Una vicenda criminale che non smette di porre interrogativi inquietanti e le cui propaggini arrivano fino ad oggi, come svelato dall'inchiesta Mafia Capitale sulla nuova cupola capeggiata da Massimo Carminati. È la storia della banda della Magliana, un gruppo nato alla fine degli anni Settanta e composto agli inizi da malavitosi di borgata, figli maledetti del popolo e della miseria ma scaltri abbastanza per mettersi al servizio di poteri occulti, della mafia e delle frange eversive che miravano a destabilizzare il Paese. Scritto con il ritmo narrativo del romanzo e con una rigorosa aderenza ai fatti, Mai ci fu pietà ripercorre le tappe di un sodalizio che ancora ai nostri giorni occupa un posto di rilievo nell'olimpo della malavita imprenditoriale. Angela Camuso, che ha attinto per il suo lavoro a centinaia di documenti giudiziari, compresi quelli di Mafia Capitale, fa parlare i protagonisti senza omettere nomi, luoghi e circostanze in una sequenza agghiacciante di delitti e misteri: dall'omicidio del giornalista Mino Pecorelli al sequestro Moro, dal rapimento di Emanuela Orlandi alla misteriosa morte, nel 2012, di Angelo Angelotti, il bandito che tradì Renatino De Pedis.
Gli esiti dei conflitti non determinano solo vittorie militari, ma anche culturali. Vincono i valori affermati da chi prevale sul campo di battaglia. La Terza Guerra Mondiale combattuta in Siria non è finita, è una guerra a fasi: dopo la rivolta popolare contro il regime c'è stata la sua trasformazione forzata in guerra tra sunniti e sciiti, e poi in "guerra al terrorismo". Ora potremmo essere agli albori di una nuova fase. Durante gli anni del conflitto si è affermata l'idea semplicistica che i fatti e i fenomeni sociali che hanno portato alla guerra non contino, ma che tutto si spieghi in base a categorie immodificabili quali islam, fondamentalismo, eterno scontro tra sunniti e sciiti. Partendo da questo assunto, questo libro cerca di dare una lettura globale al conflitto siriano, presentandone le fasi, le rappresentazioni e gli effetti sulla politica e i pensieri religiosi, che somigliano sempre più a nuove eresie. Prefazione di Amedeo Ricucci.
L'impetuosa crescita economica della Cina, l'eredità dei neocon, le guerre in Afghanistan, in Iraq, in Libia e in Siria, le tensioni costanti in Africa e nel continente eurasiatico, le crescenti conflittualità religiose, i poderosi flussi migratori, il collasso delle istituzioni e delle pratiche multilaterali, le trasformazioni tecnologiche, l'internazionalizzazione dei mercati e le tempeste finanziarie. Questo libro cerca non tanto di definire cosa sia la Globalizzazione, quanto di dar conto dei diversi tentativi di farlo, tratteggiando una mappa di questo mondo nuovo. Un disegno in cui è possibile riconoscere alcune tendenze di fondo. L'impulso alla frammentazione, innanzitutto: la riscoperta delle identità particolari che si scontra con un orizzonte imperiale. Come sarà il nuovo nomos della Terra? Potrà assumere la forma di un vasto mercato planetario, di un'immensa zona di libero scambio, oppure di un mondo in cui i grandi blocchi continentali svolgono un ruolo regolatore nei confronti della Globalizzazione stessa, preservando la diversità degli stili di vita e delle culture, unica vera ricchezza dell'umanità. Sullo sfondo quella che Norman Podhoretz ha definito la «quarta guerra mondiale», iniziata l'11 settembre e tuttora in corso: una guerra multiforme, tanto militare quanto economica, finanziaria, tecnologica e culturale.
Acqua gelata sulle speranze riaccese negli iraniani dall’accordo sul nucleare del 2015: questo si rivela subito l’arrivo di Trump alla Casa Bianca. E la sua nuova politica verso l’Iran sembra voler riaprire quella stagione di ostili contrapposizioni che si pensava archiviata: «Trump sembrava Ahmadinejad e Rohani sembrava Obama», è il commento che dilaga su Twitter dopo i discorsi dei due presidenti in carica all’Assemblea generale dell’Onu del settembre 2017. Da quella data, e dai riti luttuosi dell’Ashura di pochi giorni dopo, parte il libro di Luciana Borsatti per raccontare il nuovo clima, raccogliendo tra gli iraniani voci e punti di vista diversi. Ma L’Iran al tempo di Trump racconta anche la vita e gli umori di una società in costante trasformazione – dalle donne come potente motore di cambiamento alla percezione interna del ruolo di Teheran nella guerra in Siria – cercando di allargare il campo rispetto alle strettoie in cui è imprigionata la rappresentazione di un Paese che poco si presta alle semplificazioni.
Nel mondo occidentale è in atto una profonda e costante negazione di quanto sta accadendo in Medio Oriente. Si è negata dapprima la 'rivoluzione siriana', e ora si nega quello che sotto ogni aspetto è il genocidio di un popolo. Un'indifferenza figlia dell'emergenza-terrorismo, dell'ideologia rosso che accomuna nell'antiamericanismo le radicalità di destra e sinistra, della 'teologia della geopolitica sovietica' secondo cui Mosca e i suoi alleati arabi, nasseriani ma soprattutto battisti, hanno sempre ragione. Si è arrivati così a non vedere i massacri 'genocidiari' di Saddam Hussein e di Hafiz al-Assad in passato e quelli di Bashar al-Assad oggi, dietro i quali si nasconde l'esportazione della rivoluzione iraniana fino alle coste del Mediterraneo, a mezzo della più feroce operazione di pulizia etnica della storia recente. Contro tutto questo si è levata nuovamente profetica la voce di papa Francesco, che con coerenza ha cercato di riaccendere i riflettori su una tragedia che rischia di avere enormi conseguenze non solo sulla geopolitica ma anche sul dialogo interreligioso.
Il 19 luglio 1992 moriva, assieme a cinque agenti della sua scorta, Paolo Borsellino. A 22 anni dalla strage di via D'Amelio la verità è ancora lontana. Depistaggi, pentiti taroccati, investigatori infedeli, servizi segreti hanno inquinato la scena del delitto e, negli anni, i vari processi che si sono susseguiti. Clamoroso errore giudiziario o vile depistaggio che sia, la storia è da riscrivere e in questo libro di Rosalba Di Gregorio e Dina Lauricella si sceglie di farlo osservando i fatti "dalla parte sbagliata". Con questo libro Dina Lauricella riavvolge il nastro per aiutare non solo a dare un volto a chi ha ucciso il magistrato, ma anche, e soprattutto, scoprire chi ha dato l'ordine e perché. "Stare dalla parte giusta significa riconoscere gli errori, cercare umilmente la verità e volerla con coraggio. Significa rinunciare anche a false e più comode ricostruzioni della storia edificate ad arte che alludono a effimeri successi e allontanano dalla verità, rendendone più arduo e faticoso il raggiungimento. Potrò non vederla la verità ma ne pretendo la ricerca, per dare un senso alla vita di chi è morto per questo" (Lucia Borsellino). Prefazioni di Peter Gomez e Nico Gozzo.
"I manager, una razza padrona che controlla le aziende e le istituzioni pubbliche. Il saggio di Michele Dau ripercorre la storia di questa figura dalla prima organizzazione industriale di massa fino alla "rivoluzione manageriale" del dopoguerra. I manager hanno oggi tradito la loro missione, divenendo una casta, ancora molto maschile, di tecnocrati autoreferenziali, causando così scelte sbagliate e talora disastrose. Capitani di navi lasciate alla deriva, gli alti dirigenti appaiono incapaci di coordinare modelli innovativi di lavoro, di valorizzare le risorse umane affidate. Si è da tempo interrotta una storia positiva interpretata nell'Italia contemporanea da figure come Beneduce, Menichella, Giordani, Olivetti, Mattei, Saraceno, che sono stati anche sviluppatori e imprenditori attenti al bene collettivo. Per tornare a quella storia virtuosa, ai buoni manager, dei quali c'è un grande bisogno per riorganizzare le nostre strutture economiche e sociali, la strada è obbligata: vanno rifondate la cultura del merito e le sue basi morali e propulsive. In altre parole va affermato il principio della responsabilità, riferita ai risultati concreti e ai loro effetti sociali."
La grande mutazione di internet e dei nuovi media ci conduce verso un'era di maggiore democrazia e informazione? O, al contrario, questa nuova epoca è portatrice di nuove forme di controllo e dominio? A più di venti anni dalla diffusione del Web, questo volume di Giuliano Santoro - autore di "Un Grillo qualunque", il primo libro che ha analizzato il fenomeno del Movimento 5 Stelle - mette in fila storie, idee e dati per sostenere una terza ipotesi: la legge del profitto e l'ideologia della concorrenza a tutti i costi stanno imbarbarendo il livello medio delle reti telematiche, livellando verso il basso i contenuti, frustrando le istanze di partecipazione e sfruttando la voglia di condividere saperi e passioni. Prendendo le mosse dalla situazione italiana, cioè dal Paese in cui l'accesso di massa a Internet ha segnato l'ennesimo peggioramento del dibattito pubblico, questo testo ricostruisce la storia della Rete, segnata fin dall'inizio dalla paradossale e inconsapevole collaborazione tra le controculture statunitensi e i laboratori del comparto militare-industriale. Per arrivare a interrogarsi sull'oggi: la quotazione in borsa di Twitter, lo scandalo del Datagate, le sperimentazioni "tecnopolitiche" dei movimenti sociali e il dilagare online delle teorie del complotto e delle leggende digitali, che in Italia si sono riversate in piazza coi cosiddetti "forconi". Un libro per comprendere dove sta andando il Web. E, in buona sostanza, la nostra democrazia.
Trecentomila. Si calcola che sia questo il numero delle vittime di un traffico di bambini durato quarant'anni. Trentamila i casi accertati solo tra il 1939 e il 1945. Un vero e proprio "furto" di massa che ha riguardato la Spagna franchista e che per la prima volta viene raccontato in un libro da una delle più celebri firme del giornalismo italiano. Tutto è partito da una donna, Mar Soriano, che con tenacia e pazienza ha iniziato a metà degli anni Novanta la sua battaglia per rintracciare la sorella Beatriz, nata a Madrid nella clinica O'Donnell il 3 gennaio 1964. Il ginecologo, il dottor Ignacio Villa Elizaga, disse ai genitori che la neonata era morta per una improvvisa otite e che avrebbe provveduto la clinica a farla seppellire nel cimitero di Almuneda. Alla mamma e al papà venne impedito di vedere il cadavere della figlia "per evitare inutili traumi". Ma nel registro di quel cimitero non c'era alcuna traccia di Beatriz. Quello fu l'inizio di una drammatica scoperta, anni di indagini hanno accertato che i bambini venivano "affidati" ad altre famiglie, in cambio di soldi o favori da ripagare per il sostegno dato al generalissimo durante il colpo di Stato. Ostetriche e medici venivano pagati per mentire, spesso con la connivenza e complicità di suore e religiosi che agivano "in nome di Dio e della Patria". Piero Badaloni ha lavorato per anni a fianco di Mar Soriano, seguendo gli sviluppi della sua storia e quella di un'intera nazione...
John Thavis - per venticinque anni firma di punta della Catholic News Service, l'agenzia di stampa americana, leader mondiale dell'informazione sulla Santa Sede - descrive tutto il funzionamento della macchina vaticana: il rapporto quotidiano con il potere, la politica e gli intrighi che in tutti questi anni si sono succeduti. Thavis rivela faide interne sconosciute, lotte tra cardinali e scandali insabbiati. Gli anni che l'autore ha trascorso nelle stanze della Curia romana come cronista diventano un diario da cui si evince come tante volte l'autorità papale venga minata delle vicende quotidiane. Si parte da lontano e si arriva alle vicende legate a Vatileaks e alle dimissioni di Benedetto XVI. Perché tutti gli ultimi scandali del Vaticano hanno coinvolto soprattutto personaggi italiani? Il direttore di "Avvenire" Dino Boffo, Ettore Gotti Tedeschi e il "suo" Ior, il maggiordomo Paolo Gabriele, l'intoccabile nunzio apostolico Carlo Maria Viganò, il cardinale Tarcisio Bertone. Nel resto del mondo l'impressione degli alti prelati è che nella Santa Sede si sia radicata una sorta di "mafia ecclesiastica", come scrive lo stesso autore, che non conosce neanche più l'omertà. Conflitti di potere tra fazioni della Chiesa italiana che vedono contrapposti personaggi come, appunto, Tarcisio Bertone e Camillo Ruini. Si evince che agli occhi di molti gli italiani non sanno più gestire bene il governo della Chiesa universale. Ma a quale costo? E soprattutto che scenario si apre?
Per la prima volta un volume raccoglie tutti gli articoli di Federico Caffè apparsi su "Il Messaggero" di Roma e "L'Ora" di Palermo nel periodo che va da metà degli anni Settanta sino alla vigilia della sua scomparsa, nell'aprile del 1987. Una raccolta unica, in cui è possibile cogliere la straordinaria lungimiranza e capacità di analisi economica e finanziaria di Caffè, oggi tra i più riscoperti studiosi del secolo scorso. Gli scritti proposti in questo volume rappresentano la collaborazione più duratura che Federico Caffè ebbe nel campo pubblicistico, nella funzione di "consigliere del cittadino", come lui stesso amava definirsi. Questa raccolta si avvale inoltre di alcuni saggi critici relativi alla mancata ricostruzione del secondo dopoguerra: un disegno di programmazione democratica e partecipata dal basso a cui il professore dette un importante contributo come capo di gabinetto di Meuccio Ruini, ministro nel governo Parri. Una straordinaria intuizione che fu però messa da parte per far spazio al disegno neoliberista e conservatore di "liberalizzazione senza programmazione ", un modello di sviluppo economico di cui oggi l'Italia paga le conseguenze.
Cosa rimane delle rivolte scoppiate spontaneamente nei principali Paesi della sponda Sud del Mediterraneo? Tra la fine del 2010 e l'inizio del 2011 la "Primavera araba" per mesi ha inondato di notizie i media di tutto il mondo. E la caduta dei regimi sembrava coincidere con l'inizio di un periodo di ritrovata stabilità. Oggi, però, lontano dalle telecamere, l'area del Maghreb continua a mutare in modo caotico. Le giovani e fragili democrazie vengono minate da continui eventi drammatici - come, di recente, l'uccisione in Tunisia di Chokri Belaid - che ci obbligano a non chiudere gli occhi. Un caos con inevitabili ripercussioni anche sull'Europa. Dove sta andando il Mediterraneo? Quale ruolo avrà l'Italia nello scacchiere del Mare nostrum? E come dovrà guardare, d'ora in poi, l'Europa il proprio passato coloniale, al cospetto di un mondo - l'Africa, innanzitutto - da cui inaspettatamente sono spirati nuovi venti di rivolta? L'attenta penna di Franco Rizzi, tra i massimi esperti di storia del Mediterraneo, risponde a tutte queste domande, lasciando intravedere cosa sarà dell'intero assetto geopolitico dell'area.
La versione ufficiale racconta che Aldo Moro viene rapito il 16 marzo 1978 dalle Brigate rosse e che lo Stato rifiuta ogni tipo di trattativa con i rapitori. La conseguenza: l'ostaggio viene ucciso il 9 maggio. Nel corso degli anni però si sono rincorse le voci su un'altra trattativa politica e segreta, fallita in extremis. Più volte si è ipotizzato anche che il prigioniero possa essere stato ucciso non nella periferia di Roma, come dicono le Br, ma al centro della capitale, in quella via Caetani dove fu ritrovato il corpo. Per la prima volta attraverso queste pagine alcuni testimoni diretti, molto vicini alla vicenda, raccontano che il 9 maggio del 1978 lo statista democristiano doveva essere liberato, a seguito di un accordo. La Santa Sede, infatti, stava per consegnare ai brigatisti un riscatto di 25 miliardi di vecchie lire. Contestualmente, la Dc stava per esprimersi a favore di una trattativa umanitaria mentre il Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, si apprestava a firmare un provvedimento di clemenza nei confronti di un terrorista in carcere. Ma, soprattutto, ci sarebbe stato il riconoscimento delle Br come soggetto politico da parte del governo della Jugoslavia del maresciallo Tito, leader dei Paesi non allineati. Via Caetani doveva essere dunque il luogo dello scambio ma divenne quello del delitto. Perché quell'accordo saltò?
Il Papa si è dimesso. Il 28 febbraio – dopo quasi otto anni dalla sua elezione – Benedetto XVI lascia il pontificato spiegando di non farcela più. Stanco e malato, Joseph Ratzinger ha portato a termine la missione che si era posto: fare un po’ di pulizia e scrivere il canovaccio su come sarà la Chiesa cattolica negli anni a venire. Il conclave che eleggerà il nuovo Papa, infatti, lo ha disegnato lui, creando sempre meno cardinali occidentali e scegliendo i Principi della Chiesa nelle fila del Terzo mondo. Il primo pontefice dimissionario in tempi moderni, che nell’ultima parte del suo mandato ha dovuto affrontare gli scandali e le incomprensioni interne alla Curia romana. Sebbene le vicende del Vatileaks abbiano scosso i più stretti collaboratori, Ratzinger non ha mai perso di vista l’obiettivo di traghettare la Chiesa cattolica fuori dagli schemi del potere temporale. Benedetto XVI non ha trascinato le folle ma ha risvegliato le passioni intellettuali dei più attenti osservatori del mondo cattolico e, all’interno della comunità ecclesiale, la sua azione e il suo pensiero hanno messo in risalto sempre più lo scollamento fra le gerarchie e i fedeli. Molto per un Papa eletto per essere «di passaggio» e che, al contrario, ha avuto la capacità di pensare una Chiesa post apocalittica.
Lucia Visca
è giornalista. Già collaboratrice di «Paese Sera», ha lavorato nelle redazioni di diversi quotidiani del Gruppo Espresso. Attualmente dirige le testate elettroniche «Atlante», «Technet» e «Geopolitica». Per Castelvecchi ha pubblicato Pasolini, una morte violenta.
«Ho conosciuto il sistema massonico dall'interno. Ho voluto offrire un affresco inedito degli ultimi venti anni che consenta di entrare dentro le storie segrete dei tre più importanti gruppi massonici italiani. Uno spaccato delle vicende che hanno segnato le logge trascinandole, anche più volte, nelle aule di giustizia».
La costruzione dei quartieri popolari, il Progetto Fori, la consacrazione dell'estate romana e la metropolitana che unisce il centro con le borgate: il ritratto del politico che in soli due anni ha trasformato la Capitale. Il 7 ottobre del 1981 scompare Luigi Petroselli: il sindaco di Roma "morto sul lavoro come un edile", per citare le parole dei giornali del tempo. I suoi funerali diventano un evento senza precedenti. Vi partecipano politici e personaggi di spicco, tra cui il primo cittadino di Parigi, il conservatore Jaques Chirac, nonostante un'idea di città completamente differente. Petroselli vuole unificare il centro storico alle periferie, dove vive confinata un'umanità usata solo come forza lavoro. Così, infatti, erano in quegli anni le borgate della Capitale, paragonabili agli slum delle metropoli del Terzo mondo. Il sindaco "umile" lotta per ridare dignità e diritti a un'intera città. In soli due anni rivoluziona il tessuto urbano: con l'Estate romana riporta in piazza i cittadini impauriti dagli Anni di Piombo, avvia i nuovi lavori della metropolitana, parte con la costruzione dei quartieri popolari e progetta la chiusura di via dei Fori imperiali, per restituirla alla storia riallacciandola al parco dell'Appia antica. È un infarto a spezzare il suo sogno di città ideale. Ella Baffoni, giornalista de "l'Unità", e Vezio De Lucia, tra i massimi urbanisti italiani, ricostruiscono la figura e l'operato di Petroselli a trent'anni dalla sua morte