Piya è appena arrivata a Canning, l'ultima fermata per i Sundarban, l'immenso arcipelago che si stende fra il mare e le pianure del Bengala e che, secondo la leggenda, è sorto il giorno in cui la treccia del dio Shiva si è disfatta e i suoi capelli bagnati si sono sciolti in un immenso e intricato groviglio. Piya, giovane biologa marina nata in Bengala ma cresciuta negli Stati Uniti, è arrivata in questo dedalo di fiumi e foreste per scandagliare le profondità marine. Sui corsi d'acqua di mezzo mondo, Piya si è sempre sentita protetta dalla sua inequivocabile estraneità, dai suoi capelli neri corti, dalla sua pelle scura, dai suoi lineamenti delicati di giovane donna indiana. Qui, in un posto in cui si sente più straniera che altrove, sa che il suo aspetto la priva di ogni protezione. Per Kanai Dutt, invece, l'interprete diretto a Lusibari per decifrare un misterioso diario lasciatogli da uno zio, l'arcipelago è soltanto il paesaggio dove poter sfoggiare l'agilità e la prontezza del viaggiatore capace di cogliere istintivamente l'attimo. Soltanto per Fokir, il pescatore, i Sundarban sono il mondo. A bordo della sua barca, fatta di canne, foglie di bambù e fragili assi di legno, Fokir conosce ogni angolo di quest'universo, e sa che qui non esistono confini tra acqua dolce e salata, fiume e mare, terra e acqua, poiché quotidianamente le maree penetrano fin dentro le pianure del Bengala e foreste e isole intere scompaiono.
Delft, XVII secolo, una casa nella zona protestante della città... Griet, la giovane figlia di uno dei decoratori di piastrelle più rinomati di Delft, è in cucina, intenta a sistemare, com'è solita fare, le verdure tritate, quando ode voci decisamente insolite nella casa di un modesto decoratore... voci che suggeriscono "immagini di tappeti preziosi, libri, perle e pellicce". Sull'uscio, compaiono improvvisamente due figure: un uomo dagli occhi grigi come il mare e un'espressione ferma sul volto lungo e spigoloso, e una donna - piccoli ricci biondi, sguardo che guizza qua e là nervosamente - che sembra portata dal vento, benché la giornata sia calma. Sono Johannes Vermeer, il celebre pittore, e sua moglie Katharina, gente ricca e influente, proveniente da vicino, dal Quartiere dei Papisti, eppure lontanissima da Griet e dal suo mondo. Griet ha sedici anni e quel giorno apprende dalla voce della madre il suo destino: andrà a servizio dei Vermeer per otto stuiver al giorno, dovrà fare le pulizie nell'atelier del pittore, e dovrà agire delicatamente senza spostare né urtare nulla. Nella casa dei Vermeer, tra l'artista e la serva, l'uomo potente e la giovane donna che non possiede altro che il suo incanto e la sua innocenza, si stabilisce un'intensa relazione fatta di sguardi, sospiri, frasi dette e non dette. Invisa a Katharina, gelosa della sua intima relazione col marito, costretta a subire i rimproveri di Maria Thins, la suocera del pittore, Griet non cessa per un solo istante di ubbidire all'amore per l'arte e alla passione che la muove. Gesto inaudito per la morale del tempo, poserà con le labbra sensualmente dischiuse per quel ritratto di Vermeer (La ragazza col turbante) che è giunto fino a noi, e non cessa di stupirci per l'enigmaticità dello sguardo che vi è dipinto. Romanzo che ci conduce con straordinaria precisione là dove l'arte è divisa dai fantasmi della passione soltanto da una linea sottile, "La ragazza con l'orecchino di perla" ci offre anche alcune delle pagine più felici, nella narrativa contemporanea, sulla dedizione e sul coraggio femminile.
Quattro amici guardano in televisione la finale dei Mondiali di calcio del 1998. Non hanno ancora trent'anni, e hanno condiviso la giovinezza, gli studi, l'esercito, le avventure, i sogni e le difficoltà, le speranze e gli amori. Sono uniti da un legame intenso, dal bisogno profondo di parlare e di confrontarsi su tutto, senza vergogna, affrontando le lacrime e la gioia, la vita in ogni suo aspetto. Yuval, il narratore, ha un animo buono e una spartana educazione anglosassone; Churchill è un egoista irresponsabile ma trascinante, ed è il fondatore della loro gang dai tempi del liceo. Ofir vive di parole e brucia ogni giorno la sua creatività in un ufficio pubblicitario. Amichai vende polizze mediche ai malati di cuore, è già sposato e ha due figlie. Durante la partita Amichai ha un'idea: perché non scrivere su un foglietto i propri desideri, i sogni per gli anni a venire, per poi attendere la prossima finale della coppa del mondo e vedere se si sono realizzati? Quel giorno in cui sta per scrivere il suo bigliettino Yuval ha da poco incontrato Yaara, e sa già che è la donna della sua vita. Nel bigliettino dei desideri Yuval scrive: "Ai prossimi Mondiali voglio stare ancora con Yaara. Ai prossimi Mondiali voglio essere sposato con Yaara. Ai prossimi Mondiali voglio avere un figlio da Yaara. Possibilmente una figlia". Il suo destino, e quello dei suoi amici, è pronto a mettersi in moto.
A Kalaw, una tranquilla città annidata tra le montagne birmane, vi è una piccola casa da tè dall'aspetto modesto, che un ricco viaggiatore occidentale non esiterebbe a giudicare miserabile. Il caldo poi è soffocante, così come gli sguardi degli avventori che scrutano ogni volto a loro poco familiare con fare indagatorio. Julia Win, giovane newyorchese appena sbarcata a Kalaw, se ne tornerebbe volentieri in America, se un compito ineludibile non la trattenesse lì, in quella piccola sala da tè birmana. Suo padre è scomparso. La polizia ha fatto le sue indagini e tratto le sue conclusioni. Tin Win, arrivato negli Stati Uniti dalla Birmania con un visto concesso per motivi di studio nel 1942, diventato cittadino americano nel 1959 e poi avvocato newyorchese di grido... un uomo sicuramente dalla doppia vita se le sue tracce si perdono nella capitale del vizio, a Bangkok. L'atroce sospetto che una simile ricostruzione della vita di suo padre potesse in qualche modo corrispondere al vero si è fatto strada nella mente e nel cuore di Julia fino al giorno in cui sua madre, riordinando la soffitta, non ha trovato una lettera di suo padre. La lettera era indirizzata a una certa Mi Mi residente a Kalaw, in Birmania, e cominciava con queste struggenti parole: "Mia amata Mi Mi, sono passati cinquemilaottocentosessantaquattro giorni da quando ho sentito battere il tuo cuore per l'ultima volta".