Lo spirito della liturgia è una classica interpretazione della spiritualità liturgica, germinata da una straordinaria potenza d'intuizione e da una perspicacia anticipatrice dei movimenti storici, quale il Guardini ha sempre testimoniate. Il volume, che uscì nel 1919 nella collezione "Ecclesia orans" promossa dall'abate Ildefons Herwegen di Maria Laach, nulla ha perduto a tutt'oggi della sua forza di penetrazione, del suo vigore di sintesi. Nei santi segni l'autore avvia ad una calda comprensione della liturgia e del suo simbolismo. Gli si apre dinanzi così, intatta, la ricchezza di allusione e di appello religioso insita nel segno della croce, nell'inginocchiarsi, nel vario atteggiarsi della mano di chi prega, nell'incedere processionale, nel battersi il petto, nel cero, nell'acqua benedetta, nella fiamma sacra, nella cenere penitenziale, nell'incenso, nella luce, emblema della verità di Dio, nel pane e nel vino, nell'altare coi suoi lini, nel calice e nella patena, nella benedizione, nelle campane. Lo spazio nelle sue direzioni, il tempo con l'avvicendarsi dei ritmi quotidiani, rivelano, essi pure, un'arcana consacrazione liturgica. Profondità cristiana e sensibilità lirica si fondono armonicamente in queste pagine.
In quest'opera si presentano con tutta la profondità, la ricchezza teologica, la saggezza di guida spirituale, la forza di persuasione psicologica che li caratterizzava e che ne fece uno straordinario avvenimento nella storia della gioventù tedesca degli anni Trenta, gli esercizi spirituali tenuti da Romano Guardini al castello di Rothenfels. Ordinati secondo una classica ripartizione in istruzioni, considerazioni, conferenze, discorsi pronunciati durante la celebrazione eucaristica, in essi tuttavia l'autore immette la novità di riflessioni sull'aspetto anche umilmente umano (esercizi del corpo, della respirazione...) di ciò che deve predisporre alla meditazione, al lavorio interiore. Un dominio della fede e della vita cristiana, immedesimato con la conoscenza sapienziale della Scrittura, una forza di penetrazione e un acume pedagogico che sanno interpellare ciascun ascoltatore e risvegliarne il senso di responsabilità.
«Un titolo pregnante e promettente, quello che Romano Guardini ha assegnato a una ricca raccolta di saggi, di trattati, di conversazioni culturalmente ambiziose sulla scia di quanti in Germania e altrove hanno sviluppato il concetto goethiano di Bildung, di formazione. Per l'autore, nel 1923, assumeva un'importanza cruciale l'applicazione delle sue idee pedagogiche generali, messe alla prova nel cantiere educativo del Castello di Rothenfels e nella creazione dell'associazione giovanile Quickborn, all'ambito della liturgia cattolica. Da tale necessità nacque Formazione liturgica che si proponeva - scavando più a fondo rispetto a Spirito della liturgia (1918), con un processo fenomenologico e inserito in una prospettiva di antropologia metafi sica - di mostrare come la liturgia abbia fondamenti incrollabili nella natura dell'homo religiosus, per giungere poi a una piena espansione nell'area della grazia "soprannaturale", una sfera di gratuità "positiva", quella della fede rivelata, al cui centro è l'incarnazione del Verbo di Dio, di Cristo.» (dalla premessa di Giulio Colombi)
L'attenzione rivolta da Guardini verso il vescovo di Ippona è motivata dal fatto che «Agostino ha stabilito un legame non solo dall'antichità al Medioevo, ma anche all'antichità all'epoca moderna. I pensatori e i maestri spirituali del Medioevo hanno attinto a piene mani dai suoi scritti, ma molti dei suoi interrogativi sono rimasti a loro estranei. A questi appartiene in primo luogo quello riguardante il modo con cui il singolo uomo si trova nell'esistenza. Quando Agostino lo pose, stavano crollando i sistemi di difesa e di sostegno che costituivano un cosmo attorno all'uomo antico e davano alla sua esistenza un'autocomprensione. [...] Ciò qualificò quest'uomo appena fattosi cristiano a sperimentare la realtà dell'esistenza personale e a vedere i problemi che ne derivavano in una maniera e con una acutezza tali che erano mancate all'antichità. Ugualmente però erano anche mancate al Medioevo». Solo nell'epoca moderna, con Pascal, riaffiora la temperie agostiniana, riemerge la potenza di un interrogare che trova nelle Confessioni «una delle manifestazioni più pure della moderna esperienza esistenziale». Postfazione di Massimo Borghesi
Che significato ha la preghiera dal punto di vista antropologico? Quale funzione esercita nel complesso della vita spirituale? Perché la sua efficacia è rinnovata e accentuata per la psiche dell'uomo contemporaneo? Sono alcuni degli interrogativi cui Guardini risponde in un'opera non volta a un'indagine teologica di scuola, ma a chiarire significato, forma, valore, condizioni, manifestazioni diverse, difficoltà della preghiera, e ad accostarne le ricchezze alle anime assetate dell'«acqua viva». L'autore ci aiuta a cogliere la sostanza dell'orazione: la lode, l'adorazione, il ringraziamento di fronte al Dio del pensiero e della fede, alla Trinità; la venerazione di Maria e dei Santi; la preghiera individuale e inventiva e quella ricevuta e tradizionale; la liturgia e la preghiera popolare. Le precisazioni sottili, le analisi fini, l'equilibrio armonioso delle pagine rivelano l'esperienza spirituale, sia personale che nella cura d'anime, oltre all'approfondimento dottrinale.
Il volume raccoglie gli scritti editi e inediti di Romano Guardini su Dostoevskij. Le figure religiose nelle sue opere: il popolo, le donne devote, i miti e il sacro, gli uomini spirituali, il pellegrino Makàr, l'angelo, la ribellione, La Leggenda del Grande Inquisitore e Ivan Karamazov, Kirìllov, il simbolo di Cristo, la figura di M?skin, l'Idiota. I temi: il paganesimo, l'ateismo, l'espressione religiosa e il male, il tramonto dei valori cristiani. Come afferma Guardini emerge "l'intensità religiosa" e "il modo di esprimere il sacro" nella "creazione di Dostoevskij".
Nel 1841 fu pubblicato il libro di Ludwig Feuerbach, L'essenza del Cristianesimo, nel 1907 quello di Adolf von Harnack con lo stesso titolo. I due celebri scritti, che tante controversie accesero nel mondo cristiano e fuori di esso, appaiono, il primo, distruttivo e, il secondo, riduttivo di ciò di cui intendevano precisare l'essenza: né certo la religione "umanistica" feuerbachiana, né l'orientamento "liberale" harnackiano con la limitazione drastica del kérygma evangelico alla sola proclamazione del Regno, sono adeguati all'oggetto della loro indagine. Con quest'opera, che in brevi ma incisive pagine affronta il medesimo sgomentante tema, Romano Guardini propone alcune idee fondamentali sull'essenza di quella realtà che ha inserito nella storia del mondo l'esigenza tormentosa e beatificante della scelta: il messaggio di vita divina, l'annuncio di salvezza, la rivelazione della verità trascendente nel Cristo. Quest'essenza, messa a confronto con la sostanza di altre predicazioni "religiose" come quella buddhistica, l'eleva da esse nella sua assoluta eterogeneità: non è un discorso di consolazione, non è un metodo etico, non è un'elaborazione teoretica dell'esistenza umana e del mondo.
Come pensare oggi, alla fine dell'epoca moderna, la formazione in senso cristiano di un giovane? Con un gesto felicemente inattuale, in questo libro Guardini disegna le figure ideali di un'educazione: dalla rettitudine del cuore e della parola alla dignità del donare e ricevere, dalla necessità della preghiera alla concezione cristiana della libertà e dello Stato. Figure in cui il soggetto cristiano - la coscienza - ritrova le tappe della sua autoformazione. Ma l'importanza del libro sta anche nello stile della scrittura. Guardini si rivela qui maestro di quella particolare forma di comunicazione che è la lettera: un rapportarsi all'interlocutore mantenendone l'alterità, ovvero rispettandolo nella sua intima vocazione. Quasi che in queste lettere Guardini abbia sintetizzato la cifra dell'agàpe cristiana: cristiano è chi sta, al cospetto dell'Altro e degli altri, in perenne tensione caritativa.
Anticipazione del dibattito sul postmoderno, La fine dell'epoca moderna (1950) è il luogo in cui Guardini dà il meglio di sé come filosofo e teologo. Con radicalità teoretica e sensibilità letteraria, delinea l'affermarsi dell'idea di modernità, che si compie e disintegra con la prima guerra mondiale. Non è la logica stessa del moderno - si chiede - a metter capo a un inaspettato ritorno del caos, interno ed esterno? «L'uomo sta nuovamente di fronte al caos... In questo secondo caos si sono riaperti tutti gli abissi delle origini». Che ne è del kerygma cristiano in quest'epoca che «non ha ancora un nome»? Con disincanto Guardini rigetta ogni nostalgia restauratrice. Certo, all'altezza dei tempi «la solitudine della fede sarà tremenda»; ma non v'è qui un kairós provvidenziale? «La fede diviene più parca, ma anche più pura e più grave»: una fede in cui rivive l'idea cristiana di persona. E gli scuotimenti della nuova epoca non comportano la necessità di reinterrogare i fondamenti del concetto di Potere? È quanto compiuto nel secondo saggio qui raccolto (1951), un'analisi lucida e attuale delle radici teologiche e antropologiche del potere.
Che cos'è un libro? Come oggetto e come possibile chiamata dell'uomo? Partendo da questi interrogativi, Guardini traccia una vera e propria esperienza del libro: da come esso è nella sua esteriorità - la grafica, la rilegatura, la copertina... - a come è in sé: ciò che in esso ci interpella. Il libro non è infatti il luogo della memoria, delle tensioni e delle speranze in cui ne va dell'esistenza stessa? L'Elogio di Guardini, rovesciando le credenze comuni, ci conduce a questa scoperta: «Il libro è [...] veramente quintessenza e simbolo della vita umana».