Il libro raccoglie il materiale di sei conferenze e diventa occasione per riflettere sulla distanza fra l'uomo ipoteticamente senza connotazioni e l'uomo connotato. La definizione "l'altro"/"gli altri" può venir intesa come l'altro da sé, come l'individuo contrapposto agli altri individui, ma anche l'altro che affonda le radici nella diversità di sesso, generazione, nazionalità, religione. Attraverso il reportage (che secondo Kapuscinski è il genere letterario più collettivo che esista) l'autore ricorda gli interlocutori incontrati sulle strade del mondo, quelli che raccontano la storia della loro vita o che parlano della società alla quale appartengono. Questi interlocutori sono persone fatte da due parti spesso difficili da separare. Una è l'uomo chiunque, l'altra, sovrapposta e intrecciata alla prima, è l'identità razziale, culturale e religiosa. Le due parti non appaiono mai distinte, allo stato puro e isolato, ma convivono influendo l'una sull'altra. Kapuscinski fornisce in questo lavoro il suo punto di vista sulla percezione culturale delle persone.
Ryszard Kapuscinski, autore di memorabili reportage dall'Africa, dall'Asia, dal Sudamerica - tradotti in trenta lingue - incontra a Bolzano, nell'ottobre del 2006, nel suo ultimo viaggio (il grande reporter polacco muore nel gennaio 2007), un gruppo di studenti trentini che avevano letto e discusso i suoi libri. Ne nasce un dialogo intenso e sincero che affronta i grandi temi del nostro tempo: la globalizzazione, l'incontro-scontro tra le culture, l'urgenza della reciproca comprensione, la povertà e le disuguaglianze, la democrazia, la rivoluzione, la vita quotidiana dell'umanità semplice ignorata dai media, il dominio di internet; e poi il deserto, il silenzio, il caldo torrido, il freddo paralizzante, Dio, la poesia, la guerra,... Quasi un "testamento morale".
Da un materiale di migliaia di pagine e di oltre cento conversazioni, è stata ricavata una scelta, distribuita tematicamente in varie sezioni: le origini di Kapuscinski, le ragioni che lo hanno portato a scegliere la professione di reporter, il suo approccio alla materia, la sua visione del mestiere, il modo di scrivere, gli stili adottati, le tematiche dei singoli libri, la profonda trasformazione del mestiere di reporter rispetto all'epoca in cui non imperversavano i media. Questo libro è un'occasione per comprendere i ferri del mestiere di un grande reporter e il modo di adoperarli sia dal punto di vista tecnico che morale. Per conoscere la profonda etica umana e ontologica di un uomo cresciuto nella miseria più nera che nel suo lavoro mette al primo posto la comprensione e il rispetto per le sofferenze degli altri. Dietro alla professionalità di Kapuscinski sta infatti qualcosa di molto speciale, di mite e nello stesso tempo durissimo: la vocazione.
Un gorilla nello zoo ad Abu Dhabi. Un contadino nella foresta polacca di Bolimowska. Le foglie dell'ippocastano ingiallite in un autunno berlinese. Con il fiuto del reporter valoroso, Kapuscinski si insinua fra passato e presente, fra un luogo del mondo e l'altro e, ogni volta, in ogni occasione, scatta una straordinaria, fulminea, intelligenza degli uomini e delle cose. Questo volume è un libero intarsio di meditazioni che traggono ispirazione dai viaggi, dalle letture, dalle riflessioni, dall'esperienza. Dalla pagina di diario all'analisi politico-economica, dal resoconto di incontri con artisti e intellettuali (ma anche con la vicina di casa) alla lettura di libri, classici e recenti, alle suggestioni che gli arrivano dal cinema e dalla musica, Kapuscinski si rivela un osservatore acutissimo e uno scrittore coinvolgente, capace di tenere insieme il variare degli scenari e delle sollecitazioni con la formidabile duttilità della narrazione. Che parli di televisione, giornalismo, letteratura, cinema, musica pop o comunicazione in genere, Kapuscinski sfronda le informazioni e mette in guardia da ciò che è futile o solo marginale. Tra le pietre miliari che compongono il suo lapidario non poche indicano "direzione pericolosa".
Ryszard Kapuscinski, autore di memorabili reportage dall'Africa, dall'Asia, dal Sudamerica - tradotti in trenta lingue (in Italia è pubblicato da Feltrinelli) - incontra a Bolzano, nell'ottobre del 2006, nel suo ultimo viaggio (il grande reporter polacco muore nel gennaio 2007), un gruppo di studenti trentini che avevano letto e discusso i suoi libri. Ne nasce un dialogo intenso e sincero che affronta i grandi temi del nostro tempo: la globalizzazione, l'incontro-scontro tra le culture, l'urgenza della reciproca comprensione, la povertà e le disuguaglianze, la democrazia, la rivoluzione, la vita quotidiana dell'umanità semplice ignorata dai media, il dominio di internet; e poi il deserto, il silenzio, il caldo torrido, il freddo paralizzante, Dio, la poesia, la guerra,... . Quasi un "testamento morale". Con la prefazione di Alicja Kapuscinska, vedova dello scrittore, e l'introduzione di Paolo Rumiz, inviato di "Repubblica". "Nell'ottobre 2006 ha visitato di nuovo l'Italia. Proprio allora, durante la visita a Bolzano, ha incontrato i giovani e, come diceva, è stato uno degli incontri più belli della sua vita". Alicja Kapuscinska"Il maestro era felice, adorava stare tra i giovani, lontano dalle telecamere. Costruì il suo cenacolo intorno alla stufa...". Paolo Rumiz
La pubblicazione presenta la "lectio magistralis" tenuta da Ryszard Kapuscinski all'Università di Udine il 16 maggio 2006, in occasione del conferimento della laurea magistrale "honoris causa" in "Traduzione e mediazione culturale. Lingue dell'Europa centrale e orientale. Con la consueta "verve', in uno stile chiaro e incisivo, il grande scrittore polacco propone un agile "excursus' nella secolare storia del rapporto dell'uomo con l'altro e con l'altrove: proprio nella necessità di rinnovare il nostro modo di concepire l'incontro con l'altro consiste la sfida del nuovo secolo
Il giornalista polacco ripercorre le proprie vicende, raccontando retroscena finora ignorati delle sue storie: dall'infanzia povera a quando, fresco laureato, venne mandato allo sbaraglio prima in India e poi in Cina, senza conoscere niente di quei paesi. Ci rivela le difficoltà incontrate e, di fronte a queste difficoltà, il suo punto di riferimento, il testo da leggere e rileggere è sempre stato Erodoto. Per Kapuscinski Erodoto è stato non tanto uno storico, quanto il primo vero reporter della storia: il suo bisogno di viaggiare, di toccare con mano, di raccogliere dati, paragonarli ed esporli, con tutte le necessarie riserve che è giusto nutrire riguardo alle storie riferite da altri, fa di Erodoto un giornalista a pieno titolo.
1958: un giornalista venticinquenne irrequieto parte per l'Africa dove, tra andate e ritorni, rimarrà per circa dieci anni. A quel tempo il mondo s'interessava veramente a quello strano continente, muto per secoli, che cominciava a parlare e a far parlare di sé. "L'Africa era un enigma, un mistero, nessuno sapeva che cosa sarebbe successo quando trecento milioni di individui avrebbero drizzato la schiena e chiesto il diritto di parola. In Africa cominciavano a nascere degli stati, gli stati compravano armi e molti giornali stranieri si chiedevano se tutto il continente non stesse per muovere alla conquista dell'Europa." E così, nel caldo soffocante del continente, Kapuscinski arriva in Ghana, poi in Congo dove assiste allo smarrimento della popolazione quando Lumumba viene assassinato; poi in Tanganika, Sudafrica, Algeria, ogni volta nei momenti più caldi, all'esplodere di rivolte e rivoluzioni, tentando sempre di capire cosa sta succedendo e perché. Nel 1967 Kapuscinski rientra in Polonia ma non riesce a diventare un giornalista stanziale. Nell'autunno, parte per un viaggio di cinque anni in America Latina. Altro continente povero, dove si svolgono guerre povere, come quella scoppiata nel 1969 tra l'Honduras e il Salvador. "I piccoli stati del Terzo, Quarto e di tutti gli altri mondi possono sperare di suscitare qualche interesse solo quando decidono di spargere sangue. Triste ma vero," conclude Kapuscinski.