Nel cuore del Barrio de las Letras, il quartiere più bohémien di Madrid, tra stradine pedonali e piazzette ombreggiate, proprio dove si narra che abbiano vissuto Cervantes e Lope de Vega, esiste una piccola oasi verde ricca di fascino e profumi: il Giardino dell'angelo, il regno fiorito di Olivia. Nel suo negozio, all'ombra di un ulivo secolare, si incrociano le vite di cinque donne che comprano fiori. All'inizio nessuna lo fa per sé: una li compra per un amore segreto, un'altra per l'ufficio, la terza per la vecchia madre, la quarta per dipingerli e l'ultima, Marina, per una persona che non c'è più. Dopo la perdita del marito, infatti, Marina si sente completamente smarrita: ha occupato la poltrona del co-pilota per troppo tempo, lasciando a lui il timone della propria vita. Mentre cerca disperatamente un modo per rimettersi in piedi, si imbatte in Olivia e accetta di lavorare nel suo negozio. Lì conoscerà altre donne molto diverse tra loro, ma che, come lei, si trovano in un momento cruciale della propria esistenza per motivi lavorativi, sentimentali, familiari o di realizzazione personale...
Diciottenne appena uscito dal liceo, Karl Ove Knausgård va a vivere in un piccolo villaggio di pescatori nell'estremo Nord della Norvegia, sul Circolo polare artico. Lo attende il suo primo lavoro da insegnante, anche se Karl Ove non mostra grande interesse per la professione. Il suo obiettivo e mettere da parte i soldi per viaggiare e trovare spazio e tempo per dare avvio alla sua carriera di scrittore. All'inizio tutto sembra andare bene: nascono i primi racconti, la bizzarra gente del posto è interessante e riceve lusinghiere attenzioni da diverse ragazze. Ma quando le lunghe notti polari cominciano a oscurare il meraviglioso paesaggio, la vita di Karl Ove prende un'altra piega. Le storie che scrive tendono a ripetersi, beve sempre di più e i suoi tentativi di perdere la verginità finiscono in umiliazione e vergogna, fino all'attrazione proibita per una giovanissima allieva. E lungo la strada riemergono gli anni del liceo e le radici dei suoi problemi. Tutto, sempre, all'ombra del padre.
Condannato a quattro anni di deportazione seguiti da sei di confino, nella colonia penale Dostoevskij si ritrovò a toccare con mano il male, non soltanto nella sua forma metafisica, ma nella sua espressione concretamente brutale; e soprattutto si ritrovò a toccare con mano la presenza di un abisso incolmabile tra sè, intellettuale nobile, e i detenuti comuni, il popolo. Pur privato dei suoi diritti di nobile, pur sottoposto alle stesse regole e privazioni, l'autore non fu mai riconosciuto compagno dei suoi compagni - si trovò sempre di fronte alla stessa solitudine che avrebbe accompagnato il Raskol'nikov di "Delitto e castigo" nella prima fase della sua permanenza nella colonia penale. E, tuttavia, Dostoevskij divenne anche conscio di una nuova forma di consapevolezza. "Di sicuro per me non è stato tempo perduto", scriverà al termine della condanna. "Se anche non ho conosciuto la Russia, certo il popolo russo l'ho conosciuto bene, come pochi credo lo conoscano." Molti dei protagonisti delle sue opere future hanno un loro prototipo negli individui incontrati durante la permanenza nella colonia penale. "Memorie da una casa di morti" si focalizza sull'analisi psicologica del forzato: pur essendo ancora lontano dalla ricerca "dell'uomo nell'uomo" che si svilupperà a partire dalle "Memorie del sottosuolo", Dostoevskij già si sta muovendo in quella direzione: è la psicologia del forzato quello che lo interessa.
Da José Arcadio ad Aureliano, dalla scoperta del ghiaccio alla decifrazione delle pergamene di Melquíades: sette generazioni di Buendía inseguono un destino ineluttabile. Con questo romanzo tumultuoso che usa i toni della favola, sorretto da un linguaggio portentoso e da una prodigiosa fantasia, Gabriel García Márquez ha saputo rifondare la realtà e, attraverso Macondo, creare un vero e proprio paradigma dell'esistenza umana. Un universo di solitudini incrociate, impenetrabili ed eterne, in cui galleggia una moltitudine di eroi. Edizione del cinquantenario (1967-2017), con il dossier "Gabo racconta la nascita del romanzo".
Jules sa di essere un custode di ricordi, come dice Alva, ma questa non è solo la sua storia. È la storia di tre fratelli, Jules, Liz e Marty, che da piccoli perdono i loro genitori in un incidente e sono costretti a vivere separati e senza famiglia, estranei l'uno all'altro. Marty si butterà a capofitto negli studi, Jules sfuggirà alla vita diventando un introverso mentre Liz si brucerà alla sua fiamma, vivendo senza limiti. La loro infanzia difficile sarà come un nemico invisibile, da cui impareranno a difendersi. Più di ogni altra, questa è la storia di Jules e Alva. Due solitudini che si incrociano, si cercano e si mancano, inquiete, per anni. Jules e Alva sono incapaci di riconoscere quel che provano l'uno per l'altra, legati come sono dal bisogno di amicizia, con il loro perdersi, ritrovarsi e salvarsi. Ma questa è soprattutto la storia di chi, come Jules, serba i propri ricordi insieme a tutte le alternative che non ha scelto, pur sfiorandole e sperimentandole attraverso la letteratura e la musica. Dalla voce di un giovane e già osannato talento della narrativa tedesca, un grande romanzo sulla magia della scrittura che salva dal male.
"Il ministero della suprema felicità" ci accompagna in un lungo viaggio nel vasto mondo dell'India: dagli angusti quartieri della vecchia Delhi agli scintillanti centri commerciali della nuova metropoli, fino alle valli e alle cime innevate del Kashmir dove la guerra è pace, la pace è guerra e occasionalmente viene dichiaratolo «stato di normalità». Anjum, nuova incarnazione di Aftab, srotola un consunto tappeto persiano nel cimitero cittadino che ha eletto a propria dimora. Una bambina appare all'improvviso su un marciapiede, poco dopo mezzanotte, in una culla di rifiuti. L'enigmatica S. Tilottama è una presenza forte ma è anche un'assenza amara nelle vite dei tre uomini che l'hanno amata: tra loro Musa, il cui destino è indissolubilmente intrecciato al suo. Dolente storia di sentimenti e insieme vibrante protesta, "Il ministero della suprema felicità" si snoda tra sussurri e grida, tra lacrime e sorrisi. I suoi eroi, spezzati dalla realtà in cui vivono, si salvano grazie a una cura fatta di gesti d'amore e di speranza. Ed è per questa ragione che, malgrado la loro fragilità, non si arrendono.
Dopo "L'Ispanico", Santiago Posteguillo torna a raccontare le gesta di Marco Ulpio Traiano. Roma non fu mai così grande come sotto il suo dominio: primo imperatore nato fuori dalla penisola italica, in Hispania, Traiano governò un regno estesissimo, pieno di contraddizioni e lacerazioni. Eppure, non dimenticò mai di applicare la giustizia e la legge, ispirato dall'amore per l'onestà e la clemenza che lo contraddistingueva. Davanti a lui, negli anni, scorreranno come in parata la rivalità politica, la ragione e il sentimento, la violenza e l'onore, l'odio e la cattiveria, la meschinità e la lussuria, ma anche lampi di nobiltà e speranza. Starà a lui, l'Optimus Princeps, elevarsi al di sopra delle piccolezze umane, e governare come solo un vero imperatore sa fare. Un imperatore deciso a passare alla storia. Ma ci sono notti in cui la fiamma del tempio di Vesta tremola... e la ruota del destino comincia a girare. In quei momenti, tutto è possibile. Anche la morte di Traiano, che, nonostante tutto, molti vorrebbero... "Circo Massimo" è la prima parte del volume "Circo Maximo".
Alice adora mangiare cioccolata e dormire fino a tardi la domenica mattina. Ha ventinove anni, un marito e un figlio in arrivo. Ed e sfacciatamente felice, pur avendo le stesse preoccupazioni di tutti. Per lei l'amore ha il profumo di lavanda, la pianta che ha fatto crescere davanti a casa. La felicità è la risata gorgogliante di un bambino, oppure è galleggiare tra le onde a braccia aperte, sentendo il sole sulla faccia. La vita è semplice e meravigliosa, per Alice. C'è solo un problema: tutto ciò è successo dieci anni fa. Alice è inciampata durante una lezione di aerobica, è caduta e ha battuto la testa. Un incidente di nessun conto se non fosse che, quando ha ripreso conoscenza dopo pochi minuti, ha scoperto di essersi dimenticata in un lampo di un'intera fase della sua esistenza. In realtà, ha trentanove anni. Ha mille impegni ed è fissata con la linea e l'organizzazione, lei che non aveva mai posseduto neppure un'agenda. Ovviamente non è più incinta, e chi diavolo sono quei tre minimarziani che la chiamano mamma? È fredda e distaccata, sua sorella non le rivolge quasi più la parola e, quel che è peggio, sta per divorziare. Cosa è successo? Ora che Alice ha l'occasione di vedersi sotto una nuova luce, non si piace più. Come fare per ritrovare la ragazza spensierata di un tempo? Man mano che i ricordi emergono dal passato come bolle di sapone colorate, salterà fuori che dimenticare è la cosa più memorabile che sia mai successa ad Alice. E che forse, ogni tanto, per rimetterci in carreggiata e riscoprire ciò che di bello abbiamo perso per strada, abbiamo tutti bisogno di una piccola botta in testa...
Eduard Saxberger, borghese abitudinario, durante la solitaria giovinezza aveva accarezzato qualche ambizione letteraria e pubblicato una raccolta di poesie. Ma il tempo trascorso, o la tacita presa di coscienza della propria mediocrità, gli ha fatto quasi dimenticare quella prova giovanile. Se non che, con una copia del libro tra le mani, si presenta al «vecchio poeta» un giovane che si dichiara suo estimatore e, insieme alla vivace cerchia di amici, tutti sedicenti artisti, lo convince a tornare alla ribalta... Divertita denuncia della fatuità del mondo letterario dell'epoca, ritratto di grande finezza psicologica dei dubbi e delle paure che accompagnano la tensione creativa, questo testo colpisce e conquista per la sua straordinaria modernità e verità.
In un mondo devastato dalle radiazioni atomiche, gli Stati Uniti sono divenuti uno Stato totalitario, basato sul controllo del corpo femminile. Difred, la donna che appartiene a Fred, ha solo un compito nella neonata Repubblica di Galaad: garantire una discendenza alla élite dominante. Il regime monoteocratico di questa società del futuro, infatti, è fondato sullo sfruttamento delle cosiddette ancelle, le uniche donne che dopo la catastrofe sono ancora in grado di procreare. Ma anche lo Stato più repressivo non riesce a schiacciare i desideri e da questo dipenderà la possibilità e, forse, il successo di una ribellione. Mito, metafora e storia si fondono per sferrare una satira energica contro i regimi totalitari. Ma non solo: c'è anche la volontà di colpire, con tagliente ironia, il cuore di una società meschinamente puritana che, dietro il paravento di tabù istituzionali, fonda la sua legge brutale sull'intreccio tra sessualità e politica. Quello che l'ancella racconta sta in un tempo di là da venire, ma interpella fortemente il presente.
La centralità di Puskin nella letteratura russa fu a lungo discussa dopo la sua morte. Alcuni - tra cui Turgenev - gli contestavano il titolo di "poeta nazionale". Ma esiste una data, un giorno esatto, in cui La sua grandezza smise per sempre di essere messa in discussione. Quel giorno fu l'8 giugno del 1880, quando Dostoevskij pronunciò a Mosca il suo Discorso su Puskin. Il discorso segnò il destino dell'intera letteratura russa, fu un momento di catarsi collettiva che coinvolse tutti i presenti: «La sala sembrava presa da un attacco isterico... Persone sconosciute piangevano, singhiozzavano, si abbracciavano... Tutti, letteralmente tutti, piangevano per l'entusiasmo... Turgenev mi si è buttato al collo con le lacrime agli occhi... "Profeta! Profeta!", gridava la folla...», raccontò poi Dostoevskij in una lettera alla moglie.
Nell'estate del 1934, all'età di trentasette anni, Jacob Glatstein si mise in viaggio da New York a Lublino, in Polonia, per accorrere al capezzale della madre morente, attraversando l'Atlantico, la Francia e la Germania nazista e ripercorrendo in senso inverso la rotta delle migrazioni ebraiche in un momento in cui chi poteva tentava con ogni mezzo di fuggire dalla trappola europea. Il racconto di quel viaggio è più di un semplice romanzo, è un viaggio sperimentale, poetico e artistico alla scoperta di nuove modalità espressive, tra realtà e irrealtà. E, per l'autore, è un viaggio interiore, alla ricerca della sua identità, delle sue origini, del motivo profondo del suo essere al mondo e del suo essere ebreo. È anche un viaggio nel tempo, dove passato e presente, tradizione e modernità si sovrappongono in un dialogo serrato, e nella storia, dove il presente incombe minaccioso e la riflessione si fa politica e filosofica.