Nel teatro all’interno del carcere romano di Rebibbia si conclude la rappresentazione del “Giulio Cesare” di Shakespeare. I detenuti/attori fanno rientro nelle loro celle. Sei mesi prima: il direttore del carcere espone il progetto teatrale dell’anno ai detenuti che intendono partecipare. Seguono i provini nel corso dei quali si chiede ad ogni aspirante attore di declinare le proprie generalità con due modalità emotive diverse. Completata la selezione si procede con l’assegnazione dei ruoli chiedendo ad ognuno di imparare la parte nel proprio dialetto di origine. Progressivamente il “Giulio Cesare” shakesperiano prende corpo


Critica
“Il risultato è un prodotto imperfetto ma pieno di vita, mosso e dinamico, acuto e carico di suggestioni.”
ACEC
Spero che qualcuno tornando a casa dopo aver visto ‘Cesare deve morire’ pensi che anche un detenuto, su cui sovrasta una terribile pena, è e resta un uomo. E questo grazie alle parole sublimi di Shakespeare”. Questa una delle frasi più toccanti di Vittorio, che ha ricevuto con il fratello Paolo l’Orso d’Oro.
Famiglia Cristiana
“Un altro trionfo per la coraggiosa opera dei due autori che i premi alla carriera non sono
riusciti a mandare in pensione”
Avvenire