Per la prima volta insieme, tutti gli scritti che Umberto Eco ha dedicato alla televisione: al suo linguaggio, alle forme di comunicazione che mette in gioco, alle tecnologie che le sostengono, all’immaginario che produce, ai suoi esiti culturali, estetici, etici, educativi e, soprattutto, politici. Una raccolta che, pubblicando anche scritti difficilmente reperibili, copre un arco di tempo che va dal 1956, anno in cui in Italia vengono messe in onda le prime trasmissioni, al 2015, periodo in cui il mezzo televisivo non può più essere considerato come dominante nella produzione e nella trasformazione della cultura social. Dalla ripresa diretta dei primi anni, alla tv-verità e ai reality show degli ultimi anni, da Corrado al Grande fratello, da Mike Bongiorno a Derrick, le riflessioni di Eco denunciano con costante attenzione le strategie televisive nel quadro di una critica inesausta contro i vari populismi mediatici, che è sempre stata la cifra dello sguardo di Eco sui media.
“Ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l’‘Ur-Fascismo’, o il ‘fascismo eterno’. L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: ‘Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!’ Ahimè, la vita non è così facile. L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo.” - Umberto Eco
"Sia chiaro che il libro non potrà dirvi cosa mettere nella tesi. Quello rimane affar vostro. Il libro vi dirà: (1) cosa si intende per tesi di laurea; (2) come scegliere l'argomento e predisporre i tempi di lavoro; (3) come condurre una ricerca bibliografica: (4) come organizzare il materiale che reperite; (5) come disporre fisicamente l'elaborato. Ed è facile che la parte più precisa sia proprio quest'ultima che può sembrare la meno importante: perché è l'unica per cui esistono regole abbastanza esatte." (Umberto Eco). Una lezione di metodo su come fare ricerca che, dopo quarant'anni - anche se il mondo con la sua tecnologia è completamente cambiato - resta preziosa e unica. Oggi i repertori bibliografici si trovano su internet, Google Scholars offre mille materiali, le schede bibliografiche si scrivono in digitale, ma le indicazioni di struttura, priorità, argomentazione restano le stesse.
"Sulle spalle dei giganti" rappresenta per i lettori di Eco un evento festoso. Lontano dalle aule universitarie, dai congressi accademici, dalle cerimonie onorarie, Eco scrive questi testi, nel corso di tre lustri, per intrattenere gli spettatori (che ogni volta per lui accorrono a frotte) della Milanesiana, il festival ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi. Testi che il più delle volte traggono spunto dal tema stesso che ogni anno la Milanesiana si dà, per poi scorrere lungo rivoli di un repertorio che attinge alla filosofia quanto alla letteratura, all'estetica, all'etica e ai mass media. Come dire: la quintessenza dell'universo echiano, raccontato con un linguaggio affabile, intriso di ironia, talora giocoso, affilato quando necessario. Le radici della nostra civiltà, i canoni mutevoli della bellezza, il falso che si invera e modifica il corso della storia, l'ossessione del complotto, gli eroi emblematici della grande narrativa, le forme dell'arte, aforismi e parodie sono alcuni degli spunti di attrazione di un libro arricchito dalle immagini che l'autore usava proiettare nel corso del suo dire.
Amici e redattori dagli anni Sessanta, quando entrambi lavoravano alla Bompiani, Umberto Eco e Paolo De Benedetti hanno, per gioco intellettuale, tracciato i profili l'uno dell'altro. De Benedetti ha ritratto il grande semiologo e scrittore, Eco ha ritratto l'originale ebraista, teorico di una teologia degli animali. Pagine che, attraverso l'ironia della prosa e dei versi, sono una festa dell'intelligenza nel mostrare volti inediti. Al punto che Eco ha trasposto la figura di De Benedetti nel personaggio di Diotallevi, il redattore esperto di giudaismo ne Il pendolo di Foucault.
"La gaia scienza: raramente l'espressione nietzschiana è stata così azzeccata per un libro... un libro sui libri! Dal papiro ai supporti elettronici, percorriamo duemila anni di storia del libro attraverso una discussione contemporaneamente erudita e divertente, colta e personale, filosofica e aneddotica, curiosa e gustosa. Passiamo attraverso tempi diversi e diversi luoghi; incontriamo persone reali insieme a personaggi inventati; vi troviamo l'elogio della stupidità, l'analisi della passione del collezionista, le ragioni per cui una certa epoca genera capolavori, il modo in cui funzionano la memoria e la classificazione di una biblioteca. Veniamo a sapere perché 'i polli ci hanno messo un secolo per imparare a non attraversare la strada' e perché 'la nostra conoscenza del passato è dovuta a dei cretini, degli imbecilli o degli avversari'. Insomma, godiamo della 'furia letteraria' di due appassionati che ci trascinano nella loro folle girandola in cui ogni giro sorprende, distrae, insegna. In questi tempi di oscurantismo galoppante, forse è il più bell'omaggio che si possa fare alla cultura e l'antidoto più efficace al disincanto."
Crisi delle ideologie, crisi dei partiti, individualismo sfrenato... Questo è l'ambiente - ben noto - in cui ci muoviamo: una società liquida, dove non sempre è facile trovare una stella polare (anche se è facile trovare tante stelle e stellette). Di questa società troviamo qui i volti più familiari: le maschere della politica, le ossessioni mediatiche di visibilità che tutti (o quasi) sembriamo condividere, la vita simbiotica coi nostri telefonini, la mala educazione. E naturalmente molto altro, che Umberto Eco ha raccontato regolarmente nelle sue Bustine di Minerva. È una società, la società liquida, in cui il non senso sembra talora prendere il sopravvento sulla razionalità, con irripetibili effetti comici certo, ma con conseguenze non propriamente rassicuranti. Confusione, sconnessione, profluvi di parole, spesso troppo tangenti ai luoghi comuni. "Pape Satàn, pape Satàn aleppe", diceva Dante nell'"Inferno"(VII, 1), tra meraviglia, dolore, ira, minaccia, e forse ironia.
Crisi delle ideologie, crisi dei partiti, individualismo sfrenato… Questo è l’ambiente – ben noto – in cui ci muoviamo: una società liquida, dove non sempre è facile trovare una stella polare (anche se è facile trovare tante stelle e stellette). Di questa società troviamo qui i volti più familiari: le maschere della politica, le ossessioni mediatiche di visibilità che tutti (o quasi) sembriamo condividere, la vita simbiotica coi nostri telefonini, la mala educazione. E naturalmente molto altro, che Umberto Eco ha raccontato regolarmente nelle sue Bustine di Minerva. È una società, la società liquida, in cui il non senso sembra talora prendere il sopravvento sulla razionalità, con irripetibili effetti comici certo, ma con conseguenze non propriamente rassicuranti. Confusione, sconnessione, profluvi di parole, spesso troppo tangenti ai luoghi comuni. “Pape Satàn, pape Satàn aleppe”, diceva Dante nell’Inferno (VII, 1), tra meraviglia, dolore, ira, minaccia, e forse ironia.
Questo volume rappresenta una delle pietre miliari del percorso filosofico di Umberto Eco e una delle pietre miliari della riflessione semiotica internazionale tout court. Eco torna alla filosofia (ammesso che mai se ne sia distaccato), per confrontarsi soprattutto con l'ontologia e le scienze cognitive in materia di percezione, realismo, iconismo. Confrontandosi con i nodi fondamentali della filosofia di ogni tempo, da Aristotele a Heidegger, Eco discute i problemi dell'essere, della verità, del falso, del riferimento, della realtà, dell'oggettività della conoscenza e della congettura. Con straordinaria lucidità, Eco anticipa così, nel 1997, temi destinati a diventare cruciali nel dibattito filosofico attuale - prima fra tutte la questione del realismo.
Organizzati secondo una logica tematica, questi saggi, apparsi su quotidiani e riviste tra il 1973 e il 1976, ripropongono Eco come semiologo del quotidiano, attento e curioso critico del costume e del linguaggio dei mezzi di comunicazione di massa. Eco riferisce quanto avviene alla periferia dell'impero americano, cioè nei paesi dell'area mediterranea, analizzando in modo apparentemente divagante gli slogan pubblicitari, le conversazioni della gente in treno, il discorso di Paolo VI sulla pillola, le invettive di Fanfani contro la pornografia. Tanti brevi racconti di un'Italia in trasformazione, ma ancora un po' bigotta e provinciale.