L'universo è sorprendentemente vasto, eppure è governato da leggi matematiche semplici, eleganti, assolute. All'interno della linea temporale cosmica, la nostra èra risplende ma è fugace. Un giorno, il genere umano scomparirà. E l'universo farà la stessa fine... Brian Greene accompagnando i lettori in un viaggio mozzafiato, dal Big Bang alla fine del tempo, ci invita a riflettere sull'inimmaginabile vastità che ci circonda. Ci mostra come, a partire dall'ordine originario, l'universo si sia inesorabilmente spostato verso il caos mentre intanto si formavano i pianeti, le stelle e le galassie. E come poi i meccanismi biochimici, i neuroni e il pensiero si siano evoluti in una coscienza complessa, dando origine alle culture, ai miti, alla creatività artistica e alla scienza. Attraverso una serie di storie concatenate, che spiegano i diversi strati intrecciati della realtà, dalla meccanica quantistica ai buchi neri, queste pagine fanno luce sulla nostra origine, rivelandoci a che punto siamo arrivati e fin dove potremmo spingerci. Una prospettiva completamente nuova sul nostro posto nell'universo e su cosa significhi essere umani.
Il consolidamento del potere del mercato specie nella finanza e nell'industria tecnologica ha portato a un'esplosione della disuguaglianza. La situazione è drammatica: poche corporations dominano interi settori dell'economia, facendo impennare la disuguaglianza e rallentando la crescita. La finanza ha scritto da sola le proprie regole; le compagnie high-tech hanno accumulato dati personali senza controllo e il governo americano ha negoziato accordi commerciali che non rappresentano gli interessi dei lavoratori. Troppe persone si sono arricchite sfruttando gli altri invece che creando ricchezza. Le vere fonti della ricchezza e della crescita, per Stiglitz, sono gli standard di vita, basati su apprendimento, progresso della scienza e tecnologia e le regole del diritto. Gli attacchi al sistema giudiziario, universitario e delle comunicazioni danneggiano le medesime istituzioni che da sempre fondano il potere economico e la democrazia. Tuttavia, per quanto ci si possa sentire indifesi oggi, non siamo, tutti noi, senza potere. In effetti, le soluzioni economiche sono spesso chiare. Dobbiamo sfruttare i benefici del mercato ma nello stesso tempo domare i suoi eccessi, assicurandoci che lavorino per noi cittadini - e non contro di noi. Se un numero sufficiente di persone sosterrà l'agenda per il cambiamento delineata in questo libro, può non essere troppo tardi per creare un capitalismo progressista che realizzi una prosperità condivisa.
Il mito di Napoleone, «l'uomo che suonava la musica dell'avvenire», continua a coinvolgere e intrigare sempre nuove generazioni. Di che cosa è fatta la sua eccezionalità? Come si è sviluppata e che cosa ha prodotto? Dopo "N." (Premio Strega 2000), che racconta i dieci mesi dell'Elba, Ernesto Ferrero ha continuato a indagarne gli aspetti che possono rivelarlo meglio e che ci toccano più da vicino: le inesauribili capacità organizzative, le tecniche di comunicazione, la progettualità visionaria, l'introduzione della meritocrazia, il culto del budget, le politiche economiche e culturali, l'attenzione per l'arte e per il libro, la rifondazione della macchina dello Stato, a partire dal Codice civile. Con una narrazione incalzante e in un fitto intreccio di storie e personaggi, il libro condensa in venti temi-chiave le ragioni di un'ascesa e di una caduta fuori misura (dalla prima campagna d'Italia all'Egitto, dalla Russia a Waterloo, all'esilio sull'isola di Sant'Elena) e i retroscena di un «sistema operativo» che fa di Napoleone il fondatore della modernità.
I Romani sapevano di discendere da un advena, uno che viene da fuori, accompagnato da fuggiaschi che avevano attraversato il mare rischiando mille volte di morire e scomparire nelle acque. «L'impero romano, - scrisse Seneca, - ha come fondatore un esule, un profugo che aveva perso la patria e si portava dietro un pugno di superstiti alla ricerca di una terra lontana... Farai fatica a trovare ancora una terra abitata dagli indigeni: tutto è il risultato di commistioni e di innesti». I Greci al contrario pensavano di essere nati dalla terra, come un albero. Gli Ateniesi si vantavano di essere autoctoni: il loro primo re, Cecrope, era sbucato dal suolo come un serpente e per questo aveva la parte inferiore del corpo coperta di scaglie. «Noi siamo stati sempre qui, - dicevano, - la nostra gente è nata da questa terra; possiamo accogliere i supplici e gli stranieri, anzi è la nostra legge a imporlo, ma i veri Ateniesi saremo sempre noi, i figli del serpente». I Romani non pensavano cosí. Il loro eroe fondatore veniva da una terra lontana, ma arrivando non trovò il deserto: solo uomini selvatici e primitivi. Eppure non li volle come schiavi ma come compagni.
Siamo un pezzo di natura, lo dice la scienza ecologica, e se la natura si degrada anche noi facciamo la stessa fine. Partiamo da dove posiamo i nostri piedi. Ogni secondo in Italia spariscono sotto cemento e asfalto 2 metri quadrati di suolo. Eppure il suolo è la nostra assicurazione sul futuro, per produrre cibo, per filtrare l'acqua, proteggerci dalle alluvioni, immagazzinare CO2. La sua perdita irreversibile è un grave danno per noi e per figli e nipoti. Tanto piú in epoca di riscaldamento globale che, inducendo fenomeni meteorologici estremi - alluvioni, siccità, ritiro dei ghiacciai e aumento dei livelli marini - minaccia il benessere dei nostri figli e nipoti. Eppure ci sono molti modi per risparmiare energia evitando di aggravare l'inquinamento atmosferico o per non sprecare inutilmente le risorse naturali che scarseggiano mettendo a rischio il futuro. Mercalli lo dice e lo scrive da oltre vent'anni, e propone qui un compendio di riflessioni, prendendo lezioni di metodo e di vita da Primo Levi.
Un tempo molto lontano gli esseri umani erano diversi. Avevano quattro gambe, quattro braccia e due volti che permettevano di vedere ovunque. Simili a sfere si muovevano rotolando velocissimi. Erano lisci e levigati, felici e potenti. A causa della loro superbia però furono puniti dagli dèi. E da quel momento non si sono mai piú sentiti completi. Hanno iniziato a soffrire e a temere la morte. La storia del pensiero è la storia dei tentativi di porre un rimedio a questa incompletezza, per tornare a essere felici. Di questo, e di nient'altro, hanno parlato i piú grandi scrittori greci, fossero poeti come Omero o filosofi come Platone e Aristotele. Mauro Bonazzi ci accompagna nel labirinto di risposte che gli antichi hanno cercato di dare alla domanda piú annosa di tutte: dove si nasconde il senso delle nostre esistenze? Cercare di comprenderlo, attraverso l'aiuto della filosofia, costituisce ancora oggi uno sforzo decisivo per chi è impegnato nel mestiere piú bello e difficile, che è quello di vivere bene. «La civiltà greca ha prodotto una riflessione luminosa sul senso della condizione umana - su quello che siamo e sul valore delle nostre vite - capace di attraversare i secoli, influenzando e stimolando grandi scrittori e grandi pensatori. Lo ha fatto partendo dal tema della morte: questo è il punto di attacco. La morte è uno scandalo, un mistero, qualcosa che non riusciamo e non possiamo accettare. Il problema non è tanto quello di dover morire; ne siamo tutti consapevoli. A essere insopportabile è l'idea che questo fatto, il fatto che prima o poi ce ne andremo, rischia di togliere valore alla nostra esistenza, qui e ora. Quale è il senso di qualcosa che non c'era, c'è e non ci sarà? Quale il valore di qualcosa destinato a scomparire nell'oblio? È questa la domanda a cui bisogna trovare una risposta, perché è qui la chiave per comprendere il senso della nostra esistenza».
L'Europa può ancora credere in una moneta unica? Si può uscire dallo stato di paralisi che sta vivendo il Vecchio Continente? L'euro si può salvare? Dopo aver spiegato come le misure promosse in questi anni, specie nei confronti dei paesi in crisi, abbiano ulteriormente aumentato il divario che separa le economie più forti da quelle più deboli, Stiglitz delinea tre possibili vie di uscita: riforme fondamentali e politiche economiche da imporre ai paesi membri; un abbandono controllato dell'esperimento dell'euro come valuta unica; oppure un coraggioso nuovo sistema definito «l'euro flessibile». Una spietata requisitoria contro l'Europa che ha adottato una moneta comune senza approntare le istituzioni per sostenerla, promuovendo un'integrazione economica che corre più veloce di quella politica.
L'Odissea è il primo vero romanzo della letteratura occidentale e Ulisse, il suo protagonista, è l'ultimo degli eroi, il primo personaggio moderno. Ma che uomo è stato? Ha lasciato una moglie a casa da sola con un bambino e un vecchio suocero da accudire. E come padre? Il figlio Telemaco è dovuto crescere senza di lui, prigioniero della sua ombra e condannato a non poter diventare mai davvero adulto. E le tante donne che ha incrociato nel suo viaggio? Per quanto si possano essere rivelate perfide, sono state tutte sedotte dal suo fascino e dalla sua scaltrezza e poi abbandonate: Circe, Nausicaa, Calypso. Guidorizzi ci accompagna alla scoperta di un eroe guardandolo attraverso gli occhi di chi ha partecipato solo da comprimario alla sua epica vicenda. E lo fa, come di consueto, unendo al rigore del classicista la passione e la brillantezza del narratore.
Perché la globalizzazione ha fallito la sua missione non solo nei paesi in via di sviluppo, ma anche in Europa e negli Stati Uniti? Che cosa non ha funzionato nella gestione di un fenomeno che riguarda tutti noi? Perché ormai siamo tutti più poveri? Sin dalla sua prima pubblicazione, La globalizzazione e i suoi oppositori è divenuto un testo di riferimento imprescindibile nel dibattito internazionale sul tema. Dopo oltre quindici anni il panorama politico, sociale ed economico è completamente mutato, ma le istituzioni internazionali non sono riuscite a risolvere i problemi creati dalla globalizzazione. E ora a subirne i danni sono anche le economie del mondo avanzato. Analizzando le nuove disuguaglianze sociali e la progressiva scomparsa del ceto medio, il declino industriale e la conseguente perdita di posti di lavoro, il protezionismo e l'ascesa destabilizzante di Donald Trump negli Stati Uniti, Stiglitz ribadisce in questa nuova edizione l'urgente necessità di mettere in campo alternative utili per un sistema globale più equilibrato e a vantaggio di tutti.
In questo volume si raccoglie una selezione di interviste e colloqui con Luciano Berio, uno dei maggiori protagonisti della musica del Novecento. Le modalità del dialogo e il carattere informale del genere intervista aprono prospettive mobili, immediate e talvolta inattese sulle vicende artistiche e biografiche del compositore, restituendone un profilo al contempo affine e complementare a quello che emerge dai suoi testi teorici. Il corpo centrale della raccolta - 51 colloqui tra interviste, conversazioni e inchieste, condotti in lingue e Paesi diversi - traccia un percorso cronologico che va dal principio degli anni Sessanta fino a pochi mesi prima della scomparsa di Berio nel 2003. È la parabola di un musicista immerso nella contemporaneità, che qui si intreccia con quella dei suoi interlocutori, tra cui spiccano firme di rilievo della pubblicistica italiana e internazionale, nonché i nomi di compagni di vita quali Umberto Eco e Renzo Piano. I temi centrali dell'orizzonte creativo di Berio - dal teatro alla ricerca elettroacustica, dalla voce al linguaggio, dalle tradizioni popolari all'impegno del musicista nella società - si snodano attraverso le interviste con la chiarezza di un linguaggio che, senza mai rinunciare all'approfondimento e all'acume critico, mira a raggiungere un bacino di lettori largo e variegato. Molteplici i riferimenti alle opere più note di Berio, da Thema (Omaggio a Joyce) a Laborintus II, da Sinfonia alle Sequenze, da Coro a Stanar, o ai lavori di teatro musicale da Passaggio a Cronaca del Luogo; e ancora a progetti, incarichi e istituzioni che videro il compositore e l'uomo di cultura coinvolto come ideatore o collaboratore sempre attento alla funzione educativa della musica e alla sua capacità di costituirsi critica attiva della realtà.
Due ragazzi benestanti, colti, imbevuti di letture - soprattutto lui - di nobili cavalieri e amori cortesi. Ma quando un giorno questi due giovani, destinati a ereditare gli onori del loro stato sociale, volsero lo sguardo sulle cose degli uomini, videro un mondo che tradiva il messaggio del Vangelo e lo rifiutarono. Decisero, in momenti diversi, di spogliarsi delle loro ricchezze e, nudi, di abbracciare una nuova vita per gli ultimi. Quelle di Chiara e Francesco furono due esistenze che si intrecciarono strettamente pur percorrendo, ciascuno dei due santi, cammini differenti. Lo scopriamo direttamente dalle loro voci, dai loro scritti, a cui Chiara Frugoni dedica in questo libro uno spazio del tutto nuovo. Facendo parlare direttamente i protagonisti, la Frugoni fa del lettore un compagno di strada di Chiara e Francesco, permettendogli di accostarsi al loro generoso progetto e alle resistenze, ai tradimenti, ai compromessi con cui i due dovettero fare i conti per rendere reale la loro utopia. Del resto è una storia, quella di Chiara e Francesco, che col passare dei secoli nulla ha perso della sua travolgente novità. Al contrario, è come se il tempo trascorso non smettesse di sottolinearne la radicale modernità: il rapporto con i poveri, e quindi col denaro e il potere; il ruolo non subalterno della donna; la funzione dei laici nell'istituzione religiosa; l'importanza del lavoro manuale in servizio del prossimo e come garanzia di libertà; la relazione con fedi diverse.
Dalla cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell'Eden al paese dei tonti, dagli angeli caduti per la loro presunzione alle peregrinazioni delle dieci tribú perdute, dalla saggezza di Salomone e del giovane Abramo al gigantesco Golem di Praga. Il concetto di mito sembra non avere nulla a che fare con l'ebraismo e con l'idea di un unico Dio creatore. Eppure la tradizione d'Israele è ricca di racconti che ne hanno il sapore. Il mito ebraico forse sta proprio nell'insieme di questi infiniti racconti, attraverso i quali ha preso e prende ancora forma l'immaginario di un popolo. Elena Loewenthal ci accompagna alla scoperta di quell'oceano profondissimo che è la parola d'Israele, alla ricerca di quanto in essa c'è di mitologico. Storia dopo storia, leggenda dopo leggenda veniamo condotti nell'universo della tradizione ebraica, tra luoghi fantastici, personaggi affascinanti e sogni misteriosi.
«Abramo abbassa il braccio. Isacco sgrana gli occhi che, vogliamo pensare, ha tenuto chiusi fino a quel momento, perché come si fa a chiedere a un bambino di tenere gli occhi aperti mentre suo padre lo sta per uccidere sopra un altare? Tutto tace intorno a loro e non solo lassú: in quel momento il mondo intero ammutolisce, incredulo e disperato. Un istante dopo quella eternità brevissima nel tempo ma interminabile nel cuore si ode un belato provenire da dietro la solita ginestra spoglia. È il capro che Dio ha creato alla fine del sesto giorno, al crepuscolo della creazione, apposta per questa occasione. È il capro espiatorio che Abramo sacrificherà al posto del figlio. Da allora, nel giorno di Kippur la melodia lenta e penetrante dello shofar - strumento musicale ricavato dal corno di un capro - risuonerà in tutte le sinagoghe del mondo per ricordare agli uomini, ma soprattutto a Dio, il merito d'obbedienza che Abramo ha dimostrato, e che va a credito di tutti coloro che sono venuti dopo di lui nella catena delle generazioni».
Quando nel 1957 Vance Packard, quarantatreenne insegnante di giornalismo all'Università di New York, rivelò al grande pubblico americano e a quello di tutto il mondo che l'alleanza sempre più stretta tra analisi e pubblicità minacciava subdolamente, ma scientificamente, la libertà d'opinione su qualsiasi argomento, venne arruolato nella schiera dei più grandi allarmisti. Ancora oggi, a tanti anni di distanza, I persuasori occulti è un testo urticante con cui fare i conti. Quante previsioni si sono avverate? Perché sì? Perché no? All'edizione originale, nel 1989, lo stesso Packard ha aggiunto un epilogo, che amplia ulteriormente il suo discorso.
"Con un gusto ardimentoso ed enciclopedico Ripellino passa in rassegna una folla di persone, luoghi, libri, ombre, edifici, relitti, echi e bagliori della civiltà praghese: sepolcrali ossessioni alchemiche di Rodolfo II e passeggiate notturne di Kafka, taverne picaresche del soldato S'vejk e antri del Golem, caffè letterari e chiese spettrali, tutti travolti dalla continua sopraffazione politica-etnica-religiosa che ha visto il calvario boemo sotto il tallone della Controriforma, di Hitler, di Stalin e dei suoi successori." Claudio Magris. Il libro, a metà tra saggio e romanzo, è stato pubblicato per la prima volta nel 1973.
"La memoria è il motivo che unisce tutti i miei libri: non dimenticare, non rimuovere. Tutto nasce dall'esperienza di guerra, sul fronte russo, che mi ha segnato per sempre". La guerra in Russia, la lotta partigiana, il ritorno a casa, il lavoro, il mondo dei vinti e quello dei vincitori, la grande disillusione. Nuto Revelli risponde alle domande dei suoi interlocutori senza filtri, senza risparmiarsi, ma sempre con un'attenzione ai "sommersi" della storia, troppo spesso dimenticati, e un'urgenza nel ristabilire continuamente il valore della testimonianza, della memoria come antidoto all'ignoranza e presupposto per godere e proteggere la libertà. Un'opera che raccoglie le interviste più significative a un grande testimone del Ventesimo secolo.
"Quando il mondo ebbe inizio e Giano tornò ad avere l'aspetto di un dio, poco a poco, si narra, apparvero ovunque le fonti, i laghi, i fiumi, le valli e i monti coperti di boschi. Apparvero pesci nell'acqua, animali sui prati e nelle foreste, uccelli nell'aria. Solo in ultimo fece il suo ingresso l'essere umano. Forse fu in quel momento che Giano si guardò intorno e scelse la sua dimora, una collina coperta allora di querce e farnetti. "Da quassù, - si disse, - potrò godermi ogni cosa, basta solo aspettare". E da quel colle Gianicolo lo chiameranno - si dispose a guardare l'inizio del tempo e dello spazio di Roma". È esistita una mitologia romana? A questa domanda, che ormai da più di due secoli alimenta accesi dibattiti fra gli studiosi, un antico romano avrebbe forse risposto con indignato stupore, elencando nomi, luoghi e avventure: dal tempo dei Fauni e degli Aborigeni all'approdo di Enea nel Lazio e alla fondazione della stirpe, dalla storia di Romolo e Remo ai sette re, dalla fine della monarchia agli eroi della Res publica. Mosse dal gusto e dal piacere del raccontare e guidate dalle coordinate rigorose fornite dalle fonti antiche, Licia Ferro e Maria Monteleone narrano in questo libro, storia dopo storia, i miti di Roma arcaica: offrendo al lettore, quasi dall'interno, uno sguardo sulla cultura e sull'immaginario degli antichi Romani. Un saggio di Maurizio Bettini apre una nuova prospettiva sul mito romano e sul dibattuto problema della sua esistenza.
Difficile collocare criticamente la figura di Walter Benjamin: la sua originalità di pensatore e la sua opera - saggi teoretici, aforismi, impressioni di viaggio, ricordi - trascendono la storia, la filosofia o la letteratura nella loro accezione corrente. Questa antologia, pubblicata per la prima volta nel 1962 da Einaudi, raccoglie i testi più rappresentativi, dai saggi filosofici "Per la critica della violenza", "Destino e carattere", "Sulla facoltà mimetica", a quelli più letterari su Baudelaire, Kafka e Goethe: tutti scritti rivelatori di una particolare forma di saggismo in cui le "affermazioni sulla vita" non possono prescindere dall'analisi di un determinato "paesaggio culturale" (il saggio sulle "Affinità elettive" diventa un trattato sull'amore e sul matrimonio nell'epoca moderna); e che mettono in luce le risorse di un laboratorio di pensiero tra i più fervidi e originali del Novecento.
Un uomo sdraiato nel letto, una finestra che si apre di colpo, e sei o sette spaventosi lupi bianchi seduti su un grosso noce. Ecco il sogno che dà l'appellativo di "uomo dei lupi" a Sergej Pankejev, un giovane russo molto ricco, incapace di affrontare la vita, che si rivolge per la prima volta a Sigmund Freud all'inizio del 1910. Aiutando a rievocare eventi drammatici del passato e a riportare alla luce aneddoti rimossi dell'infanzia, il padre della psicoanalisi accompagna il paziente fino al superamento dei problemi, con un metodo di ricostruzione della realtà che, come nel più appassionante dei gialli, parte dal racconto per ristabilire i fatti. Il caso simbolo di tutte le teorie freudiane sulla nevrosi. Un resoconto clinico che si legge con la meraviglia di un'opera letteraria. Introduzione di Mario Lavagetto.
Presentato da Primo Levi, il documento che per la prima volta ha illuminato dall'interno la mentalità e la psicologia dei nazisti, e la storia e il funzionamento delle officine della morte. Rudolf Hoss, ufficiale delle SS, fu per due anni il comandante del più grande campo di sterminio nazista, quello di Auschwitz, in cui vennero uccisi più di due milioni di ebrei. Processato da un tibunale polacco alla fine della guerra, venne condannato a morte. In carcere, in attesa dell'esecuzione, scrisse questa autobiografia. Si tratta di un documento impressionante che ci consente di cogliere dal vivo l'insanabile contraddizione tra l'enormità dei delitti e le giustificazioni addotte.
Il libro narra l'ascesa e il crollo del Terzo Reich da Norimberga a Norimberga, ovvero il lungo incubo che comincia da quella fatidica notte in cui si proclamò l'inizio del millennio nazista e termina nel settembre 1946 con il processo che avrebbe condannato a morte o alla carcerazione i superstiti criminali nazisti.