La filosofia «politica» è da sempre sospesa in un limbo fra il campo della filosofia e quello della scienza politica: qual è il suo statuto? quale il suo canone? come si differenzia da una storia delle politiche o da una teoria politica? esiste una specificità italiana nel praticarla?
Per dare risposta a tali questioni, è necessario operare un radicale spostamento di prospettiva: passare dalla «filosofia politica» a una «politica della filosofia». Perché la filosofia, checché se ne dica, è anzitutto una pratica: una pratica del sapere che produce significati, discorsi, forme di verità e falsità, istituzioni e da qui effetti sull’ambito sociale e della vita politica.
Per questo occorre anzitutto interrogare l’istituzione all’interno della quale avviene l’insegnamento di questa disciplina e che è la sede di validazione dei saperi filosofici: l’Università. Si scopre allora che l’Università non è affatto un luogo neutro di trasmissione del sapere filosofico, né è sempre stata la sede nella quale veniva praticata la filosofia. Si tratta tutto sommato di un’invenzione recente, la quale ha effetti di potere sui filosofi stessi e sulla pratica del pensiero. Effetti non positivi quando l’Università diventa un’istituzione del neoliberismo. Per questo alla filosofia oggi spetta il compito di fare politica.
Il Seicento è un secolo di crisi e drammatici cambiamenti. Le guerre di religione, la peste, la crisi agraria sconvolgono la vita quotidiana delle popolazioni europee. La società, la politica, la scienza, l’arte e l’esperienza religiosa cambiano metodi, forme e contenuti. Anche l’affettività personale e collettiva vive un processo di crescente drammatizzazione e sfiducia. Paura e ansia sfuggono alle modalità consolidate di gestione delle emozioni. I codici morali ed etici che in precedenza avevano governato valori e comportamenti privati e pubblici si rivelano sempre più inadeguati.
Quali sono i tratti salienti della nuova soggettività europea, emergente da questa crisi? Come le esigenze della nuova identità borghese si ripercuotono sulle teorie seicentesche delle passioni? Quale relazione intercorre tra determinazione storica dei sentimenti umani e teoria politica? Le filosofie di Hobbes, Descartes e Spinoza elaborano nuovi modelli di razionalizzazione e governo dei conflitti emotivi. Nuove logiche di neutralizzazione ed espressione degli affetti si confrontano, sullo sfondo di una generale crisi «intellettuale e morale», dispiegando paradigmi alternativi, tra loro configgenti.
La poesia di Basho, frutto di una serrata ricerca letteraria e linguistica, condotta con gli strumenti colti propri della cultura classica cinese e giapponese e della filosofia Zen, è caratterizzata da un linguaggio chiaro e conciso, quasi rarefatto nella sua liricità. La compresenza di elementi del vivere quotidiano, spesso umili, e dei segni delle emozioni del poeta, immerso nella natura e in colloquio con gli antichi, in una mescolanza di bellezze universali e di oggetti comuni, di banale e caduco e di sublime ed eterno, è forse la massima espressione dell'opera di Basho.