Tutto ha inizio con l'assillo positivista di Alfred Binet che all'inizio del Novecento decise di misurare nei bambini una cosa che fino allora non era mai stata misurata: l'intelligenza. Arrivò poi il Q.I. inventato dallo psicologo tedesco William Stern, che presto sarebbe stato adottato dall'esercito americano per arruolare soldati per la Prima guerra mondiale. Nella nostra società l'intelligenza è una delle virtù che sembra venire prima di tutte le altre. Per Enzensberger l'intelligenza è un'invenzione moderna di cui l'umanità ha fatto per secoli a meno. E poi, che peso dare alla creatività, all'ispirazione, all'empatia, all'intuitività? Come misurarle? Non certo con il Q.I. I test per di più esigono una sola risposta, cosa abbastanza rara, un'eccezione, non certo una regola: la complessità del reale, le scienze cognitive e le ricerche sul cervello dovrebbero convincere aziende, eserciti e pubbliche amministrazioni a smettere di basarsi, quando devono decidere chi è più capace, sui risultati infidi e parziali di quiz e test di intelligenza.
Con la forza intellettuale e l'acume che lo hanno reso celebre, Enzensberger disegna il profilo del perdente radicale di ogni tempo. Ieri il combattente nazista, oggi il terrorista islamico. Colui che ha resuscitato la tradizione del nichilismo autolesionista, amalgamando istanze religiose, politiche e sociali in una strategia di distruzione a vasto raggio. Contro l'America, contro il capitale internazionale, contro il sionismo, contro gli infedeli. Perché il perdente radicale non conosce la soluzione del conflitto, il compromesso. E quanto più è assurdo il suo progetto, tanto più fanaticamente lo persegue. Come era accaduto con Hitler, il suo vero obiettivo non è la vittoria ma lo sterminio, non è il controllo ma il dissolvimento, non è la vita ma il suicidio collettivo e la fine con orrore. Convinto della propria superiorità e animato da cieco vittimismo, l'islamista chiede a gran voce rispetto per sé senza riconoscerlo agli altri. Riservando solo alla propria minoranza di eletti la salvezza da un mondo che condanna alla morte.
Un viaggio in versi e in prosa nella storia e nelle mitologie della scienza. Un ritratto affascinante dei suoi protagonisti, dai grandi del passato agli "scienziati sciamani", ai "golpisti in laboratorio". Dalla matematica agli automi, dalla meccanica celeste alla scienza della vita, da Leibniz a Turing, a Taylor, a Spallanzani, a Darwin, a Reich, una raccolta di saggi, poesie e interventi che testimoniano la passione dell'autore per le questioni scientifiche e i loro protagonisti. Un interesse che dagli esordi negli anni Sessanta arriva fino ad oggi, insieme ad un'analisi sottile e battagliera. "Penso - sostiene l'autore - che il progetto scientifico vada difeso contro gli «oltranzisti» che fanno promesse che non si possono mantenere".
La storia di un coniglietto aristocratico - e non uno qualunque, bensì un Esterhazy - che parte all'avventura in cerca di una moglie. Il Principe suo zio gli suggerisce di prendere il treno per Berlino: là infatti "i conigli vivono tutti dietro un grande muro. Dio solo sa perché". E a Berlino il nostro coniglietto - il cui nome per esteso è Michele Paolo Antonio Maria dodicimilasettecentonovantaduesimo Principe di Insalatinia e di Carotopoli, Conte di Lattughino, Signore di San Prezzemoloburgo, Agliogrado e Corterapa ne passerà delle belle. Alla fine però troverà ad attenderlo una grande sorpresa.
Uscita in occasione del suo settantesimo compleanno, "Più leggeri dell'aria" è la nuova silloge poetica di Enzensberger. Leggeri sono i numeri, i dolori del passato, il nostro io, il fumo di una sigaretta che doveva essere l'ultima... Niente toni aspri ed estremi, niente lamentazioni profetiche e, soprattutto, nessuna oscurità di senso. Enzenberger tiene fede anche in questo caso alla lezione di Brecht, di cui riprende non solo l'impegno illuministico ma anche la capacità di stupore e commozione per le umili bellezze del quotidiano e i comportamenti umani.
Quattordici saggi che risalgono agli anni 1989-98. Sin dal titolo, l'autore ribadisce la propria convinzione che per giungere a una sia pur limitata comprensione della nostra imperscrutabile realtà, un pensiero lineare sia di scarsa utilità. Il tempo e la storia, afferma nel saggio introduttivo "Sulla pasta sfoglia del tempo", non procedono lungo una linea retta, ma sono paragonabili, appunto, alla pasta sfoglia, formata da numerosi, finissimi strati, tanto sottili che risulta difficile distinguerli. Alcuni dei saggi proposti all'epoca della pubblicazione suscitarono forti controversie. Gli interventi riguardano politica, storia, cultura, sociologia.