Viaggiatore curioso e acuto, Kapuscinski si cala nel continente africano e se ne lascia sommergere, rifuggendo tappe obbligate, stereotipi e luoghi comuni. Abita nelle case dei sobborghi più poveri, brulicanti di scarafaggi e schiacciate dal caldo, si ammala di tubercolosi e si fa curare negli ambulatori locali; rischia la morte per mano di un guerrigliero; ha paura e si dispera. Ma non rinuncia mai allo sguardo lucido e penetrante del reporter, all'affabulazione del narratore: che parlino di Amin Dada o della tragedia del Ruanda, di una giornata in un villaggio o della città di Lalibela, tassello dopo tassello le pagine di "Ebola" compongono il mosaico di un mondo carico di un'inquieta e violenta elettricità.