A quarant'anni dalla pubblicazione del "Cavallo rosso" si è voluto rendere omaggio a questo capolavoro attraverso una mostra speciale del Meeting di Rimini 2023 e questo pamphlet, mostrando, sul piano umano e letterario, il ruolo fondamentale che l'autore brianteo e il suo romanzo storico occupano nella letteratura del secondo Novecento. Amore, guerra, politica, amicizia, Provvidenza sono alcune delle molteplici tematiche presenti. Al centro della sua narrazione vi è, infatti, l'uomo, nelle sue dimensioni più autentiche e profonde, al di là della riduzione che ne hanno fatto le ideologie del secolo scorso.
«Questo libro è la risposta di un uomo di fede non rassegnato a prendere semplicemente atto delle difficoltà ecclesiali e sociali, ma deciso invece a impegnarsi fino in fondo nella buona battaglia per dare a Dio il posto che gli compete in seno all'umanità». (dalla prefazione di Cesare Cavalleri). La grandezza di uno scrittore si misura non solo dalla qualità letteraria dei suoi libri, ma anche dalla sua capacità di essere profeta del proprio tempo. Eugenio Corti ha affiancato la propria testimonianza di romanziere a quella di lucido osservatore degli avvenimenti dei suoi anni. Il fumo nel tempio, qui presentato nella versione a cui l'autore stava lavorando prima della morte, non è solo una raccolta di puntuali interventi su episodi emblematici dal 1970 al 2000: è il controcanto di un uomo libero che dava voce al disagio di tutti quei cattolici che, proprio come suggeriva san Paolo VI, vedevano il «fumo di Satana» entrare nel tempio di Dio.
Amore, fede, guerra, schiavitù, riscatto, india malinconia: un romanzo in forma inedita su un tema inedito. Le reducciones settecentesche del Paraguay (gli insediamenti cioè in cui i gesuiti cercarono e in parte giunsero a elevare una popolazione dall'età della pietra al livello della civiltà europea) offrono il contesto in cui si muove una storia tutta «visiva», costruita secondo i canoni insieme classici e moderni della sceneggiatura cinematografica, e misteriosamente ancorata a un'efficace regia interiore che agisce nella fantasia e nel cuore del lettore. Una drammatica odissea degli umili, in una terra contesa fra la selva e l'imperialismo delle potenze europee.
Stilati da Eugenio Corti nel corso del Secondo conflitto mondiale e subito dopo, raccolti in diciassette quaderni conservati dalla moglie Vanda e ora proposti nella loro integralità, questi Diari coprono un arco temporale che va dal 18 novembre 1940 al 22 novembre 1949. Vi è trattata l'esperienza terribile di un giovane uomo in guerra: gli ideali alla partenza, il viaggio interminabile, il fronte del Don, il martirio della ritirata. E, dopo l'8 settembre, la fuga verso sud e la battaglia insieme agli Alleati per combattere i tedeschi sul fronte adriatico. E ancora dopo, gli scontri politici nell'Italia «pacificata». Inoltre, queste carte contengono la genesi della sua vocazione di scrittore e la sua maturazione umana, il passaggio dall'idealità giovanile alla serietà dell'impegno di chi è passato attraverso il fuoco. Grazie a questi Diari finora inediti possiamo adesso conoscere tutti i dettagli di quell'itinerario spirituale: i sogni di un ventenne che si affaccia alla vita, l'esperienza in presa diretta della guerra, il suo primo laboratorio di scrittura. Ma ne conosceremo anche il volto privato: le paure, il carattere ardente e inflessibile nei confronti dell'ingiustizia, il disgusto per le atrocità di cui l'uomo è capace, la fede cristallina. L'esperienza «letteraria» della guerra, che ne è la logica conseguenza, ha conosciuto uno splendido esordio nel 1947 con "I più non ritornano" (Garzanti), il primo memoir della tragica ritirata di Russia. E nel successivo capolavoro, "Il Cavallo rosso" (1983), ha trovato il crogiolo narrativo in cui versare un'altissima sintesi tra la constatazione dell'orrore, lo sguardo dell'anima e l'attenzione al destino di ogni singolo uomo.
L'autore del Cavallo rosso a confronto narrativo con un mito moderno: il pugno di marinai ribelli della nave inglese Bounty che nel 1789 volle riprodurre il paradiso in terra vivendo in assoluta libertà su un'isola tropicale. Corti mette in scena quella vicenda utopistica e tragica rappresentando con dialoghi e descrizioni gli ammutinati e la trama dei loro comportamenti. Una storia avvincente in un «racconto per immagini» che inventa uno stile narrativo per accompagnare il lettore contemporaneo nei territori dello sguardo. Ci si emoziona per le speranze, le passioni e gli errori di uomini come Christian, Young Smith, Minari, e per la grazia, il coraggio e il buonsenso di donne come Susanna, Sara, Maimiti e Balhadi. Pitcairn, l'«isola del paradiso», si rivela man mano al lettore come un completo microcosmo di umanità, dove peccato e redenzione combattono la loro eterna battaglia quotidiana.
Uscito nel Maggio 1983, "Il cavallo rosso" è stato subito accolto dai lettori e dai critici non condizionati da ideologie, come un grande caso letterario; tale si è confermato con il succedersi delle edizioni. Le sue vicende romanzesche e insieme vere, si intrecciano inestricabilmente con i grandi avvenimenti che hanno sconvolto il mondo tra il 1940 e il 1974. Catturato dalla trama densissima, il lettore compie di pagina in pagina l'esperienza straordinaria consentita dalla grande letteratura: gioisce, soffre, ride, piange, cresce insieme ai protagonisti e gli altri personaggi del romanzo e, nel contempo, si accorge di diventare più chiaro a sè stesso, più consapevole del perché della vita e del significato del mondo.
«Quello che io sono tu lo potrai leggere in un libro che ho pubblicato in questi giorni... te lo donerei io, se potessi rivederti...». Inizia così, la sera del 14 luglio 1947 , l'intensissimo carteggio tra Eugenio Corti e la giovane studentessa di lettere Vanda di Marsciano, con cui si sarebbe sposato quattro anni dopo in Assisi.
È una corrispondenza che mette a nudo l'anima di due giovani segnati dalla Seconda guerra mondiale, con i chiaroscuri di un legame inizialmente sofferto che diventerà poi inossidabile.
Chiunque abbia vissuto un'esperienza d'amore si ritroverà in queste pagine, pagine che restituiscono intatta la grande capacità narrativa di Eugenio e sorprendono per la vivacità dei racconti di Vanda: una lettura che attrae e coinvolge, con la forza di un grande romanzo famigliare.
«Nel cielo ormai quasi buio s'inseguivano lucenti pallottole traccianti. In quel cielo c'era Dio: io stavo muto e grigio davanti a Lui, nel gran freddo. Vicino a me c'erano la mia miseria e il mio voler continuare a essere uomo e capo di uomini, nonostante tutto». Il diario dell'odissea del ventunenne tenente d'artiglieria Eugenio Corti, uno dei quattromila italiani (su 30mila) che riuscirono a scampare dalla sacca di Arbusov nella Campagna di Russia.
“Sto leggendo Stendhal, devo leggere Proust... queste ultime letture sono necessarie, se devo tornare ai miei diletti Omero-Virgilio-Dante attraverso l’assorbimento e il superamento della cultura posteriore... Presto dunque mi metterò al lavoro, e intanto già penso che, uscito il nuovo libro, inizierò un nuovo periodo di vita più mescolata alla vita comune, meno isolata. Certo,
poi, tornerò a scrivere. L’ambiente non mi è molto favorevole...”. Eugenio Corti sentì prestissimo la vocazione alla scrittura come alla ricerca della verità e della bellezza: ne sono una straordinaria testimonianza queste pagine inedite
dei suoi Diari, da cui apprendiamo la sua formazione letteraria, l’amore per la natura, la fede cristallina, come le vicende drammatiche dei suoi anni di guerra, che saranno il motivo ispiratore della sua scrittura.
Nuova edizione del best seller di Eugenio Corti.
Uscito nel 1983 Il cavallo rosso si è confermato col succedersi delle edizioni e delle traduzioni (spagnolo, francese, americano, lituano, romeno; ultimamente in giapponese) come caso letterario.
Le sue vicende romanzesche e insieme vere (ambientate in Brianza, in altri luoghi d'Italia e all'estero, soprattutto in Russia e in Germania) si intrecciano con gli avvenimenti che hanno sconvolto il mondo tra il 1940 e il 1974.
Catturato dalla trama densissima, il lettore compie l'esperienza straordinaria consentita dalla grande letteratura: si accorge di diventare più consapevole del perché della vita e del significato del mondo.
Il 9 giugno 1942 Eugenio Corti partì volontario per la campagna di Russia, l'esperienza decisiva della sua vita, in cui maturò la risposta alla vocazione di scrittore. Le immagini che vide, le storie che incontrò e il gelido calvario della Ritirata, si verseranno poi nelle pagine dei suoi capolavori, "I più non ritornano" e la grande saga del "Cavallo rosso". Ora, grazie a queste preziose lettere, qui pubblicate per la prima volta, possiamo conoscere particolari inediti di quella tragica avventura e del cantiere remoto di un narratore assetato di verità e di bellezza.
La tragedia Processo e morte di Stalin – la cui stesura risale al 1960-1961 – venne rappresentata per la prima volta a Roma il 3 aprile 1962 al teatro della Cometa, dalla Compagnia Stabile di Diego Fabbri. Due anni più tardi, nel 1964, l’opera venne tradotta in lingua russa, e nel 1969 in lingua polacca da esuli dissidenti di quelle nazioni. Il testo russo ha avuto la rara sorte di circolare nell’Unione Sovietica attraverso il samizdat (o autoeditoria clandestina), quello polacco è valso all’autore l’onorificenza di «Cavaliere di Polonia», da parte del governo democratico polacco, che in quegli anni ancora sopravviveva in esilio a Londra. Nel frattempo si era venuto sempre più affermando nella cultura italiana – fino a conquistarvi una sorta d’egemonia – l’indirizzo promarxista. Ciò ha comportato l’isolamento e l’emarginazione di quest’opera. Molto più tardi, costretti dalle rivelazioni dei capi russi, i comunisti e i progressisti italiani hanno dovuto riconoscere come veri tutti i fatti che costituiscono materia della presente opera, e li hanno pubblicamente deprecati. In ogni caso rimane il fatto che in queste pagine l’autore ha non solo individuato con decenni d’anticipo, e con straordinaria lucidità, il fallimento inevitabile del comunismo, ma ne ha anche indicate le ragioni con una chiarezza alla quale in seguito non sono pervenuti né i teorici russi, né gli studiosi occidentali.
Dopo l’epopea del Cavallo rosso, il romanzo che ha fatto parlare di Eugenio Corti come del «Tolstoj italiano del Novecento», l’autore brianteo si era applicato ai «romanzi per immagini» La terra dell’indio e L’isola del Paradiso. Con Catone l’antico, Corti aveva fatto rivivere ai lettori un discrimine cruciale della storia romana, per tanti aspetti simile all’attualità che stiamo vivendo. Con questo nuovo libro, Corti può finalmente dedicarsi al periodo storico da lui più amato, il Medioevo, appunto, visto come paradigma realizzato della civiltà cristiana. E lo fa raccontando la storia della beata Angelina da Montegiove (1377-1435), lontana antenata della moglie dello scrittore e conterranea della più nota beata Angela da Foligno (1208-1309), premettendo un ampio excursus che valorizza il Medioevo nella storia dell’umanità. Il tono narrativo, saldamente ancorato alle fonti storiche, è lo stesso che Corti usa negli incontri con i numerosissimi studenti universitari che vanno a trovarlo nella sua casa in Brianza, che trovano «nell’aquila dei suoi 87 anni» (per parafrasare il poeta) uno straordinario testimone del Ventesimo secolo e un maestro per i tempi nuovi.
La seconda parte del volume racchiude una quindicina di testi brevi, scritti nell’arco di un quarantennio, che accanto agli indimenticabili ricordi di guerra, allineano interventi sulla contestazione del ‘68, istantanee di amici esemplari (don Carlo Gnocchi, in primis), un originalissimo ex-voto per san Michele Arcangelo e una suggestiva Apocalisse anno duemila.
Gli ultimi soldati del Re d'Italia sono quelli che nel 1944 e '45, inquadrati nell'esercito regolare, hanno combattuto insieme con gli «Alleati» contro i tedeschi, senza odio. A distanza di cinquant'anni Corti, con la straordinaria forza evocativa della sua scrittura, offre questo altissimo romanzo che illumina la verità della storia (pp. 320, IV ed.).
Il libro documenta le lettere e le conversazioni intrattenute fra Eugenio Corti e il suo vastissimo pubblico di lettori. Corti spiega loro che il senso della sua vita e della sua opera risiede nella lotta contro il totalitarismo, di qualunque colore, contro le ideologie di morte, contro la menzogna. Il libro assume in diversi capitoli il carattere dell'autobiografia: Paola Scaglione ha saputo tesserla con finezza, lasciando che Corti si esprimesse in libertà . Vi evoca la genesi della sua opera, i ricordi di guerra, le convinzioni religiose, l'incontro con le persone che l'hanno segnato come uomo e come scrittore. E, sul filo delle sue confidenze, appare il profilo di uno degli interpreti più luminosi della letteratura contemporanea (pp. 280).
L'autore del Cavallo rosso e de La terra dell'Indio si confronta con un mito moderno, quel pugno di marinai ribelli della nave inglese Bounty che nel 1789 volle riprodurre il paradiso in terra vivendo «secondo natura» in un'isola tropicale. Corti mette in scena quella vicenda utopistica e tragica rappresentando gli ammutinati e la trama dei loro comportamenti: una storia avvincente e un'impressionante metafora sociale (pp. 336, II ed.).
Le reducciones settecentesce del Paraguay offrono il lussureggiante ma anche drammatico contesto in cui si muove una storia tutta «visiva», costruita secondo i canoni insieme classici e moderni della sceneggiatura cinematografica e misteriosamente ancorata a un'efficacissima regia interiore (pp. 488).