Lui si chiama Publio Cornelio Scipione, ma i posteri lo conosceranno con un solo nome: l'Africano. A lui - in un momento terribile per la Repubblica - il compito di rimettere la Storia sulla retta via e proteggere Roma dalla minaccia più grande: quella di Cartagine. Ma i nemici si annidano anche a Roma, dove il senatore Quinto Fabio Massimo, con un colpo da maestro, obbliga Scipione ad accettare una missione apparentemente senza speranza: condurre le legioni V e VI, le cosiddette "legioni maledette" stanziate in Sicilia, in una campagna contro Asdrubale Barca, fratello di Annibale. Così Quinto Fabio Massimo pianifica, in realtà, di disfarsi dell'Africano. Ma il giovane Scipione ha più di una freccia al suo arco, e una disfatta apparentemente certa si trasformerà nell'inizio di un trionfo senza pari.
Roma, 235 a.C. Il senatore Publio Cornelio Scipione, avido lettore di tragedie greche, è pronto ad assistere a una delle prime rappresentazioni teatrali messe in scena nella capitale. Non sa che quel giorno si sta compiendo la Storia. Perché poco dopo l'inizio dello spettacolo, un servo arriva a chiamarlo. È nato suo figlio: si chiamerà come lui, Publio Cornelio Scipione, ma sarà ricordato nei secoli a venire con un altro nome: l'Africano. L'uomo destinato a salvare l'Impero, e impedire che la civiltà romana venga cancellata. Perché Roma, in quell'ultimo spicchio del III secolo, è in pericolo. A minacciarla c'è l'esercito più potente che la capitale dell'Impero si sia mai trovata a fronteggiare, guidato da uno dei condottieri più abili e spietati che la Storia ricordi. Annibale, che col suo esercito di soldati ed elefanti è pronto ad attraversare le Alpi, e a dare alla Storia un corso inimmaginabile. Tra Scipione e Annibale si consumerà una battaglia all'ultimo sangue. In palio, c'è il destino di un mondo.
96 d.C. Ai confini settentrionali dell'Impero romano, sotto una pioggia inclemente, alcuni uomini sono segretamente riuniti. Le labbra serrate, gli sguardi accesi, sulle loro spalle pesa una grande responsabilità. Mentre i Germani a nord e i Daci a est serrano sempre più la morsa, nella Capitale l'imperatore Domiziano, uomo debole e crudele, sperpera il denaro pubblico, condannando a morte chiunque osi mettersi contro di lui. In questo panorama desolante, l'ipotesi di una congiura ai suoi danni non può che trovare terreno fertile, facendo proseliti tra i membri del Senato e persino tra i suoi stessi familiari, prima tra tutti la moglie Domizia Longina, stanca delle continue violenze subite. Con il rischio di una guerra civile che si fa sempre più concreto, solo un uomo può fare la differenza. E Marco Ulpio Traiano, comandante di grande valore ed equilibrio, amato dalle truppe e stimato dai senatori. Nato lontano dal suolo italico, di fronte al suo carisma, neppure le origini ispaniche saranno d'ostacolo quando il popolo di Roma avrà bisogno di una nuova guida.