"Aver fiducia" è una disposizione dello spirito che si riflette in gesti ed espressioni della vita quotidiana e permette di interagire nel mondo con adattabilità e saggezza. è una virtù antropologica - che sorge da un'esperienza universale: l'essere stati, durante l'infanzia, oggetto di cure e amore in uno scambio gratificante - e anche teologica: la fede in Dio e la fiducia divina nell'uomo sono, secondo le tradizioni religiose, modello di ogni vera relazione. Una varietà di significati presentata da Massimo Giuliani attraverso una fenomenologia dell'atto di fiducia - e della sua mancanza -, che trova espressione nella letteratura greca e nella. Bibbia, nel pensiero ebraico anche dopo Auschwitz, nei rapporti tra giudaismo e cristianesimo. Paolo De Benedetti mostra come nelle Scritture la fiducia che l'uomo ripone in Dio segua alla fiducia che Dio per primo ha riposto nell'uomo: la storia della salvezza può essere vista come la ricerca di una vicendevole corrispondenza tra questi due amen, "ci credo e mi affido".
Se "dire grazie" è un'esperienza quotidiana, traspare in essa quel "grazie originario" che accomuna tutti gli uomini: davanti al mistero della vita, oppure - religiosamente - di fronte alla grandezza di Dio. Massimo Giuliani ne ricava i tratti universali e il significato etico-filosofico a partire da una fenomenologia che spazia dall'obbligo di gratitudine verso i genitori al rapporto fra il provare tale sentimento e l'esprimerlo, dal riconoscimento che il popolo ebraico conferisce ai giusti delle nazioni alla benedizione giudaica dopo il pasto. Nella Bibbia l'esclamazione di gioia e di riconoscenza per eccellenza è hallelujah, "date lode a Dio": Paolo De Benedetti mostra come tale espressione, attraverso i testi ebraici e quelli cristiani, giunga a noi come un grido dal cuore, che nasce dall'esperienza e risuona in tutto il creato, educandoci a un dialogo costante con Dio.
Sotto il nome di Teologia ebraica si raccolgono le fila dei molteplici percorsi che nella storia del popolo ebraico hanno sviluppato idee, dottrine e credenze in senso lato "teologiche", i cui tratti divengono più chiari in età moderna e contemporanea. L'analisi storica qui compiuta va dalla costituzione della Bibbia ebraica al giudeo-ellenismo, dalla letteratura rabbinica e qabbalistica fino alla cesura della Shoà, intrecciando alcuni dei più significativi spunti dei nostri giorni - la teologia politica dopo la nascita di Israele, la teologia femminista, le correnti postmoderne. Si apre così una prospettiva sul particolare profilo culturale che accomuna una comunità religiosa in movimento, non circoscrivibile in un sapere dai contorni chiusi, e che include la concezione di Dio ma anche la nozione di Israele, la Legge (Torà) scritta e orale e il commento dei testi sacri, la celebrazione del tempo nella liturgia (quotidiana e sabbatica, mensile e annuale) e un ampio spettro di pratiche personali e collettive che, nei secoli, hanno forgiato l'identità ebraica - un'identità plurale.
Chiedere scusa è un'esperienza talmente quotidiana da aver perso il nesso profondo con il perdono, che invece mantiene l'aura di un concetto religioso, attinente alla sfera del sacro e al senso del peccato. Da una fenomenologia di tale esperienza, emerge in queste pagine la stretta correlazione tra la colpa e il male, la giustizia e il perdono, come si declinano nel pensiero ebraico: alla riconciliazione, che prende il nome di shalom, fanno da contrappunto i temi della teshuvà, espiazione e perdono, e del tiqqun, la restaurazione dell'ordine infranto del mondo. Un'analisi cui corrisponde, nella Bibbia, il lessico della misericordia che, per Paolo De Benedetti, si declina in tre momenti emblematici: la meditazione-confessione della presenza di Dio nella storia; l'uscita, individuale e collettiva, dal peccato; la promessa messianica.
Un'originale, appassionante rilettura della figura di Mosè a partire dai testi biblici e dai midrashim della tradizione orale ebraica, con attenzione ad alcune interpretazioni moderne sia di Mosè (a partire da quella di Freud), sia del Decalogo (oggi molto commentato anche fuori dai circoli religiosi), ma anche della terra promessa a Israele. Il bastone di Mosè è il simbolo del potere politico del carisma spirituale, un simbolo arrivato fino ai nostri tempi.
Le montagne di Mosè (Horeb, Sinai e Nebo), l'ira di Dio, il turbante di Aronne, il pozzo di Miriam: i protagonisti del popolo che attraversa il deserto e sullo sfondo il grande tema del monoteismo e dei suoi insospettabili significati politici.
Dopo il successo di Le tende di Abramo, esplorazione delle parentele tra le tre grandi religioni monoteistiche (ebraismo, cristianesimo e islam) accomunate dallo stesso padre, uno dei maggiori esperti italiani di ebraismo dipinge con efficacia e intensità una figura di leader che ancora oggi appassiona.
Il "saluto" è un'esperienza quotidiana, ma è anche parte della stessa essenza dell'uomo: il suo ingresso nel mondo, il suo “essere con gli altri", sin dall'infanzia è sancito da questo gesto elementare, pre-linguistico. Salutare, e ricambiare il saluto, è espressione del riconoscimento, sociale e affettivo.
I lineamenti per una fenomenologia del saluto si trovano nelle pagine di Massimo Giuliani, esplorando ciò che esso ha di persistente pur nella diversità dei modi e nell'oscillare dei significati: dall'essere in relazione al colmare una distanza, dal salutare per primi al congedarsi per sempre nell'ultimo saluto. Alcuni esempi, e un moltiplicarsi di riflessioni, in cui traluce la profondità di questo atto.
Sulle radici bibliche e rabbiche dello scalmo ("pace" e "bene") si sofferma Paolo De Benedetti, gettando luce sul nostro debito - talvolta impensato - verso la tradizione, nel senso ebraico della parola: ciò che si tramanda come in una catena.
Partendo da un passo del filosofo ebreo Franz Rosenzweig per il quale il "Cantico dei Cantici" è "il nucleo e il centro della Rivelazione", l'autore scava nelle interpretazioni ebraiche più ortodosse, ossia più tradizionali, per mostrare come il Cantico abbia offerto da sempre una potente chiave di lettura teologico-politica del dramma storico degli ebrei in galut, in esilio, senza patria e ai margini della storia. Il vuoto, la nostalgia del centro perduto e il dubbio sulla presenza di Dio nella vita del suo popolo si rispecchiano nella ricerca appassionata, sognata e sofferta, dei due giovani del Cantico, le cui immagini forti consolano il popolo in esilio tenendo vivo il desiderio di un ritorno a Sion come prova della fedeltà divina dell'alleanza. Questa spiegazione sionista del Cantico è forse la ragione più profonda del suo essere entrato a far parte del canone biblico.
Anche nel Corano ci sono i Dieci comandamenti. Quali altri aspetti accomunano le tre grandi religioni? ebraismo, cristianesimo, islam? che hanno Abramo come padre ma che vivono la minaccia della "guerra di civiltà"? Come va interpretata questa eredità comune? Come ritrovare la speranza di una convivenza possibile? L'Autore, tra i maggiori studiosi italiani di ebraismo, affronta in questo libro, accessibile a un pubblico ampio, in sessanta brevi capitoli una delle grandi questioni del nostro tempo. Lo fa con stile brillante e con sguardo competente, acuto, libero, che conosce la dura realtà dei conflitti in atto e cerca di trovare risposte rigorose e cariche di fiducia nel patrimonio spirituale e culturale più autentico delle tre grandi religioni