Dalla fine dell'Età del bronzo all'inizio del Medioevo, da Uruk ad Alessandria, da Persepoli ad Atene e Sparta, e da Cartagine a Roma, la suggestiva epopea dell'ascesa, il declino e la scomparsa delle città antiche le cui rovine non hanno mai smesso di affascinarci. Una storia naturale di guerre e politica, pestilenze e carestie, ingegno e crudeltà, trionfi e tragedie, a volte leggendaria a volte miserevole. Al suo centro il Mediterraneo, che non solo gli antichi Greci e Romani, ma anche Fenici, Etruschi, Persiani, Galli ed Egizi solcarono e popolarono instancabilmente. L'antico Mediterraneo era un ambiente difficile da urbanizzare. Come è stato possibile creare e poi tenere in vita delle città per così tanto tempo, in contesti apparentemente così poco favorevoli? Come si nutrivano i loro abitanti, dove trovavano l'acqua o i materiali da costruzione e come si comportavano con i loro rifiuti e i loro morti? E perché infine i sovrani decidevano di abbandonarle? E come si abitava in mondi urbani così diversi dal nostro? Città immerse nell'oscurità ogni notte, città dominate dai templi degli dèi, città di contadini, di schiavi, di soldati. Alla fine, i protagonisti della storia sono le città stesse. Atene e Sparta, Persepoli e Cartagine, Roma e Alessandria: città che formavano delle grandi famiglie. La loro storia racchiude quella delle generazioni che le hanno costruite e abitate, lasciando in eredità monumenti che da allora hanno ispirato i successivi costruttori di città, e le cui rovine ci rammentano i pericoli e le potenziali soddisfazioni e ricompense di un'esistenza urbana.
Questo libro segue lo svolgersi dell'amicizia tra David Hume e Adam Smith, dal loro primo incontro nel 1749 fino alla morte del primo nel 1776. Descrive come i due si leggessero l'un l'altro, si aiutassero reciprocamente nella carriera e nelle ambizioni editoriali, spesso consultandosi su questioni personali, in particolare dopo la drammatica lite di Hume con Jean-Jacques Rousseau. Membri della vivacissima scena intellettuale dell'Illuminismo scozzese, Hume e Smith ebbero amici (e nemici) in comune, frequentarono gli stessi club e s'interessarono agli stessi argomenti, e non solo di filosofia ed economia: dalla psicologia alla storia, dalla politica al conflitto britannico nelle colonie americane.
L'ebraismo ha mantenuto invariata la sua fortissima identità nonostante le innumerevoli forme e credenze che hanno costellato il suo corso millenario. Il libro di Martin Goodman offre la prima storia complessiva della sua nascita, della sua evoluzione e delle sue diverse correnti e tradizioni. Dalle origini della religione ebraica nel mondo politeistico del secondo e primo millennio al culto del tempio d'epoca cristiana, Storia dell'ebraismo racconta le vicende di rabbini, mistici e messia medievali e agli albori dell'età moderna, descrive le varietà religiose contemporanee dall'Europa alle Americhe, dall'Africa all'India e alla Cina, così come le istituzioni e le idee sulle quali si fonda ogni forma di ebraismo. Intrecciando i diversi fili del dibattito filosofico e dottrinario che attraversa tutta la sua storia, questo libro, autorevole e coinvolgente insieme, restituisce la cronaca di una tradizione fondamentale per l'eredità spirituale umana.
Le vite degli uomini e delle donne medievali erano per molti versi simili alle nostre, ma allo stesso tempo erano colme di esperienze miracolose e metaforiche radicalmente diverse. Si viveva in un'epoca in cui le ferite mortali potevano essere guarite durante la notte per opera di un intervento divino, oppure il cuore di un re, estratto dal cadavere, veniva utilizzato come efficace emblema del potere politico. Grondante sangue e oro, feticizzato e torturato, porta d'accesso alle delizie terrene e punto di contatto con il divino, fatto a pezzi ma potente persino oltre la morte: nel mondo medievale non esisteva terreno più fecondo e simbolico di quello del corpo. In "Corpi medievali", lo storico dell'arte Jack Hartnell svela i modi complessi e affascinanti attraverso i quali la gente del Medioevo pensava, esplorava e sperimentava la propria fisicità. Nei dipinti e nei reliquiari che celebravano i martiri dei santi, sovente bizzarri, la dimensione sacra del corpo lasciava un segno tangibile. Nella letteratura e nella politica, i cuori e le teste divennero potenti metafore che modellavano i sistemi di governo e la società in modi che perdurano ancor oggi. I medici e i filosofi naturali incrociavano secoli di sofisticate conoscenze mediche, mettendo spesso in pratica un'ignoranza della fisiologia tanto profonda quanto macabra nei suoi risultati.
Partendo dagli ultimi anni della dominazione ottomana e del periodo del mandato britannico, quando l'immigrazione sionista trasformò la Palestina nonostante la crescente opposizione araba, il libro ricostruisce le diverse fasi di una relazione condannata fin dall'inizio al fallimento. Ian Black getta nuova luce su eventi cruciali come la ribellione araba degli anni Trenta; l'indipendenza di Israele e la catastrofe palestinese (an-Nakba in arabo) del 1948; lo spartiacque della guerra del 1967; le due intifada; gli accordi di Oslo e lo spostamento politico di Israele verso destra. L'autore dimostra come - dopo cinquant'anni di occupazione - le speranze di una soluzione a due Stati siano quasi del tutto scomparse, cercando di intuire cosa potrebbe riservare il futuro. Ma, soprattutto, Black va oltre gli eventi degni di nota - guerre, violenze e iniziative per la pace - per catturare la realtà della vita di tutti i giorni a Gerusalemme e Hebron, Tel Aviv, Ramallah, Haifa e Gaza, osservando entrambe le parti di questa impari lotta. Sempre chiaro, il volume descrive un tragico conflitto che non mostra alcun segnale di fine, motivo in più per cercare di comprenderlo.
La parabola compiuta dal Giappone imperiale tra Otto e Novecento, dalla costruzione dello stato-nazione unitario fino alla disfatta bellica, è densa di spunti per una riflessione sul significato della modernità e del suo manifestarsi nel mondo in forme diverse secondo le condizioni locali. Il volume mira a collocare saldamente lo specifico caso giapponese nel suo contesto regionale e globale, offrendo al tempo stesso una prospettiva extraeuropea su fenomeni transnazionali di ampio respiro. Le vicende trattate sono di particolare interesse per l'osservatore italiano, data l'abbondanza di spunti per un confronto fra le storie parallele dei due paesi. Si pensi, in ambito politico, a questioni quali l'unificazione nazionale, l'evoluzione in senso parlamentare del sistema di governo sotto la monarchia, la ricerca di un riconoscimento paritario da parte delle grandi potenze, la crisi del liberalismo e l'avvento di un regime autoritario che condusse il paese al disastro nella Seconda guerra mondiale. Collegati a questi temi, sul piano dei rapporti socio-economici si possono tracciare invece il processo di industrializzazione, i conseguenti squilibri territoriali, l'emergere dei movimenti di massa e di una cultura popolare sorretta dai mezzi di comunicazione moderni.
Un'efficace storia complessiva dell'Olocausto, dalle prime forme di discriminazione alla Soluzione finale, che combina in modo originale le testimonianze di sopravvissuti, assassini e colpevoli con le ricerche storiografiche piú recenti. Un'opera di riferimento e un best seller internazionale.
«Chiunque desideri una spiegazione convincente e di grande leggibilità su come e perché abbia potuto verificarsi l'Olocausto non deve far altro che leggere questo splendido libro».
Ian Kershaw
«Di gran lunga il libro piú chiaro mai scritto sull'Olocausto, e anche quello che meglio ne spiega sia le origini e la grottesca mentalità, sia il suo frenetico sviluppo».
Antony Beevor
Quali furono le ragioni per cui i nazisti decisero di sterminare un intero popolo? Perché fecero prigionieri milioni di uomini, donne e bambini e li mandarono nelle camere a gas, li fucilarono, li lasciarono morire di fame, li percossero fino ad ammazzarli? Dove si colloca il genocidio tra gli altri orrori di cui furono responsabili i nazisti? Questo libro è una nuova storia dell'Olocausto per tre ragioni. Innanzitutto, Rees ha scritto un racconto coinvolgente che si avvale di una gran quantità di testimonianze inedite, raccolte nell'arco di venticinque anni di ricerche. In secondo luogo, tali interviste vengono inserite nel contesto di un'analisi del processo decisionale dello Stato nazista, mettendo cosí in evidenza l'escalation di eventi che, accumulandosi, hanno generato l'orrore. Infine, l'autore ha avvicinato molti fra coloro che perpetrarono i crimini e sostiene che, sebbene l'odio per gli ebrei restò sempre al centro del pensiero nazista, ciò che è accaduto non può essere completamente compreso senza considerare accanto allo sterminio degli ebrei i piani messi in atto per uccidere milioni di non ebrei, inclusi omosessuali, zingari e disabili. Un'analisi convincente sul piú abominevole crimine della storia, che si avvale di una narrazione cronologica di grande leggibilità, ed è ugualmente attento ai documenti del tempo, alle testimonianze oculari e agli studi piú recenti.
Siamo ciò che consumiamo. Dall'Italia del Rinascimento e la Cina dei Ming all'odierna economia globalizzata, questo libro racconta la straordinaria storia delle cose che nei secoli hanno sedotto, arricchito e trasformato le nostre vite; dimostrando come il consumismo sia un fenomeno davvero globale, con un passato molto piú lungo di quanto possiamo credere.
Gerusalemme non è un campo di battaglia sul quale nel corso dei millenni avrebbe avuto luogo un presunto scontro di civiltà, la guerra delle identità religiose o territoriali. Prendendo le distanze da tali categorie di dubbio valore, questo libro racconta la lunga storia di una città dalla sua nascita ai nostri giorni. Mantenendosi rispettoso dello spirito dei luoghi come delle cesure temporali, il volume racconta invece la vicenda di una città-mondo aperta ai quattro venti, la culla comune entro la quale hanno preso vita di volta in volta l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam, e i cui emblematici luoghi santi riflettono sia gli scambi e le influenze storiche, sia i conflitti e i confronti. Per la prima volta, questa sintesi storica propone all'ampio pubblico i risultati delle più recenti scoperte archeologiche, i materiali d'archivio finora inaccessibili e i dibattiti più aggiornati. Una lettura indispensabile per comprendere perché il mondo intero si è dato appuntamento a Gerusalemme.
«Non abbiamo un passato», diceva Hitler, rammaricandosi che gli archeologi SS si ostinassero in ricerche nei boschi della Germania, per poi trovarvi soltanto delle brocche orrende. Il passato della razza, quello che doveva riempire d'orgoglio i tedeschi, era da rintracciare in Grecia e a Roma. Cosa c'è di meglio di Sparta per costruire una società e un uomo nuovo? Quale miglior esempio di Roma per costruire un Impero? E quale più efficace avvertimento delle guerre che opposero la razza nordica agli assalti della Persia e di Cartagine? L'Antichità greca e romana insegnava come perpetuarsi attraverso una memoria monumentale ed eroica, quella del mito. Il Reich succedette ad Atene e Roma in questa lotta millenaria, nella quale dovette fronteggiare gli stessi nemici e pericoli. Dai canoni dell'ideologia nazista, a partire dal Mein Kampf, agli edifici di Norimberga, passando attraverso i manuali scolastici, il cinema e le arti plastiche, l'Antichità greca e romana venne riletta e riscritta per fornire al lettore, alunno, studente, spettatore e suddito del nuovo Impero, un paradigma ideologico saldamente impiantato sulle due grandi civiltà del mondo classico. Johann Chapoutot esplora il cuore del progetto totalitario nazista: annettersi non solo gli spazi fisici del mondo, ma impadronirsi, per forgiare l'uomo nuovo, anche del passato, assegnandogli una funzione di esaltazione, modello e profetico avvertimento.
Negli ultimi 2500 anni i filosofi hanno di volta in volta incarnato il ruolo del Saggio, del Curioso, dell'Asceta, del Polemico, del Mandarino e del Cortigiano. A cosa somiglierebbe dunque la storia della filosofia se fosse raccontata non come una storia di idee, bensí descrivendo tutte queste trasformazioni della figura del filosofo? Sarebbe certo qualcosa di molto diverso da quello che siamo abituati a pensare. In questo saggio arguto e stimolante, Justin Smith ridefinisce cos'è, e cosa non è, la filosofia, muovendosi liberamente tra Oriente e Occidente, dall'Europa di Aristotele, Leibniz e Nietzsche all'Arabia di al-Sidyaq, l'India di Siromani o l'America della tribú Mohawk.
Justin Smith individua sei personaggi tipo che hanno svolto il ruolo del filosofo in società molto diverse di tutto il mondo nel corso dei millenni: il Curioso, il Saggio, il Polemico, l'Asceta, il Mandarino, il Cortigiano. Il risultato è allo stesso tempo un'introduzione non convenzionale alla storia della filosofia e un'esplorazione originale di ciò che la filosofia è stata, e forse potrebbe diventare nuovamente. Attraverso casi di studi storici, inserti autobiografici e divagazioni paranarrative, l'autore individua e analizza aspetti del lavoro filosofico dimenticati o trascurati, per dimostrare quanto la filosofia sia un'attività universale, molto piú ampia e inclusiva, di quanto in genere oggi si pensi.
«Il filosofo di Justin Smith è un saggio sapiente, incisivo, scritto benissimo e spesso spassoso; una disamina indomita ed entusiasmante delle ambizioni dei filosofi di capire la vita, condotta da cosí tanti punti di vista che nemmeno Nietzsche avrebbe osato. Smith è sempre piacevole e intelligente, che prenda in esame sia il Leibniz studioso di teologia cinese, sia Laurence Sterne, T. S. Eliot o J. M. Coetzee. Se vi piace la filosofia, questo libro vi farà felici».
Clancy Martin
"Ho suddiviso il libro in dieci capitoli, affrontando gli aspetti più importanti della fede e della pratica islamica. Necessariamente, questi temi sono strettamente connessi, e i capitoli spesso si riferiscono ad argomenti correlati (ad esempio il Corano è rilevante in ogni capitolo). Il lettore acquisisce, man mano che procede nella lettura, una conoscenza sempre più ampia e approfondita su questa grande e complessa religione. Ogni capitolo si basa sul precedente e quello finale offre una visione attentamente ponderata ed equilibrata sul dibattito del XXI secolo circa l'islam. I musulmani e la loro fede costituiscono un fattore rilevante nel mondo odierno e questo capitolo consente al lettore di comprendere in che modo il contesto storico dell'Islam abbia un'influenza sia sui musulmani che sui non musulmani, e cosa questo significhi per il rapporto tra Islam e Occidente, sia oggi sia in futuro." (C. H.)
Il cotone è stato il primo prodotto attraverso il quale è stata avviata la costituzione di un'economia globalizzata e il mondo ha assunto, pur tra metamorfosi e trasformazioni ancora in corso, la forma che ancora oggi possiede. Ben prima dell'avvento della produzione con le macchine nel 1780, imprenditori europei e potenti uomini politici ridisegnarono l'industria manifatturiera mondiale, la cui espansione imperialista poggiava sullo sfruttamento inumano degli schiavi nelle piantagioni e degli operai nelle fabbriche. In apparenza, il volume si propone come una storia, dalle origini ai giorni nostri, del prodotto più importante del XVIII e del XIX secolo: la sua produzione, trasformazione, circolazione. In realtà, attraverso il prisma del cotone, è del capitalismo industriale che Sven Beckert vuole tracciare la storia globale, nelle sue dimensioni e componenti fondamentali, non solo economiche e tecnologiche, ma anche sociali, giuridiche, politiche. E il cotone può legittimamente assurgere al ruolo di prisma, poiché è proprio a partire da esso che il capitalismo industriale è nato. Beckert definisce "capitalismo di guerra" l'insieme dei processi di insediamento imperialista, conquista coloniale, espropriazione della terra, sfruttamento intensivo di forza lavoro schiavistica, che consentiranno al Regno Unito di controllare, già nei primi decenni del XIX secolo, il mercato mondiale del cotone.
La storia delle Crociate è nota, eppure è una storia spesso raccontata a metà, perche si basa quasi esclusivamente su fonti occidentali. Questo saggio intende considerare secondo una nuova, più equilibrata, prospettiva gli scontri fra musulmani e cristiani durante il Medioevo su tutte le sponde del Mediterraneo musulmano. Trattate come parte attiva della relazione dinamica tra gli stati islamici medievali e le società che vanno dalla Spagna all'Iran, le Crociate vengono dunque lette non soltanto come un episodio esotico, ma come parte integrante della storia della civiltà islamica stessa. Intrecciando la prospettiva tradizionale e il punto di vista dei musulmani medievali, le Crociate emergono come qualcosa di completamente diverso dalla pretenziosa retorica delle cronache europee: diventano un gioco degli scacchi diplomatico da padroneggiare, un'opportunità commerciale da cogliere, un incontro culturale che ha plasmato le esperienze musulmane ed europee fino alla fine del Medioevo e, come spesso è accaduto, una contesa politica sfruttata da ambiziosi governanti che fecero un uso astuto del linguaggio del jihad.
Per molto tempo gli storici hanno dato per scontato ciò che era evidente ai testimoni dell'epoca: che la rivoluzione francese fu causata dalle idee radicali dell'Illuminismo. Negli ultimi decenni gli studiosi hanno invece cominciato a sostenere che la rivoluzione venne portata avanti dalle forze sociali, dalla politica, dall'economia o dalla cultura; da quasi tutto insomma, escludendo però i concetti astratti di libertà e uguaglianza. In questo libro, uno dei maggiori storici dell'età dell'Illuminismo restituisce alla storia intellettuale della Rivoluzione la sua legittima centralità. Attingendo copiosamente a fonti di prima mano, Jonathan Israel ricostruisce il gigantesco dibattito intellettuale che produsse e accompagnò le varie fasi della Rivoluzione francese, dimostrando come tali idee divisero i capi rivoluzionari in blocchi ideologici violentemente opposti, e come questi conflitti sfociarono infine nel terrore. Nella rivoluzione culminarono gli ideali di emancipazione e di democrazia dell'Illuminismo, se si concluse diversamente è solo perché tali idee vennero tradite.
Vi è sicuramente qualcosa di paradossale nel dedicarsi a scrivere la biografia di qualcuno che aveva sottolineato l'inesorabile tendenza alla menzogna, alla dissimulazione, alla alterazione, all'incomprensione, propria di ogni impresa biografica - salvo il fatto di esservisi consacrato lui stesso in diverse circostanze, scrivendo addirittura la propria autobiografia e facendosi lo storico del movimento da lui fondato. Paradosso tanto più severo, inoltre, in quanto Freud aveva costituito una disciplina e una dottrina che non si limitava a mostrare le aporie e le contraddizioni proprie del metodo biografico, ma problematizzava il carattere enigmatico del suo stesso oggetto. Tutto ciò non ha impedito il proliferare di opere che hanno aspirato a dire la verità intorno alla vita, al pensiero e all'opera di un oscuro medico di Vienna destinato a rivoluzionare il nostro modo di guardare all'uomo. Ma per riuscire nell'impresa di scrivere la storia veritiera delle venture e sventure di quel vero e proprio "fondatore" di un nuovo regime di discorso e di verità, occorreva tenere conto del fatto che l'invenzione freudiana ha cambiato anche il modo in cui viene scritta, e fatta, la Storia. La biografia di Elisabeth Roudinesco riesce in questa impresa: raccontare con rigore l'avventura della psicoanalisi ma soprattutto il suo inventore, con la consapevolezza che, in virtù di tale avventura, la Storia, e le storie, di tutti e di ciascuno, non saranno più le stesse.
A mezzanotte del 31 dicembre 1925, i cittadini della neonata Repubblica turca celebrarono il nuovo anno, acconsentendo per la prima volta a utilizzare un calendario e un'ora unificata per tutto il paese. Eppure a Istanbul, antico crocevia tra Oriente e Occidente, la gente guardava incerta al futuro. Mai del tutto turca, Istanbul era da sempre stata casa per generazioni di greci, armeni ed ebrei, oltre che naturalmente musulmani. L'immensa metropoli accoglieva nobili della Russia bianca in fuga dalla rivoluzione, killer bolscevichi sulle tracce di Lev Trockij, professori tedeschi, diplomatici inglesi e imprenditori americani: una panoplia di faccendieri, poeti, benefattori e perdigiorno. Durante la Seconda guerra mondiale, migliaia di ebrei fuggivano attraverso Istanbul verso la Palestina, anche grazie all'impegno del futuro papa Giovanni XXIII. Nella hall del Pera Palace, l'hotel più lussuoso dell'epoca, punto d'arrivo del celebre Orient Express, si aggiravano così tante spie che il direttore fu costretto ad apporre un cartello che le invitava a lasciare il posto agli ospiti paganti. Nella sua prosa elegante e suggestiva, questo libro ridà vita a un'epoca tragica e fantastica in cui l'antica capitale dell'impero ottomano si ritrovò nel giro di pochi anni sbalzata dal Medioevo al mondo moderno.
"Questo lavoro si pone come obiettivo di offrire al lettore un racconto chiaro della storia degli ebrei, dalle origini ai nostri giorni. Anche se si preoccupa di prendere in considerazione gli eventi recenti in Medio Oriente, il suo è prima di tutto uno sguardo rivolto al passato. Quello di un popolo la cui storia si confonde con la storia dell'umanità intera, attraversando i secoli, i continenti e le civiltà, dall'Egitto dei faraoni alla Russia sovietica, passando per il mondo greco-romano, l'Europa cristiana, l'Oriente musulmano, le grandi scoperte, la Rivoluzione francese, la Prima guerra mondiale, la Shoah e la nascita dello Stato di Israele. Raccontare una tale odissea in circa ottocento pagine è una sfida, visto che, anziché diminuire di quantità, la ricerca scientifica sugli ebrei attira di anno in anno nuovi specialisti, di varia origine. Tuttavia, non possiamo fare a meno di constatare come questa esplosione di sapere non abbia ridotto i pregiudizi e i sospetti che continuano a circondare gli ebrei in diverse regioni del mondo, in particolare quelle in cui non vivono più, o quasi più, a partire dalla Seconda guerra mondiale. Miti, dicerie e fantasmi di un'altra età e celebri falsi vi circolano ancora; e, grazie a Internet e alle nuove tecnologie di comunicazione, il numero di coloro che aderiscono al loro contenuto è rilevante."