Abitualmente la criminologia si occupa di atrocità che si possono considerare eccezioni. Il volume si interroga invece sul perché interi popoli possano rendersi responsabili di massacri e poi tornare alla loro normalità.
La risposta a questa domanda si è cercata soprattutto analizzando l’antisemitismo nazista, inteso come matrice di ogni razzismo, ma ci si è soffermati anche su manifestazioni recenti di “paura dell’altro”, citando molte ricerche. I fattori che determinano la possibilità che persone comuni compiano eccidi possono essere ricondotti, in sintesi, all’idea che gli altri siano diversi da noi; da qui quella spiegazione che vede nella diversità radicale la causa anche del delitto: la “criminologia dei pochi”, appunto, che porta alla “criminalità dei molti”. Rimane, a questo punto, un’ultima domanda: la storia potrà vacillare di nuovo?
Un serial killer autore di efferati delitti non ne è responsabile perché "il colpevole è il cervello", perché non è che una marionetta manovrata dalla costituzione neuronale, come affermano alcuni neuroscienziati deterministi? Per rispondere a questa fondamentale domanda, il volume affronta la contrapposizione tra libero arbitrio e determinismo secondo la filosofia e secondo le differenti teorie criminologiche che, da Lombroso a oggi, si sono poste tale problema. La conclusione è in favore della libertà morale, anche se si tratta di una libertà morale condizionata da molti fattori biologici e sociali. Il discorso prosegue prendendo in esame le scoperte delle neuroscienze. Particolare attenzione è riservata all'ambito del neurodiritto, alle applicazioni in psicopatologia forense dei dati neuroscientifici che implicano o meno la responsabilità penale degli autori di gravi delitti.