Il libro si propone di rivedere i concetti di individuo, identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si nutriva l'età umanistica, dismessi o rifondati alle radici.
Spaziando dalla religione alla politica, dai sentimenti alla filosofia, dall'estetica alla psicologia, Galimberti ci offre un modello dinamico di interpretazione della realtà. Alcune voci: Adolescenza: tappa inconclusa dell'eterno disordine Censura: l'effetto ultimo della censura è in fondo quello di confondere la destra con la sinistra Creatività: C'è ancora del caos dentro di voi? - chiedeva Nietzsche - C'è ancora una stella danzante?
I contributi di Husserl e di Heidegger da un lato e quelli di Jaspers dall'altro vengono in questo volume richiamati e ordinati per chiarire la posizione epistemologica della psicologia nella serie di quelle scienze il cui intento è la "comprensione" dell'uomo e non la "spiegazione" del suo comportamento. Questa differenza non consente un'innocua trasposizione a livello umano dei modelli concettuali e dei metodi che si sono rivelati idonei nelle scienze della natura, a meno di ridurre l'uomo a evento naturale come hanno fatto la psichiatria classica e la "teoria" psicoanalitica in contraddizione con la "prassi" terapeutica. Sostituendo il dualismo cartesiano con la visione fenomenologica che si rifà all'immediatezza del mondo della vita, la psicologia non dovrà più spiegare i misteriosi rapporti che intercorrono tra psiche e corporeità, ma descrivere le evidenti relazioni che intercorrono tra il corpo e il mondo e le produzioni di significato che queste relazioni esprimono. Per la psicologia fenomenologicamente fondata, infatti, sia il "sano" sia l"'alienato" appartengono allo stesso mondo, anche se l'alienato vi appartiene con una struttura di modelli percettivi e comportamentali differenti, dove la differenza non ha più il significato della "dis-funzione" ma semplicemente quello della "funzione" di una certa strutturazione esistenziale, ossia di un certo modo di essere-nel-mondo e di progettare, nonostante tutto, il mondo.
L'uomo soffre per "l'insensatezza" del suo lavoro, per il suo sentirsi "soltanto un mezzo" "nell'universo dei mezzi", senza che all'orizzonte appaia una finalità prossima o una finalità ultima in grado di conferire senso. Sembra infatti che la tecnica non abbia altro scopo se non il proprio autopotenziamento. Di fronte a questa diagnosi, la psicoanalisi rivela tutta la sua impotenza, perché gli strumenti di cui dispone, se sono utilissimi per la comprensione delle dinamiche emotivo-relazionali, per i processi di simbolizzazione sono inefficaci. Qui occorre la pratica filosofica perché, fin dal suo sorgere, la filosofia si è applicata alla ricerca di senso.
L'uomo al tempo della tecnica, avverte Umberto Galimberti, deve ripensare il suo mondo e i concetti tradizionali su cui finora si è fondato: la verità, la politica, la ragione, l'ideologia, l'etica, la natura, la religione, la storia. Per la prima volta siamo inadeguati e inconsapevoli rispetto a un presente che è già futuro. Così ci troviamo in una condizione paradossale e ambivalente: da un lato temiamo la tecnica, dall'altro cerchiamo di rincorrerla perché è diventata la condizione della nostra esistenza. Da questa inadeguatezza emergono segnali di malessere preoccupanti. Galimberti disegna una cartografia dei sintomi che la cronaca quotidiana propone con urgenza: dalla depressione diffusa fino alla minaccia di una guerra planetaria.
Nell'anno del giubileo, dove il sacro si offre anche alla dissacrazione, l'autore si domanda che cosa sia rimasto di autenticamente religioso nel nostro tempo che più di altri registra un boom della spiritualità, dove però un Dio plurinvocato in molte lingue, in molti riti e nelle forme più svariate della religiosità, sembra si sia definitivamente congedato dal mondo per lasciare null'altro che un desiderio infinito di protezione, conforto, rassicurazione: desideri umani, insomma, troppo umani.
Noi continuiamo a pensare la tecnica come uno strumento a nostra disposizione, mentre la tecnica è diventata l'ambiente che ci circonda e ci costituisce secondo quelle regole di razionalità che, misurandosi sui soli criteri della funzionalità e dell'efficienza, non esitano a subordinare le esigenze dell'uomo alle esigenze dell'apparato tecnico. Inconsapevoli, ci muoviamo ancora con i tratti tipici dell'uomo pre-tecnologico che agiva in vista di scopi iscritti in un orizzonte di senso, con un bagaglio di idee e un corredo di sentimenti in cui si riconosceva. Ma la tecnica non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela verità: la tecnica funziona. E poiché il suo funzionamento diventa planetario, questo libro si propone di rivedere i concetti di individuo, identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si nutriva l'età umanistica e che ora, nell'età della tecnica, dovranno essere riconsiderati, dismessi o rifondati alle radici.
L'enciclopedia si caratterizza per il taglio interdisciplinare: alla psicologia propriamente detta, illustrata nella molteplicità dei suoi orientamenti teorici e clinici, si affiancano la psicoanalisi, la psichiatria, le scienze umane (filosofia, antropologia culturale, sociologia, linguistica) e biologiche (dalla genetica alla neurofisiologia). Un'attenzione particolare è rivolta a discipline di punta come le neuroscienze e la psichiatria genetica. Altra peculiarità dell'opera è il costante ricorso, nelle singole voci, a brani originali della letteratura psicologica; tale metodo assicura la più ampia fedeltà alla storia e alla problematicità della disciplina e consente un contatto diretto con i testi originali.
Ancora una volta tocchiamo con mano che la tecnica non è più un mezzo a disposizione dell'uomo, ma è l'ambiente, all'interno del quale, anche l'uomo subisce una modificazione, per cui la tecnica può segnare quel punto assolutamente nuovo nella storia, e forse irreversibile, dove la domanda non è più: "che cosa possiamo fare noi con la tecnica?", ma: "che cosa la tecnica può fare di noi?". (U. Galimberti).