Per anni i sardi sono stati privati dei capolavori del loro cinema. Elementi costitutivi dell'identità culturale e artistica, specchio fedele dei cambiamenti sociali e politici della Sardegna, come le opere di Costantin Costa-Marras e Michael Zimino, le interpretazioni indimenticabili di Leonardo di Cabras, Russell Crobu e Alain Delogu, erano da tempo immemore introvabili. Ora sono nuovamente disponibili: dal romantico e stucchevole "Lollove story" alle garrule commedie "Capretti woman" e "Straziami ma di orbaci saziami", dal filone d'impegno civile "La classe operaia va in Costa Paradiso" al western "Lo chiamavano Trinità d'Agultu". Una spassosa scorribanda tra titoli, attori e altro ancora.
Le grandi sciagure a volte hanno enormi meriti storici. È il caso di Pompei, che dalla immane eruzione del Vesuvio fu trasformata in una miniera di informazioni e testimonianze inestimabili. E così è stato anche per l'abolizione dei contributi regionali all'editoria: un enorme catalogo di romanzi e saggi sardeschi, destinato a essere pubblicato alla spicciolata per finire poi dimenticato nei magazzini dell'assessorato o in tristissimi pacchi dono natalizi, fu congelato un istante prima della stampa. Quei libri li abbiamo ritrovati così, tutti insieme, dimenticati: un corpus unico, omogeneo, che nell'arco di 100 titoli descrive la parabola della nouvelle-nouvelle vague della narrativa isolana. Ci restano i titoli e le sinossi, indizi sufficienti per intravedere almeno il bagliore di opere come Pirri Calzelunghe e Il libro della giunta, e per rimpiangere il lascito di autori come Italo Calvisi e Thomas Mannu.