Madre Adalberta Hasmandová nacque nel 1914 in una famiglia di agricoltori, settima di otto figli. Fin da bambina sentì il desiderio di dedicare la sua vita al Signore ed entrò in convento all'età di appena tredici anni. Nel 1941 pronunciò le promesse perpetue. Erano gli anni della guerra, ai quali seguì uno dei periodi più bui per la Cecoslovacchia. I comunisti, al potere dal 1948, avevano ingaggiato un feroce braccio di ferro con la Chiesa nel tentativo di sottometterla. Anche suor Adalberta fu arrestata nel 1952 per aver dato asilo a un sacerdote sfuggito a una retata e dovette scontare otto anni di carcere duro. Eletta nel 1970 superiora generale del ramo cecoslovacco della Congregazione delle Suore di Misericordia di San Carlo Borromeo, vi portò uno spirito nuovo alla luce del Concilio. Sfidando i divieti del regime, accompagnò la vocazione religiosa di molte coraggiose giovani che dovettero percorrere clandestinamente l'intero itinerario di formazione religiosa. Morì nel 1988. Il 6 dicembre 2014 è stata dichiarata venerabile.
11 dicembre 1949: la croce della chiesetta del piccolo villaggio boemo di Cíhost' si muove durante la messa. Il parroco, don Toufar, viene accusato di aver inscenato il "miracolo" ed è arrestato dalla polizia segreta cecoslovacca. Fin da bambino aveva desiderato diventare sacerdote, a servizio di Dio e degli uomini. Morirà il 25 febbraio 1950 in seguito alle torture subite per aver voluto testimoniare la sua fedeltà a Cristo e alla Chiesa cattolica. Il libro, a seguito del quale la Chiesa ceca ha avviato la causa di beatificazione, ne ripercorre la vita, la vocazione, il ministero, fino agli eventi che seguirono il "miracolo" e che fanno di don Toufar uno dei primi e sicuramente più noti martiri cattolici cechi del regime comunista. "Il tempo è un bene prezioso. Perciò viviamo come se dovessimo morire oggi, vigilando da uomini saggi". (Josef Toufar)
l 6 giugno 2010 padre Jerzy Popieluszko, barbaramente ucciso nel 1984, è stato beatificato. Il libro contiene le sue "omelie per la patria" e ne illustra la vita e il martirio nel contesto della Polonia del dopoguerra e di Solidarnosc. Un’ampia intervista a Rafal Wieczynski, regista del film «Popieluszko. Non si può uccidere la speranza», mostra l’attualità della sua testimonianza.
Padre Jerzy Popieluszko nacque il 23 settembre 1947 da una famiglia contadina. Ordinato sacerdote nel 1972, nel 1980 venne assegnato alla chiesa di San Stanislao Kostka. Agli inizi del 1982 diede vita alle Messe per la patria, alle quali ben presto cominciarono a partecipare migliaia di persone.
Sempre più inviso al regime, il 19 ottobre 1984 venne rapito da tre ufficiali dei servizi segreti e ucciso.
Il 19 dicembre 2009 Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il decreto riguardante «il martirio del Servo di Dio Jerzy Popieluszko, ucciso in odio alla fede».
A cura di Annalia Guglielmi
La storia dei fratelli Hans e Sophie Scholl che diedero vita al movimento di opposizione al nazismo e che furono giustiziati il 22 febbraio 1943. Attraverso il racconto della sorella Inge, di amici e di testimoni delle loro ultime ore, emerge una passione per la vita che nemmeno il terrore del regime potè soffocare. «Possiamo veramente chiamarli eroi? Non hanno fatto nulla di sovraumano. Hanno difeso una cosa semplice, sono scesi in campo per una cosa semplice: per i diritti e la libertà dei singoli, per la loro libera evoluzione e per il loro diritto a una vita libera. Non si sono sacrificati per un'idea fuori del comune, non perseguivano grandi scopi. Ciò a cui aspiravano era che gente come te e me potesse vivere in un mondo umano. Il vero eroismo consiste forse proprio nel difendere con costanza la vita quotidiana, le cose piccole e ovvie» (Inge Scholl).