Il libro di Daniele è stato scritto in un tempo di persecuzione, e ambientato in un altro tempo tremendo, l'esilio babilonese, perché potesse donare al popolo di Israele parole simili a quelle che lo avevano salvato lungo i fiumi di Babilonia. In questo contesto storico il popolo aveva bisogno di cercare nuovi racconti che dicessero una nuova-antica fede. Nacquero così comunità testimoni di come si possa cambiare questo mondo sognandone un altro, espressione di una forma di resistenza non violenta: non abbracciarono le armi ma presero la penna, pregarono e scrissero. Il libro di Daniele ci dice che visioni, angeli, sogni, numeri e draghi possono diventare altri strumenti per cacciare via i dittatori, per combattere i soprusi e la violenza contro le donne, per difendere una storia e un'identità. Tali narrazioni, arrivate fino a noi, sono sentinelle di un'alba che arriverà, perché non può non arrivare. Un'alba che deve arrivare presto, che deve arrivare oggi. Si può cambiare questo mondo sognandone un altro!
Come uscire dai percorsi fuorvianti del clericalismo? Come porre rimedio a pratiche e dinamiche ecclesiali difformi dall'insegnamento del concilio Vaticano II, per non dire, prima ancora, dallo spirito dei vangeli?
L'autore invoca un ritorno al vangelo attraverso una rinnovata lettura delle pagine del Nuovo Testamento. Un'attenzione minuziosa nell'accostare il testo e una fedeltà critica nell'interpretazione consentono di imparare a riconoscere le derive clericali.
Per la cura di questa patologia ecclesiale le Scritture offrono chiare indicazioni su temi imprescindibili nel contesto dell'odierna riflessione sinodale, quali l'uguaglianza e la diversità tra i battezzati, la compresenza di uomini e donne, la nomina dei pastori e l'esercizio dei ministeri. La buona notizia incarnata da Gesù e affidata alla chiesa apostolica è la sola che può custodirla dal ricadere negli abusi di potere e nelle distorsioni clericali che sfigurano il volto delle comunità cristiane.
Un piccolo libro della Bibbia, una storia familiare, un brano della storia di Israele e, prima ancora, una storia di donne: questo è il libro di Rut. Un elogio della pratica della bontà, di una prassi di umanità improntata a rispetto e riconoscimento dell'altro, caratterizzata da attenzione, sensibilità e delicatezza, ma anche da giustizia, obbedienza alle leggi reinterpretate in modo creativo e inedito dalle donne, osservanza dei comandamenti finalizzati alla pienezza della vita. Rut è un testo che contiene molteplici messaggi: etici, sociali, economici e religiosi. L'economia del libro di Rut è quella di chi vede prima di tutto le donne e gli uomini, e in essi la prima ricchezza, considerando i beni una benedizione solo nella relazione. Come sarebbero state le leggi, l'economia, la scienza del management se le avessero scritte le donne, se fossero state le Rut a pensarle e a insegnarle? Certamente diverse, forse molto diverse.
Cosa non è l'umiltà? Cos'è l'umiltà? L'autore aiuta il lettore a rispondere a queste domande esplorando, in modo filosofico, la virtù dell'umiltà, a partire dalla sua etimologia. L'umiltà è una virtù che gioca un ruolo decisivo nelle tradizioni monastiche medievali, ma che non si fa vedere, non è predominante nella cultura e nella società di oggi. È un valore che possiede una versione religiosa, ma anche una versione laica, in quanto non ha bisogno di essere riconosciuta dalla fede. È sufficiente prendere coscienza dei propri limiti, della propria fragilità, e quindi aprirsi al concetto di dono.
All’origine di ogni vocazione umana c’è sempre un ideale. Realtà ambivalente, l’ideale è capace di mobilitare una notevole energia che può aiutare l’affermarsi della vita della persona oppure rivoltarsi contro di essa. Ciò che improvvisamente si impone come un assoluto è simile a un’impalcatura destinata alla costruzione di un edificio, che in seguito dovrà essere smontata perché la casa possa restare in piedi da sola. Essenziale e tuttavia provvisorio, l’ideale deve fare i conti con la concretezza di itinerari umani non esenti da contraddizioni e delusioni.
L’autore rintraccia nelle Scritture il funzionamento caratteristico degli ideali, i rischi e le promesse legati alla loro possibile maturazione e trasformazione, alla ricerca di vie che consentano di rinnovare la fiducia nei giorni della disillusione.
Autore
Jean-François Noel
Jean-François Noel (1956), presbitero della diocesi di Aix-en-Provence, è membro della Fraternité des moines apostoliques diocésains ed esercita la professione di psicanalista.
Dio sta svanendo dal nostro orizzonte. Chiunque rifletta sul senso della vita si trova di fronte a questo silenzio. Non ci sono prove. Nessuna traccia di una Presenza. Viviamo e pensiamo in mezzo al silenzio. Siamo noi stessi una domanda senza risposta? Dire Dio nella gloria non è difficile, ma dov'è Dio nel suo silenzio, quando la parola tace e gli uomini si confrontano con la loro radicale solitudine? Una domanda ossessiona il nostro tempo: perché Dio tace, perché tace davanti al grido delle vittime del nostro tempo? La domanda ci costringe e ci perseguita. Il libro non pretende di fornire una risposta definitiva, ma piuttosto rivisita storie bibliche per arricchire la nostra riflessione, a partire da Giobbe, passando per i Salmi e giungendo in modo inaspettato anche al Cantico dei cantici.
Dag Hammarskjöld, premio Nobel per la pace noto per il suo impegno internazionale, era un uomo animato da una profonda vita interiore. Le parole che ci ha lasciato indicano nell'interiorità la via maestra per affrontare le sfide di ogni giorno con lucidità e decisione, maturità e lungimiranza. "In un'epoca in cui l'ideale della politica come servizio pubblico è ignorato o disprezzato, è importante sapere dove cercare segni di speranza e di impegno. Hammarskjöld è un esempio straordinario di politica astuta, umile, coraggiosa, paziente e rischiosa allo stesso tempo: un esempio necessario per noi oggi come l'acqua nel deserto. Questo libro espone con chiarezza e passione esemplare ciò che potremmo imparare da Hammarskjöld, il tesoro che potremmo scoprirvi" (Rowan Williams).
Non c’è un tempo più favorevole di questo per meditare e pregare i salmi. Molti salmi, infatti, sono nati nei momenti più tremendi della storia di Israele; e nei secoli, poi, hanno donato parole per pregare a chi non ne aveva più. Sono stati la prima preghiera di chi ricominciava a pregare; qualche volta sono diventati parole prestate a chi, senza la fede, aveva però il desiderio di pregare… I salmi parlano di noi, di loro, di lui, di me, di te. Sono un guado notturno di un fiume, un combattimento che non lascia mai indenni: segnano, in-segnano, feriscono, benedicono. Allargano l’orizzonte del nostro sguardo e affondano ogni immagine falsa di Dio. Sull’arca del Salterio c’è posto per tutti, veramente tutti, per quelli “per-bene” e quelli “per-male”.
Luigino Bruni (Ascoli Piceno 1966) è economista e storico del pensiero economico, con interessi in filosofia e teologia, personaggio di rilievo dell’economia di comunione e dell’economia civile. Editorialista di Avvenire, è ordinario di economia politica alla LUMSA dopo aver ricoperto fino al 2012 il ruolo di professore associato all’Università di Milano-Bicocca.
"Tu, chi sei?", è la domanda che gli interlocutori pongono a Gesù. "Io sono", è la risposta che Gesù declina nel corso di tutta la sua vita. Nel Vangelo secondo Giovanni "Gesù non è un mediatore della vicinanza di Dio, ma la presenza stessa di Dio, il suo volto; non è un paradigma alto dell'umano, ma l'uomo in verità". Dal "Tu, chi sei?" prende così forma e si svela la domanda da sempre presente nelle nostre profondità: io chi sono? Noi chi siamo? L'autore ripercorre il quarto vangelo per accompagnarci di fronte a quell'"Io sono" che può illuminare l'essere umano, mendicante di luce.
L'immagine della tavola del carpentiere è al centro di questo libro: attorno ad essa prende forma il nostro modo di vivere, pregare e agire quale chiesa di Cristo. Alla sua tavola ospitale intuiamo come potrebbe essere vivere e camminare per una via spaziosa e luminosa, aperta e tollerante, fiduciosa e vibrante di speranza per il mondo che Dio ama. Prendendo in considerazione una grande varietà di tradizioni e modi di vivere la fede, l'autore pone la questione di quali debbano essere i principi e i tratti caratteristici della prassi cristiana. La riflessione si sviluppa attraverso quattro verbi - incontrare, bere, vegliare, tendere - che possono plasmare il volto di una chiesa accogliente.
Qual è lo spazio delle donne nella chiesa? All'interno del dibattito attuale attorno a questa domanda, l'autrice propone una riflessione gravida di conseguenze per l'intero corpo ecclesiale. Un tentativo non di rivalsa ma di esplicitazione del "segno della donna" e di ciò che la singolarità femminile ha da offrire nella lettura delle Scritture come nella cura pastorale, e su questioni che riguardano tutti i battezzati quali quella della relazione tra sacerdozio ministeriale e sacerdozio comune. Il volume arriva a suggerire un nuovo approccio in cui sono la donna e l'uomo, l'uomo con la donna, ciò cui deve mirare un'intelligenza teologica rivisitata, che permetta un vero rinnovamento degli atteggiamenti e delle pratiche nel mondo ecclesiale.
Cogliere il senso di vite che colgono il senso del mondo: è ciò che si propone l'autore nel decifrare le storie e gli scritti di venti uomini e donne a partire dal I secolo, con Paolo di Tarso, fino al XX, con Óscar Romero. Le esistenze qui ritratte si offrono a noi come vite "teologiche", vite su cui vale la pena meditare perché hanno saputo scorgere un senso in situazioni spesso critiche, disperate o inusuali. Così sono divenute delle fonti di illuminazione, luci che, in modi diversi, illuminano davanti a noi prospettive e orizzonti imprevedibili e arricchenti.
Questo libro offre forse consigli su come peccare meglio? Affrontando argomenti come il senso di colpa, la vergogna e la cura di sé, mettendo in guardia dal leggere le proprie cadute come assoluti fallimenti, ci aiuta piuttosto a riscoprire le occasioni e gli strumenti di una più giusta conoscenza di sé davanti a Dio. Una comprensione equilibrata e non colpevolizzante della propria identità di peccatori unita all'esperienza dell'incontro con l'amore di Dio è un passaggio essenziale nella nostra maturazione umana e cristiana. Porterà in noi frutti di pace, riconciliandoci con noi stessi e conducendoci a una più grande libertà nella misericordia verso gli altri. Questo se avremo accolto in noi l'infinita misericordia di Dio, che passa proprio attraverso le nostre fratture. Poiché c'è una crepa in ogni cosa, ed è di lì che entra la luce.
L'esperienza della solitudine è universale come la fame o la sete. Poiché ci riguarda più intimamente, siamo meno inclini a parlarne. Ma chi non ha conosciuto il suo dolore rosicchiante? La paura della solitudine causa angoscia. Essa suscita azioni sconsiderate. Nessuna voce è più insidiosa di quella che ci sussurra all'orecchio: "Tu sei irrimediabilmente solo". Però, per il cristiano la realtà ultima, la fonte di tutto ciò che è, è una realtà personale di comunione. Gli uomini e le donne, fatti "a immagine e somiglianza" di Dio, portano il segno di quella comunione originale impressa sul loro essere, che non devono dimenticare. La Scrittura ci esorta ripetutamente a "ricordare". Questo libro esamina sei aspetti della memoria cristiana, integrando l'esegesi biblica con letture della letteratura antica e moderna. Propone una riflessione fondata su cosa significa essere un essere umano.
Il documento che qui offriamo al lettore italiano affronta uno dei temi di maggiore importanza non solo nel dialogo attuale tra le chiese ortodossa e cattolica, ma anche nel complesso dibattito interno a ciascuna di esse: il modo in cui si articolano primato e sinodalità, a tutti i livelli, locale, regionale e universale. Non si tratta tecnicamente di un testo di consenso, ma di uno studio storico e teologico su come, nel corso di due millenni di storia delle chiese, forme di governo sinodali e forme primaziali si sono formate e consolidate, sono state in tensione ma anche in feconda interazione.
Il Gruppo di lavoro misto ortodosso-cattolico Sant’Ireneo è nato nel 2004, per iniziativa dell’Istituto ecumenico Johann Adam Möhler di Paderborn, con il fine di aiutare e affiancare il dialogo teologico ufficiale tra ortodossi e cattolici. Vi fanno parte teologi cattolici e ortodossi che hanno deciso di intraprendere liberamente un percorso di studio per approfondire gli aspetti più problematici che ancora dividono le loro chiese.
L’evangelo della grazia
Atti dell’VIII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità della Riforma
Bose, 26-28 maggio 2017
“Come posso avere un Dio misericordioso?”. Questa la domanda che ha portato il monaco Lutero alla liberante riscoperta dell’aspetto fondamentale del messaggio evangelico: la giustificazione del peccatore, la grazia immeritata, offerta incondizionatamente da Dio. Alla tematica della giustificazione ha voluto dare spazio l’VIII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità della Riforma, di cui presentiamo qui gli atti. La giustificazione, che fu al cuore del movimento di riforma del XVI secolo, è oggi anche una questione significativa in una prospettiva ecumenica, come parola di libertà e di speranza per gli uomini e le donne del nostro tempo. Attraverso approfondimenti storici, biblici, teologici e spirituali, i relatori, appartenenti a confessioni cristiane diverse, presentano linguaggi nuovi e condivisi per ridire questa parola del vangelo, che dischiude per le chiese e per ogni cristiano un rinnovato cammino di unità aperto al futuro.
Contributi di M. Arnold, E. Bianchi, A. Birmelé, Ch. Chalamet, J.-F. Chiron, S. Coakley, É. Cuvillier, S. Durber, F. Ferrario, W. Kasper, D. G. Lange, A. Maffeis, P. Ricca, B. Sesboüé.
Negli ultimi decenni, dopo il concilio Vaticano II, è cresciuta la consapevolezza che tutti i battezzati sono investiti della responsabilità dell'annuncio del vangelo. Tale partecipazione dei laici alla missione della chiesa può esprimersi in una forma pubblica, ecclesialmente riconosciuta, di predicazione della parola di Dio? Gli studi qui raccolti dapprima ci presentano, in una dettagliata ricostruzione storica, la complessa vicenda della concessione del mandato di predicare ai laici, donne comprese, fra XII e XIII secolo. Il volume apre poi a una domanda per l'oggi, avanzando proposte per un approfondimento teologico sulla possibilità che battezzati laici predichino la Parola non solo in ambito non liturgico, ma anche, a certe condizioni, nel quadro di alcune celebrazioni eucaristiche.
"Dio non può avere volto, ma i volti sovrapposti di tutti quelli che lo ascoltano e lo sentono formano quello di Cristo, volto multiplo e mite, volto collettivo in una sola persona, volto che, al modo fantomatico dei volti, assomiglia a tutti e a ciascuno". In una meditazione nutrita di ricordi e di passione, l'autore compone un magnifico inno ai sensi: attraverso di loro arriva a delineare il volto da tanti cercato e "una fede che non sia meschina enunciazione della norma, ma annunciazione".
Nel 1965 Paolo VI nominò arcivescovo di Torino Michele Pellegrino, un patrologo che, negli anni del suo episcopato, volle essere un padre per il gregge affidato alle sue cure. Pellegrino si sforzò di incarnare in profondità il modello pastorale dei padri della chiesa, in una stagione ecclesiale chiamata a tradurre in pratica le indicazioni del Vaticano II, aprendo la chiesa torinese alle istanze di rinnovamento sorte dal dibattito conciliare, in dialogo con la società e la realtà contemporanea, soprattutto nelle sue componenti più deboli (lavoratori, immigrati, poveri, drogati, prostitute, carcerati, malati, esclusi). La profezia di Pellegrino viene dal nostro passato, ma vorrebbe restare voce gravida di futuro, lasciando intravedere ciò che sarà, nel dono, nella comunione e nella speranza.
Amare i nemici è un comandamento imprescindibile per chi si definisce cristiano. Gesù lo insegna mediante parabole e attraverso l'esempio offerto con la propria vita. È anche il comandamento più difficile, perché per natura siamo portati a odiare coloro che ci hanno fatto del male o sembrano pronti a farlo. Le riflessioni raccolte in questo libro esaminano l'oscura natura delle nostre inimicizie e suggeriscono vie per abbattere i muri dell'odio e per imparare a perdonare. Cercando di vivere il comandamento dell'amore con coraggio nel nostro quotidiano possiamo cambiare le nostre esistenze, cambiare il corso degli eventi. Ci sono uomini e donne che ci hanno provato e hanno dato vita a cammini di pace e nonviolenza.