
La beata Benedetta Bianchi Porro è stata una giovane donna italiana morta soli 27 anni. Nonostante fosse afflitta dalla paralisi e dalla cecità fin dall'adolescenza a causa di una malattia degenerativa, ha vissuto una vita di profonda fede e di grande speranza. La sua testimonianza di gioia e accettazione della sofferenza ha ispirato molte persone. Beatificata, è riconosciuta come esempio di virtù eroiche e di santità nella vita quotidiana. È proprio per questo motivo che abbiamo dedicato a lei una pubblicazione in questa collana, prendendola come modello da imitare per diventare santi attraverso le sfide della vita quotidiana. In questo volume, don Andrea Vena tratteggia la vita della beata Benedetta Bianchi Porro intarsiando il racconto con le testimonianze dei fratelli e delle sorelle di Benedetta e offrendoci, inoltre, un'antologia tratta dalle sue lettere.
L'autore descrive con delicatezza e sincerità il percorso che lo porta a scoprire la forza della fede attraverso la vicinanza con Beatrice. La disabilità di Beatrice diventa così uno specchio che riflette la misericordia divina e apre la strada alla nascita di un gruppo di preghiera, un luogo dove la comunità si riunisce per condividere la propria fede e sostenersi reciprocamente nella Carità.
Vale la pena credere ancora nella storia del Dio vivente, essergli fedeli oggi, nonostante l'amicizia con Lui renda meno popolari del pane di segale integrale? Nel tono ironico di chi non ha nulla da perdere, questo libro prova a ragionarci su, soprattutto raccontando vite vere. Come quella di Stefano nella notte in cui corre sulle rotaie per salvare il figlio Claudio, o di Kate Middleton alle prese con una maternità sotto i riflettori. Storie di eroi sconosciuti, da Stanislav Petrov impantanato in una potenziale distruzione atomica a suor Maria Antonella, un passato di abusi e un presente a dirigere centri antiviolenza. E poi ci sono Carlo Acutis, padre Pino Puglisi, Chiara Corbella e molti altri. Si parla di successo, amore, dolori e desideri, si parla di persone. In fondo, se Dio s'è fatto uomo, forse per (ri)conoscerlo ancora vivo e presente dopo duemila anni è dall'uomo che bisogna ripartire. Lisa Zuccarini, classe 1983, è una madre di famiglia discretamente realizzata ma afflitta da problemi annosi, tra cui la pelle secca e l'inclinazione al cattolicesimo. Non è un medico anche se ha studiato medicina, non è una cuoca tuttavia pare cucini bene, non è una scrittrice ma questo è il secondo libro che scrive perché si diverte moltissimo a farlo. Le piace parlare di Dio senza prendersi troppo sul serio, d'altronde è l'unico modo che conosce per parlarne sul serio.
Figura che qualcuno ha definito il "san Paolo" di don Giussani (ossia, colui che ha fatto uscire dall'Italia, per portarla nel mondo, l'idea e l'avventura di Comunione e Liberazione), don Francesco Ricci è figura di pastore dalle mille prospettive e dai mille volti di evangelizzatore. Amico di Giussani, ha sviluppato con energia le potenzialità del Movimento da lui fondato con una forza divulgatrice che ha superato i nostri confini, spingendosi fino ai Paesi dell'Est (quando ancora esisteva il muro di Berlino) e al Sudamerica. Uomo davvero "per tutte le stagioni", Ricci ha lasciato come eredità anche una ricchezza culturale che questa raccolta di omelie riconsegna in tutta la sua freschezza e capacità di profezia. Amico fraterno di Karol Wojtyla, incontrò anche il Bergoglio vescovo in Argentina: papa Francesco stesso, in un'udienza, ha confessato di aver conosciuto don Luigi Giussani e il Movimento attraverso il dono di un suo libro da parte di don Francesco Ricci. Di lui monsignor Castellucci testimonia, nella Prefazione a questo volume: «Don Francesco, "il primo e più grande compagno di cammino", come lo definì don Giussani all'indomani della sua morte, il 30 maggio 1991, era così: un uomo che travalicava i confini, detestava la piccolezza d'animo e di orizzonti». Introduzione di Erio Castellucci. Postfazione di Livio Corazza.
Sei donna. Ti sposi. Magari arrivano figli. Magari di lavoro fai il medico, e ad alti livelli, quasi tuo malgrado. Ed ecco, ci provi a combinare famiglia e lavoro. Cerchi modelli, un aiuto, o almeno una ricetta, qualunque cosa pur di farcela. E se alla fine il lavoro prevalesse su tutto? Come resistere alle fatiche? Come scampare ai sensi di colpa? E quando ti guarderai indietro che dirai delle scelte fatte? Cosa ne diranno i figli? La bella notizia è che la mogliemammamedico può riuscire a non essere un puzzle a cui manca sempre qualche pezzo. Non più frammenti diversi da combinare a fatica, ma la felice scoperta di cosa fa fiorire la vita: tutta intera. Prefazione di Costanza Miriano. Postfazione di Laura Baruffaldi.
Nel cuore della notte, nel tenue chiarore della cappella, Ferdinando Rancan, giovane seminarista, vede l'immagine del Cuore ferito di Gesù. Rimane profondamente turbato, intuisce che senza dolore è difficile capire l'amore, si sente spinto a chiedere con insistenza al Signore di soffrire molto per poter vivere più profondamente l'intimità con Lui. Gli rimarrà la convinzione di essere stato esaudito. Dio gli donerà una lunga vita, in cui gli farà compagnia a volte la malattia e l'incomprensione, ma anche la gioia del servire sacerdotale. Il sorriso non lo abbandonerà mai. Lascerà un ricordo incantevole in centinaia di persone. L'Autore intraprende un viaggio per raggiungere i luoghi in cui don Ferdinando (1926-2017) era passato, incontrare le persone che lo avevano conosciuto, apprendere dalla loro voce le vicende che si erano susseguite negli anni. Scoprirà che una vita che si presentava avventurosa trovava il suo significato e il suo valore in ciò che avventuroso non era: la fedeltà quotidiana al progetto di Dio, nell'amore che vivifica ogni cosa.
Io, papà e la mia famiglia ci siamo scontrati con uno scoglio che pareva insormontabile: una diagnosi di terminalità. Poco a poco, però, abbiamo compreso qualcosa in più sul senso vero della vita e abbiamo così potuto scrivere insieme le pagine più belle della nostra storia. Abbiamo tutti temuto la morte, ma grazie ad essa siamo andati incontro alla vita con una profondità impensabile, con la fiducia che non tutto sarebbe stato perduto, che i nostri legami di cuore non sarebbero mai stati spezzati.
Francesco Faà di Bruno (1825-1888), ufficiale, poi matematico e astronomo, voluto da Vittorio Emanuele II come precettore dei suoi figli, infine sacerdote, beatificato nel 1988 da Giovanni Paolo II, emerge nel panorama ottocentesco come figura ricca di ingegno, di cultura e di pietà. Nel contesto risorgimentale delle durissime persecuzioni contro la Chiesa, quasi a smentire il luogo comune secondo cui i cattolici formino un'entità a sé, carente di senso civico e delle istituzioni, Faà di Bruno mostra invece come l'esperienza di fede esalti il senso di appartenenza a un popolo e a una nazione, consentendo al tempo stesso che la libertà di iniziativa personale e sociale non sia subordinata all'autorizzazione dello Stato. Il beato è infatti ricordato per le sue grandiose opere di carità a favore degli anziani, dei poveri, dei malati, delle cameriere, delle prostitute...
"Le mie esperienze con Gesù vissute nella fede" è il racconto autobiografico, intenso e straordinario, della vita di una donna innamorata di Gesù, Ana Rita Otaviano Tavares De Melo (detta Mãezinha), e della Comunità dei Servi di Maria del Cuore di Gesù. Questo libro narra infatti in presa diretta le esperienze spirituali di Ana Rita e di suo marito José Tavares. Attraverso pagine sincere e avvincenti, l'Autrice condivide il suo cammino di fede con Cristo e la Santissima Vergine, mostrando come il Signore abbia guidato lei e suo marito passo dopo passo nella fondazione della Comunità: nonostante fossero imprenditori di successo, avevano sempre dato priorità all'amore e alla carità verso i poveri. Questa predisposizione li ha preparati ad accogliere con fiducia la chiamata ricevuta nel 1995 per assistere i poveri e i malati, fino a fondare poi la Comunità. Il libro è arricchito da testimonianze di vescovi di tutto il mondo che innalzano un profondo ringraziamento al Signore per tutto il bene che questa Comunità riesce a fare e per la straordinaria umiltà e la forza trascinante con le quali Mãezinha vive e diffonde l'amore di Dio. Come sottolineato dall'arcivescovo João José Costa, il libro offre meditazioni che invitano a riflettere sulla propria vita: Ana Rita è infatti la dimostrazione vivente dell'azione della grazia e della bontà di Dio: ci insegna che egli agisce pienamente nella nostra piccolezza, quando confidiamo in lui più che nelle nostre capacità. Il padre spirituale di Mãezinha, padre Lorenzo D'Andrea, attesta nella prefazione: «Le esperienze di fede raccontate in questo libro sono vere e spero che siano di aiuto e di stimolo per tutti coloro che lo leggeranno».
Due fratelli gemelli, due facce di una medaglia, in reciproca competizione ma indissolubilmente uniti dalla loro appartenenza: Stefano, l'ingegnere, animato da grandi ideali, sposato con due figli; Giampaolo, il sacerdote, parroco a Milano, titanico nella sua fede e sicuro di sé. La storia si apre nel 2011 attorno a una vicenda drammatica che i fratelli si trovano a condividere. Da lì la trama si dipana in un'alternanza di presente e passato, sinché un evento traumatico pone Stefano di fronte a una situazione apparentemente disperata: la sua straordinaria reazione lo redime e lo sublima in una scelta di assoluto eroismo. Un libro profondamente cattolico che tocca temi fondamentali legati alla vita e alla morte, coinvolge il lettore e lo porta a riflettere su uno scottante tema di attualità, l'eutanasia: con un appassionato inno alla vita, Stefano lascerà ai suoi figli e alla moglie il proprio testamento spirituale.
Un'antologia di lettere personali - non d'ufficio - del Card. Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova (1946-1987) ai suoi sacerdoti: testimonianze della sua paternità e - in filigrana - della sua spiritualità, delle sue adamantine convinzioni teologiche, della sua intensa fede, del suo profondo amore alla Chiesa, della sua limpida, assoluta coscienziosità, umana e pastorale.
24 marzo del 1944, Seconda guerra mondiale, in un paesino della Polonia, Markowa, viene uccisa una intera famiglia: padre, madre, sei bambini e un piccolo ancora nel grembo della mamma. Nove persone soppresse in pochi minuti, "colpevoli", secondo i nazisti tedeschi, di avere dato ospitalità a otto ebrei, che vengono massacrati con loro. È la storia della famiglia Ulma, giusti tra le nazioni e beati per la Chiesa. Sono stati riconosciuti tutti "martiri", compresi i bambini e - per la prima volta nella storia - anche il nascituro. Un gesto, il loro, compiuto per amore, come quello del Buon Samaritano del Vangelo.