La vita di Dostoevskij è «un’opera d’arte, una tragedia, un destino». Per Stefan Zweig, nella biografia dei geni non solo possiamo scoprire la radice dei loro capolavori, ma anche la chiave per interpretarli e comprenderli. In questo libro, il saggio letterario e il ritratto psicologico s’intrecciano, si rispecchiano e si fondono l’uno nell’altro. Analizzando minuziosamente il volto segnato del grande scrittore russo, Zweig ne elenca le tragedie, le passioni e i rovesci, cerca con parole appassionate di rendere la grandezza spaventosa dell’opera e la sua spietata rivolta contro il destino. Mostra come Dostoevskij riuscisse a vivere fino in fondo anche le sofferenze più atroci, quelle dalle quali gli altri escono schiantati, e trarne ragione di vita e di scrittura. La povertà, l’epilessia, la deportazione in Siberia sono per lui la strada che scende nelle profondità dell’animo umano e lo eleva verso l’assoluto. E così il crimine e il vizio sono vissuti sia come caduta sia come missione. Il martirio e il peccato sono allora il nutrimento di un’arte che rifiuta ogni limite, attraversata da dualismi irrisolvibili e feroci: l’anelito alla fratellanza e il nichilismo, un sarcastico materialismo e il bisogno di Dio. La trascinante lettura di Zweig diventa così una riflessione sui confini e gli abissi della creazione attraverso l’opera di uno scrittore che si era imposto di esplorarli anche a costo della sua stessa vita.