«L'antologia dei più importanti lavori pubblicati in campo astronomico tra il 1900 e il 1975 contiene ben sei articoli di Eddington contro i quattro di Einstein e Hubble. Nessuno lo supera e nessuno lo eguaglia» (Patrizia Caraveo, astrofisica italiana). Ma oltre che un grande fisico e un maestro, Eddington fu, come tutti i geni, anche un uomo sensibile al fascino della speculazione filosofica e teologica. Questa meditazione che ci ha lasciato, La Scienza e il mondo invisibile, ne è un saggio d'inossidabile attualità, che si colloca nel solco di una storia più ampia, spesso sconosciuta se non deliberatamente trascurata, che passa da giganti della scienza come Newton, Kelvin, Faraday e che a Eddington fa dire: «Per quanto mi riguarda non ho dubbi, riesco a sentire il pensiero di Dio».
Questa opera potrebbe apparire, ad un primo sguardo, la semplice raccolta degli atti di un convegno. Infatti, i contributi che compongono questo volume sono stati presentati nell’VIII workshop della SISRI svoltosi a Roma dal 30 al 31 Maggio 2015 e dedicato al rapporto tra le visioni filosofiche del mondo e il lavoro scientifico. L’occasione era l’anniversario dei 400 anni dalla composizione della Lettera a Madama Cristina di Lorena da parte di Galilei. Lo scienziato pisano fu chiamato, in un drammatico momento della sua carriera, a rendere conto della conciliabilità tra il credo cristiano e la sua ricerca scientifica. In realtà, anche oggi ci poniamo con urgenza le stesse domande e cerchiamo risposte che riconosciamo come mai interamente conclusive e sempre aperte a maggiori approfondimenti. Questo carattere di “apertura” del domandare che, muovendo da settori disciplinari specifici, trascende i limiti imposti dai riduzionismi dei singoli metodi di ricerca, è l’aspetto fondamentale che illumina il senso di questa pubblicazione. Anche se potrebbe stupire l’eterogeneità dei contributi, dalla matematica alla biologia, dalla teologia alla storia della scienza, l’unità è visibile nella tensione ad una sintesi del sapere che concepisce i confini tra i campi delle scienze non come muri invalicabili, ma come interne distinzioni di un insieme organico.
Il cristianesimo è realmente il movimento storico di quanti scelgono il modo di vivere di Gesù? L'autore prova a rispondere a questa domanda evidenziando come possa esistere una Chiesa che non sia più un'istituzione religiosa perché, invece, è divenuta un seme di compiuta umanità. Se il guscio della religione si spezza, finalmente viene alla luce la fede autentica, una fede che non vive per se stessa, ma per divenire seme della nuova umanità incarnata da Gesù. Così la Chiesa, rinunciando a mettere in scena il cristianesimo come religione, giunge a vivere il cristianesimo come fioritura dell'umanità fraterna. Al di là della stessa critica alla religione, allora, occorre cogliere quali siano ogni giorno il profilo e il modo di agire delle comunità cristiane fedeli al Vangelo. Il libro vuole delineare la via per sperimentare insieme questo cammino di conversione.
La Chiesa ha sempre negato all'impresa filosofica di Hegel il riconoscimento dell'ortodossia, e ha tradizionalmente considerato il nucleo del suo pensiero incompatibile con l'integrità cristiana. Con questo libro Vito Mancuso si accosta invece alla filosofia hegeliana con lo scopo di mostrarne al contrario la sua profonda intenzionalità teologica, facendo giustizia di tante interpretazioni - sia filosofiche sia teologiche -che ignorano del tutto questo dato. E giunge anzi a mostrare come il cristianesimo viene assunto da Hegel come la verità del mondo, e che da esso il filosofo fa scaturire la sua visione della storia, del suo senso e della sua finalità.
Va di moda sostenere che oggi in Occidente, allontanatasi l'ondata secolarizzatrice, siamo pacificamente immersi in una nuova epoca religiosa post-secolare. Ma questa lettura semplicistica dice solo una parte della verità. Dalferth ci mette sull'avviso: la fede dei cristiani sin dalle origini ha inteso rendere profano il mondo, operare una critica della religione e delle religioni, dare nuova forma alla vita umana alla presenza di Dio. Per il cristiano ciò che conta è rendere presente e attuale il Padre di Gesù Cristo in tutti gli atti vitali, lasciandosi alle spalle la semplicistica alternativa tra vita religiosa e vita non-religiosa. Decisiva non è dunque la differenza tra sacro e profano nel mondo, ma la distinzione - nello spazio mondano - tra una vita che al Dio trascendente si orienta (fede) o non che invece non lo fa (incredulità). Vivere religiosamente non è buono in sé e per se; dipende da come si è ciò che si è e da come si fa ciò che si fa. In estrema sintesi: la vita cristiana, immersa in un mondo profano, si vuole radicalmente orientata alla Trascendenza: Dalferth approfondisce criticamente questa consapevolezza, in chiave sia filosofica sia teologica.