Il filosofo e viaggiatore si chiama Itlodeo, colui che racconta menzogne... L'isola esplorata Utopia, che può significare sia la contrazione di "Eutopia", luogo felice e ottimo, sia la storpiatura di "Outopia", luogo che non c'è... Il governatore dell'isola è Ademo, il senza popolo. La capitale Amauroto, la città invisibile. Il fiume che la percorre è l'Anidro, il privo d'acqua... È Utopia di Tommaso Moro, un "libello" aureo e ironico, dedicato alla ricerca di quale sia la forma migliore di governo. Un'opera che sta per compiere cinquecento anni (è stata pubblicata nel 1516), ma che non ha perso nulla della sua originaria freschezza, vitalità e forza visionaria. Un manifesto per tutti gli inguaribili sognatori della "città ideale", in cui siano bandite la sopraffazione, la diseguaglianza e l'intolleranza. Un luogo che non si trova sulle cartine geografiche, ma che esiste nella mente e nei cuori di chi si impegna a farla vivere.
Il cristianesimo è davvero la religione assoluta? Questa domanda ha toccato in modo profondo la riflessione filosofica e teologica moderna in Europa, prima di divenire troppo gravosa per gran parte della coscienza culturale contemporanea. Che cosa significa infatti "assolutezza" di una religione in un contesto segnato dalla pluralità delle religioni e dalla accresciuta consapevolezza della loro origine storica e della loro reciproca limitazione? E perché conferire proprio al cristianesimo questo attributo? Continuiamo a dirci "cristiani" e a vantare una superiorità su altre religioni per irriflessa appartenenza culturale o per timore dell' apertura all' "altro" oppure per l'apprezzamento di contenuti religiosi che meglio di altri rispondono ai valori che contraddistinguono proprio la coscienza culturale moderna? Per motivazioni semplicemente apologetiche oppure per motivi inerenti alla considerazione "scientifica" del fenomeno religioso? Il libro di Johannes Hessen, il cui titolo originario è La pretesa di assolutezza del cristianesimo, tenta di offrire una risposta a tali domande dalla prospettiva della filosofia della religione. Pubblicato nel 1963, ma risalente nelle sue intuizioni fondamentali alla prima metà del Novecento, questo piccolo testo affronta con straordinaria chiarezza e semplicità, ma con stile sistematico, una delle questioni più delicate che attengono oggi alla discussione sul pluralismo religioso.