppi di potere, fazioni locali, interessi sociali che avevano frammentato le città e le campagne meridionali. Questo libro, per la novità di materiali e documenti usati e per la vastità delle ricerche compiute, offre una prospettiva sulla guerra di brigantaggio che innova interpretazioni fino a oggi date per acquisite.