Un giorno, a ventinove anni, Murakami è allo stadio a guardare una partita di baseball quando, osservando la traiettoria della palla finire nel guantone di un giocatore, ha come un'illuminazione: lui, un giorno, diventerà uno scrittore. Tornato a casa, sul tavolo della cucina inizia a scrivere un romanzo e poi un altro ancora: Ascolta la canzone del vento e Flipper, che raccontano la storia di un ragazzo di vent'anni con la voglia sfrenata di scrivere un «romanzo bello». Nel frattempo, però, fuma, beve, pensa alle ragazze con cui in passato ha fatto l'amore. Le cataloga, le evoca. E chiacchiera con un suo amico, ancora più cinico e disilluso di lui, nella convinzione di poter trasformare la realtà con le parole. Ma l'età adulta è li ormai a un passo e il tempo non può fare sconti a nessuno.
Le biblioteche contengono storie. Le storie contengono universi. E certi universi possono essere molto pericolosi. Una fiaba misteriosa sul potere della lettura: liberarci dalla prigione dell'infelicità.
Una mattina Gregor Samsa si sveglia in un letto e scopre con orrore di essersi trasformato in un essere umano. Non ricorda nulla della sua vita precedente. Che fine ha fatto lo spesso carapace che lo proteggeva? E perché adesso è ricoperto da questa sottile, delicata pelle rosa? Chi, o cosa, era prima di quel risveglio? Insomma, adesso Samsa dovrà adattarsi alla nuova e "mostruosa" condizione di uomo. Quando però alla sua porta bussa una ragazza il cui fisico è deformato da un'enorme gobba, Samsa dovrà fare i conti con qualcos'altro di sconosciuto: il desiderio e l'erotismo visto con gli occhi nuovi di chi sa andare oltre le apparenze. Habara, il protagonista di "Shahrazàd", è un uomo solo, confinato in una casa nella quale gli è vietato ogni contatto col mondo. Non sapremo mai perché, e in fondo non è importante: quello che sappiamo è che il suo unico svago sono le visite regolari di una donna misteriosa che lo rifornisce di libri, musica, film... e sesso. Ma soprattutto gli racconta delle storie, proprio come faceva Shahrazàd. E in queste storie Habara si tuffa come un bambino, finalmente libero. Ecco, è proprio questo che vive il lettore di Murakami: la sensazione di inoltrarsi in un altro universo, di essere "come una lavagna pulita con uno straccio umido, libero da preoccupazioni e brutti ricordi". Almeno fino alla storia successiva.
1984, Tokyo. Aomame è bloccata in un taxi nel traffico. L'autista le suggerisce, come unica soluzione per non mancare all'appuntamento che l'aspetta, di uscire dalla tangenziale utilizzando una scala di emergenza, nascosta e poco frequentata. Ma, sibillino, aggiunge di fare attenzione: "Non si lasci ingannare dalle apparenze. La realtà è sempre una sola". Negli stessi giorni Tengo, un giovane aspirante scrittore dotato di buona tecnica ma povero d'ispirazione, riceve uno strano incarico: un editor senza scrupoli gli chiede di riscrivere il romanzo di un'enigmatica diciassettenne così da candidarlo a un premio letterario. Ma "La crisalide d'aria" è un romanzo fantastico tanto ricco di immaginazione quanto sottilmente inquietante: la descrizione della realtà parallela alla nostra e di piccole creature che si nascondono nel corpo umano come parassiti turbano profondamente Tengo. L'incontro con l'autrice non farà che aumentare la sua vertigine: chi è veramente Fukada Eriko? Intanto Aomame (che pure non è certo una ragazza qualsiasi: nella borsetta ha un affilatissimo rompighiaccio con cui deve uccidere un uomo) osserva perplessa il mondo che la circonda: sembra quello di sempre, eppure piccoli, sinistri particolari divergono da quello a cui era abituata. Finché un giorno non vede comparire in cielo una seconda luna e sospetta di essere l'unica persona in grado di attraversare la sottile barriera che divide il 1984 dal 1Q84. Ma capisce anche un'altra cosa: che quella barriera sta per infrangersi.
"Tengo, dove sei?" Ci sono amori che devono attraversare universi per incontrarsi. Ci sono amori che devono superare ostacoli, difficoltà, avversari, enigmi. Amori che devono, soprattutto, vincere le paure interiori inquietanti e terribili come piccole creature che albergano dentro di noi per poter creare a propria volta un mondo in cui non ci sia più la paura, un mondo nuovo in cui essere al sicuro in due. Aomame e Tengo vivono da sei mesi in una realtà che non è la loro, un mondo "al di là dello specchio" su cui brillano due lune. Divisi e braccati, costantemente in pericolo di vita, sembra che tutto congiuri per impedire che si incontrino. Sulle loro tracce, oltre la setta Sakigake e forze ancora più sfuggenti e misteriose, adesso c'è anche l'investigatore privato Ushikawa, un ostinato segugio il cui bizzarro aspetto fisico (guardarlo "era come trovarsi di fronte a uno specchio deformante, e tuttavia nitido in modo spiacevole") si accompagna ad un intuito strepitoso. Ushikawa, però, è anche il terzo, inedito punto di vista che, alternandosi a Tengo e Aomame, accompagna il lettore nella vertiginosa conclusione di 1Q84. Qui Murakami tira le fila di tutte le trame, i personaggi, gli enigmi con cui ha costruito la sua narrazione: le domande, le coincidenze, i misteri daranno corpo a una nuova verità, come una costellazione che all'improvviso rivela il suo disegno. Murakami ha creato un universo per raccontarci come si creano gli universi.
Una donna attraversa la routine di giorni tutti uguali finché qualcosa di inaspettato irrompe nella sua vita: smette di dormire. Quello che all'inizio sembra un dono diventa la porta di accesso a una realtà segreta e inquietante.
Tokyo, 1984. Aomame è un'assassina spietata e fragile. In minigonna e tacchi a spillo, vendica tutte le donne che subiscono violenza, con una tecnica micidiale e invisibile. Tengo è un ghost writer che deve riscrivere un libro inquietante, pericoloso come una profezia. Entrambi si giocano la vita in una storia che sembra destinata a farli incontrare. Ma quando Aomame vede sorgere in cielo una seconda luna, capisce che, forse, non potranno condividere neppure la stessa realtà...
A Nagoya abitano cinque ragazzi, tre maschi e due femmine, che tra i sedici e i vent'anni vivono la più perfetta e pura delle amicizie. Almeno fino al secondo anno di università, quando uno di loro, Tazaki Tsukuru, riceve una telefonata dagli altri: non deve più cercarli. Da quel giorno, senza nessuna spiegazione, non li vedrà mai più: non ci saranno mai più ore e ore passate a parlare di tutto e a confidarsi ogni cosa, mai più pomeriggi ad ascoltare la splendida Shiro suonare Liszt, mai più Tsukuru avrà qualcuno di cui potersi fidare. Il dolore è cosi lacerante che nel cuore del ragazzo si spalanca un abisso che solo il desiderio di morire è in grado di colmare. Dopo sei mesi trascorsi praticamente senza mangiare né uscire di casa, nelle tenebre di un'infelicità senza desideri, Tzukuru torna faticosamente alla vita ma scopre di essere cambiato. Non solo nel fisico - più magro, dai lineamenti più duri e taglienti - ma anche, soprattutto, nell'animo. Ancora oggi, quando ormai ha trentasei anni, continua a vivere con l'ombra di quel rifiuto che lo accompagna sempre, come una musica che resta sospesa nell'aria anche quando non c'è più nessuno a suonarla. L'incontro con Sara, che intuisce l'inquietudine nascosta dietro l'apparente ordinarietà di Tsukuru, sarà l'occasione per rispondere a quelle domande che per sedici anni l'hanno ossessionato ma che non ha mai avuto il coraggio di affrontare.
Fino ad allora Hajime aveva vissuto in un universo abitato solo da lui: figlio unico quando, nel Giappone degli anni Cinquanta, era rarissimo non avere fratelli o sorelle, aveva fatto della propria eccezionalità una fortezza in cui nascondersi, un modo per zittire quella sensazione costante di non essere mai lì dove si vorrebbe veramente. Invece un giorno scopre che la solitudine è solo un'abitudine, non un destino: lo capisce quando, a dodici anni, stringe la mano di Shimamoto, una compagna di classe sola quanto lui, forse di più: a distinguerla non c'è solo la condizione di figlia unica, ma anche il suo incedere zoppicante, come se in quel passo faticoso e incerto ci fosse tutta la sua difficoltà a essere una creatura di questo mondo. Quando capisci che non sei destinato alla solitudine, che il tuo posto nel mondo è solo là dove è lei, capisci anche un'altra cosa: che sei innamorato. Ma Hajime se ne rende conto troppo tardi - è uno di quegli insegnamenti che si imparano solo con l'esperienza - quando ormai la vita l'ha separato da lei. Come il dolore di un arto fantasma, come una leggera zoppia esistenziale, Hajime diventerà uomo e accumulerà amori, esperienze, dolori, errori, ma sempre con la consapevolezza che la vita, la vita vera, non è quella che sta dissipando, ma quell'altra, quella che sarebbe potuta essere con Shimamoto, quella in un altrove indefinito, a sud del confine, a ovest del sole. Una vita che forse, venticinque anni dopo, quando lei riappare dal nulla, diventerà realtà.
Murakami Haruki ha gestito un jazz club per molti anni prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura: ecco, leggendo "Ritratti in jazz" si ha l'impressione di essersi appena seduti a uno dei tavoli del locale a bere qualcosa mentre un vecchio amico, Murakami stesso, ti racconta quello che stai ascoltando. Il tono è confidenziale, caldo, privo di specialismi, eppure pieno di informazioni, curiosità, aneddoti, di cose che si scoprono. Quello, però, che più colpisce è la passione sincera e bruciante che ogni "ritratto" trasmette: Murakami riesce veramente a farti "sentire" il brano o il disco in questione. Ritratti in jazz regala al lettore un Murakami allo stesso tempo inedito e riconoscibile. Riconoscibile perché il jazz, ancora più della corsa, è una passione che forma l'ossatura stessa della sua opera creativa. I suoi romanzi sono pieni di jazz, allusioni a dischi e musicisti: in un'ipotetica ricetta della poetica murakaminiana l'ingrediente "jazz" è fondamentale e i suoi lettori lo sanno bene. Inedito perché mai come in questo libro si ha l'impressione di sentire la voce autentica e senza mediazioni narrative di Murakami, come se il lettore entrasse nel suo mondo più quotidiano e genuino. Il libro è composto da cinquantacinque schede che, a partire dal ritratto di un musicista dipinto dall'artista Wada Makoto, commentano un disco storico. Ogni scheda, nelle mani di Murakami, diventa un piccolo racconto, un frammento di memoria autobiografica o il fulmineo ritratto di un artista, di un'epoca.