Da quattro secoli si discute ormai della questione galileiana, e gli studi e le ricerche sono stati particolarmente abbondanti negli ultimi cinquant’anni, vale a dire, dal 1964, quando in tutto il mondo si sono avute celebrazioni della data della nascita dello scienziato pisano (1564), accompagnate poi dalle sempre veementi discussioni e ricostruzioni storiche e documentarie, con le plurisecolari e appassionate polemiche sugli atteggiamenti passati e presenti nella e sulla Chiesa cattolica. La Fondazione Luigi Firpo - Centro di studi sul Pensiero Politico, ricordando a sua volta il ventesimo anniversario della scomparsa del professore torinese (1989) e rapportando i suoi molti interessi galileiani e per la cultura scientifica e politica del Seicento alle celebrazioni avviate, ha aderito con slancio e ha partecipato, sul piano scientifico e organizzativo, alla complessa macchina di studio, messa in moto dall’Anno Internazionale dell’Astronomia, presieduto, a Torino, dall’astronomo e astrofisico Attilio Ferrari.
Lo studio è volto a ricostruire e capire un ciclo pittorico ormai irrimediabilmente consumato dal tempo, ridotto a una muta larva su una vecchia foto, a esili ombre graffite sulla facciata della veneziana "Casa" dei Barbarigo di San Trovaso, incapace ormai di restituire una pur minima traccia degli squillanti colori dei quali l'aveva ornata, a metà Cinquecento, il genio di Iacopo Tintoretto. Ombre tuttavia sufficienti per avviare una raccolta di indizi e poi di prove sul loro contenuto figurativo, per ricostruirne la struttura e l'iconografia, per coglierne il significato iconologico, per dare ad esse un senso nel quadro delle esigenze di autorappresentazione e delle ambizioni del committente. Un gioco di pazienza che servirà a riportare alla luce i perduti affreschi di palazzo Barbarigo: non certo nella loro dimensione estetica e visiva, perduta ormai per sempre, ma nei messaggi ideologici che ad essi erano stati affidati; non per quello che erano, insomma, ma per quello che volevano essere. Un documento per capire non tanto l'unicità dell'estro di Tintoretto quanto la storia di Venezia.