Una sete inestinguibile di felicità perfetta e di vita senza limiti arde in ogni persona umana. Ma tutti i beni della terra non sono in grado di placarla e la morte toglie inesorabilmente quel poco di vita e di felicità di cui si gode. È proprio il senso e la potenza della fede in Gesù ad aprirci la porta alla pienezza della vita e della felicità senza tramonto. Gesù dice: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
P. Klemens Stock, S.I., professore emerito di esegesi del Nuovo Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma, segretario della Pontificia Commissione Biblica, è autore di molte pubblicazioni bibliche presso l’AdP e altre case editrici.
Per approfondire i rapporti tra antropologia e cristologia è particolarmente indicata la Lettera agli Ebrei, perché essa ripropone esplicitamente la domanda: «Che cosa è l’uomo?» (Eb 2,6), in un contesto cristologico e mostra come Cristo si sia fatto in tutto simile ai suoi fratelli umani, in modo da portare la natura umana al suo perfetto compimento, aprendo così a tutti gli esseri umani una via di salvezza definitiva. In questo scritto vengono esaminati questi testi illuminanti.
Il card. Albert Vanhoye, gesuita francese, dottore in scienza biblica, è professore emerito di esegesi del Nuovo Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma, dove ha insegnato sin dal 1963. È stato a lungo membro della Pontificia Commissione Biblica (1984-2001) e ne ha diretto i lavori dal 1990 al 2001. Ha pubblicato numerosi articoli e libri di esegesi scientifica, nonché di spiritualità. Nelle edizioni dell’Apostolato della Preghiera ha pubblicato: Le letture bibliche delle domeniche (3 voll. – anni A, B, C –, 2003, 2004, 2005); Mistero di Cristo e vita del cristiano (2004); Vivere nella nuova alleanza (2a ed., 1966); Messa, vita offerta (2007); Accogliere l’amore che viene da Dio (2008); e nel 2009 una serie di opuscoli: Gesù modello di preghiera; La preghiera di Gesù nella Lettera agli Ebrei; Il mistero del Natale; La spiritualità sacerdotale dell’Eucaristia; Il cuore sacerdotale di Gesù; Voi siete corpo di Cristo.
Oggi alcuni, per essere fedeli alla lettera al Nuovo Testamento, si rifiutano di parlare di ordinazione «sacerdotale» e parlano esclusivamente di ordinazione «presbiterale», pensando che la santità dei sacerdoti debba essere una santità pastorale e non una santità sacerdotale. Questa fedeltà letterale non tiene conto della cristologia sacerdotale, così com’è preparata in diversi scritti del Nuovo Testamento e così com’è magistralmente esposta nella Lettera agli Ebrei che, alla luce del mistero pasquale, ci fa comprendere come Cristo non è soltanto «il buon pastore» ma è nello stesso tempo «sommo sacerdote», titolo che meglio esprime l’aspetto essenziale dell’opera di Cristo che non si è accontentato di pascere le sue pecore ma le ha condotte a Dio.
Il card. Albert Vanhoye, gesuita francese, dottore in scienza biblica, è professore emerito di esegesi del Nuovo Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma, dove ha insegnato sin dal 1963. È stato a lungo membro della Pontificia Commissione Biblica (1984-2001) e ne ha diretto i lavori dal 1990 al 2001. Ha pubblicato numerosi articoli e libri di esegesi scientifica, nonché di spiritualità. Nelle edizioni dell’Apostolato della Preghiera ha pubblicato: Le letture bibliche delle domeniche (3 voll. – anni A, B, C –, 2003, 2004, 2005); Mistero di Cristo e vita del cristiano (2004); Vivere nella nuova alleanza (2a ed., 1966); Messa, vita offerta (2007); Accogliere l’amore che viene da Dio (2008); e nel 2009 una serie di opuscoli: Gesù modello di preghiera; La preghiera di Gesù nella Lettera agli Ebrei; Il mistero del Natale; La spiritualità sacerdotale dell’Eucaristia; Il cuore sacerdotale di Gesù; Voi siete corpo di Cristo.
L’affermazione audace di san Paolo: «Voi siete Corpo di Cristo» (1Cor 12,27), è di una profondità straordinaria. Essa è in stretto rapporto con il mistero pasquale di Cristo, che rappresenta la vittoria completa del suo amore su tutte le forze del male e della morte. Poiché noi siamo Corpo di Cristo, siamo pervasi dall’amore e chiamati a vivere questo amore nella nostra vita concreta.
Il card. Albert Vanhoye, gesuita francese, dottore in scienza biblica, è professore emerito di esegesi del Nuovo Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma, dove ha insegnato sin dal 1963. È stato a lungo membro della Pontificia Commissione Biblica (1984-2001) e ne ha diretto i lavori dal 1990 al 2001. Ha pubblicato numerosi articoli e libri di esegesi scientifica, nonché di spiritualità. Nelle edizioni dell’Apostolato della Preghiera ha pubblicato: Le letture bibliche delle domeniche (3 voll. – anni A, B, C –, 2003, 2004, 2005); Mistero di Cristo e vita del cristiano (2004); Vivere nella nuova alleanza (2a ed., 1966); Messa, vita offerta (2007); Accogliere l’amore che viene da Dio (2008); e nel 2009 una serie di opuscoli: Gesù modello di preghiera; La preghiera di Gesù nella Lettera agli Ebrei; Il mistero del Natale; La spiritualità sacerdotale dell’Eucaristia; Il cuore sacerdotale di Gesù; Voi siete corpo di Cristo.
Se cerchiamo modelli per la nostra preghiera, non possiamo certamente trovarne uno più perfetto di Gesù stesso. La preghiera cristiana deve essere la preghiera del Cristo in noi e, perché possa esserlo, dobbiamo contemplare a lungo Gesù in preghiera, in modo da poter assumere gli stessi atteggiamenti davanti al Padre celeste e avere in noi «gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù» (Fil 2,5). In questo scritto il card. Albert Vanhoye ci presenta la preghiera di Gesù nel periodo della sua vita pubblica e, in particolare, nell’istituzione dell’Eucaristia.
Se, dopo aver letto le lettere di san Paolo, passiamo alla Lettera agli Ebrei, avvertiamo subito un grande cambiamento di stile. Lo stile di san Paolo è vivo, diretto, molto personale e spesso impulsivo, mentre l’autore della Lettera agli Ebrei non parla di se stesso, non esprime le proprie reazioni, scompare dietro la sua opera, tutta tesa a esprimere bene la dottrina e a incoraggiare i fedeli nella loro vita cristiana. La stessa differenza la si nota a proposito della preghiera: san Paolo comincia le sue lettere con una preghiera di rendimento di grazie o di lode, mentre l’autore della Lettera agli Ebrei non fa mai allusione alla sua preghiera personale.