
Armida Barelli (1882-1952) è una figura eccezionale di donna «a cavallo fra due secoli», l’Ottocento e il Novecento, che ha lasciato una traccia significativa nella chiesa, nella cultura e nella società italiana. Ha operato con dedizione ed eccezionale intuito nella Gioventù Femminile di Azione Cattolica, fra le Missionarie francescane, l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Opera della Regalità, quattro diverse realtà, con un medesimo impegno caratterizzato da un legame ideale: l’amore per il Sacro Cuore. La sua vita, infatti, è stata un continuo andare verso la perfezione, sorretta dalla sua fede.
Destinatari
Chi desidera conoscere la ricca personalità di Armida Barelli.
Autore
AGOSTINO PICICCO si è laureato presso l’Università Cattolica di Milano e attualmente vi lavora presso la Presidenza di Facoltà. Ha conseguito l’abilitazione professionale di avvocato e giornalista pubblicista. Collabora, come giornalista, con diverse riviste locali e coordina le attività culturali dell’Associazone Regionale Pugliesi.
San Leopoldo Mandic. Un metro e quaranta di altezza, artrite alle mani, difficoltà nel parlare, occhi arrossati: davvero un poveretto da compatire... eppure un capo, "cercato, seguito e invocato da folle di tutti i ceti" a Padova. Fra Leopoldo diviene sacerdote, nel 1890, con un sogno preciso: spendere la vita per riconciliare con Roma i cristiani orientali separati. Vuole andare in Oriente, e per due volte crede di fare il primo passo, quando lo mandano a Zara e a Capodistria. Confessore a Padova, poi nel 1923 destinato a Fiume, come confessore dei cattolici slavi. La missione in Oriente sembra farsi realtà. Ma interviene il vescovo di Padova che invita i cappuccini a far ritornare in città un il piccolo confessore, che passerà giorni, mesi e anni in una celletta ascoltando ogni fallimento e riaccendendo ogni speranza. E anche lui capisce: "Il mio Oriente è qui, è Padova". Il gigante della confessione. E anche il martire. È proclamato santo da Giovanni Paolo II nel 1983.
Destinatari
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Autore
PIETRO BRAZZALE, per trent’anni docente di lettere, ha pubblicato biografie di santi e di vari personaggi della chiesa dei nostri giorni. È postulatore delle cause di canonizzazione della diocesi di Padova.
Cento anni fa, nel maggio del 1908, Madre Colomba Gabriel fondava a Roma la casa famiglia per le giovani operaie e un istituto di suore: le benedettine di carità. Questa suora polacca nel 1900 dovette abbandonare il suo monastero di Leopoli per giungere esule a Roma. Una parabola molto dolorosa che lei percorse con grande fede e amore per Dio e che sfociò in una luminosa sequenza di opere caritative. Madre Colomba, dichiarata beata da papa Giovanni Paolo II nel maggio del 1993, seppe «innestare sul tronco contemplativo della Regola benedettina un apostolato attivo della carità». Fu straordinariamente moderna per i tempi: basti pensare che all’inizio del Novecento andava personalmente in cerca di lavoro per le ragazze e verificava orari, diritti e doveri delle operaie. Morì nel 1926 a Centocelle lasciando, oltre a un ricordo indelebile, anche un esercito operoso di suore che ancora oggi svolgono il loro mandato d’amore non solo in Italia, ma anche in Romania e Madagascar.
Destinatari
Per conoscere la figura di questa Beata polacca, Apostola delle giovani operaie e Fondatrice delle Suore Benedettine di Carità
Autore
LAURA PISANELLO, giornalista, lavora al «Messaggero di sant’Antonio» ed è caporedattore della rivista «Madre». Ha pubblicato, con Anna Mancini e Carla De Meo, Notti azzurre. Voci di malati e volontari (Marsilio 1999) e con Antonia Arslan, Hushèr. La memoria (Guerini 2001).
Un piccolo libretto su uno dei nomi piu' diffusi in Italia.
La vita e l'opera di Giovanni Muzi, esemplare figura di sacerdote e di arcivescovo, hanno lasciato un'impronta significativa nella storia della Chiesa cattolica italiana a cavallo fra Sette e Ottocento.
Profitto, concorrenza, un'attività economica "d'assalto", manager rampanti e senza scrupoli: è il mondo - come ci appare dal di "fuori" - delle grandi multinazionali. In questo contesto, che posto occupa la fede? O più precisamente, è possibile coniugare la fede - ovvero la ricerca di ciò che è autenticamente umano e perciò cristiano - e l'impresa? Contro il convincimento comune che la visione cristiana del vivere sociale sia estranea alla vita aziendale e interessa i credenti solo al di fuori della dimensione lavorativa, il racconto di Giuseppe Sbardella invita a rivedere tali idee preconcette. Per trentuno anni in una multinazionale americana, prima come impiegato, poi quadro e infine dirigente, l'Autore ripercorre la sua storia, segnata dall'impegno a vivere anche nel lavoro il principio - umano e cristiano - della dignità della persona, senza “smettere l'abito” del mondo aziendale, anzi cercando di migliorarlo avendo come obiettivo una crescita armonica, il bene di tutta la comunità-azienda, secondo criteri di autentica giustizia sociale.
Una gravissima malattia rara: epidermolisi bollosa. Una ragazza: Daniela. Ventitrè anni marchiati dalla sofferenza. Qual è lo scopo di un'esistenza così difficile e sofferta? La risposta è in queste pagine. Gli Autori nel raccogliere le testimonianze dei genitori, degli insegnanti, degli amici e di quanti l'hanno conosciuta, ripercorrono il luminoso cammino di Daniela. "La sua vita sembra dimostrare che la malattia non è un ostacolo ad amare. Daniela scopre e ci fa scoprire che si può amare nonostante l'imperfezione, la disabilità, la sofferenza morale e il dolore fisico, anche quando non è alleviabile. Questa scoperta è carica di conseguenze. Il dolore, immerso nell'amore, quasi riparato dai suoi quotidiani atti d'amore, le si rivela come la chiave di una felicità possibile. Un paradosso? O una prospettiva sensata anche per noi?" (dall'Introduzione) La storia di Daniela Zanetta è la risposta alta e positiva al profondo disagio esistenziale degli adolescenti e dei giovani di oggi.
A quasi due anni dalla morte di don Andrea Santoro (Trabzon, febbraio 2006), la sua opera e il suo messaggio sono più vivi e attuali che mai. È quanto conferma il presente volume. L'Autore, zio di don Santoro, grazie anche alla sua conoscenza personale, racconta, come eredità da lasciare alle generazioni future, la straordinaria personalità di don Andrea e la sua esperienza umana e religiosa. «L'amore per il prossimo, la forza della preghiera e della fede, la necessità dell'ascolto, del silenzio e del dialogo, il significato della testimonianza, del perdono e della croce rappresentano le idee guida, le parole chiave, i doni preziosi della sua esistenza. Infatti gli elementi essenziali della sua fede e della sua vita cristiana hanno ruotato intorno all'amore di Dio, all'ascolto della Parola, alla preghiera costante, all'accettazione della croce e a vivere cristianamente i valori del Vangelo» (dalla Presentazione).
Igino Giordani (1894-1980) è stato nel panorama della vita politica, culturale e religiosa del Novecento una figura di primo piano: uomo politico, giornalista, scrittore, ha pubblicato opere nei campi più diversi, dalla polemica all'apologetica, alla sociologia cristiana e all'agiografia. Un personaggio noto a tutti - attraverso gli scritti e l'intensa attivitàpolitica e intellettuale - nella veste pubblica. Meno noto invece il volto "domestico". Il presente volumetto - scritto da uno dei suoi quattro figli - vuole aprire idealmente le porte di casa Giordani e far conoscere una figura diversa che completa e arricchisce il ritratto pubblico. Emerge da queste pagine, un padre ben presente nella vita dei propri figli, amorevolmente impegnato nella loro crescita. <>. (dalla Prefazione)
«Cristo con gli alpini non è un’opera qualunque. Non è, insomma, un diario, un resoconto, una cronaca, una confessione, ma è un atto di fede gettato nella follia della guerra, un gesto di speranza dedicato a coloro che ormai non ripetevano più questa parola, uno slancio d’amore che replica ai colpi della violenza. Per questo don Carlo porta Cristo al fronte, o meglio lo conduce nella disperazione degli accerchiamenti dove si consumavano le ultime forze. Prosa semplice, piccoli esempi e un cuore immenso fanno di questo libro un documento prezioso.
Le pagine dedicate a Giorgio, il bambino che ha perso tutto e poi muore, sono più eloquenti di tutte le analisi degli storici. Leggendole si capisce perché “tocca alla morte rivelare profonde e arcane somiglianze”.
Riproporre Cristo con gli alpini significa conoscere un po’ di più la guerra e la Russia; queste pagine spiegano l’inizio di un miracolo.»
Dalla prefazione di Armando Torno
Il libro racconta la storia di Suor Maria Lucia (al secolo Lucia Cassino), sposa, madre, vedova e consacrata. E' illustrato da numerose fotografie.
Intellettuale di sinistra, laico, già ateo convinto, Jean-Claude Guillebaud racconta in queste pagine il suo viaggio di ritorno al cristianesimo.
Insoddisfatto della narrazione solo «orizzontale» e cronachistica dei fatti cui era costretto dal suo mestiere di giornalista, Guillebaud sente la necessità di ritrovare una chiave di lettura più autentica per comprendere la dimensione «verticale» della storia e dell’uomo: «Per me era arrivato il tempo di deporre i bagagli. Il bisogno di leggere, di riflettere nel modo giusto, si sostituiva a quello di osservare e render conto».
La sua testimonianza è insieme personale e paradigmatica: attraverso l’analisi delle esperienze vissute in momenti e in luoghi cruciali del nostro tempo (dalla guerra del Vietnam al ’68, dalla crisi senza fine del Medio Oriente fino all’11 settembre) e il confronto con il pensiero di autori quali Girard, Morin, Ellul e Serres, Guillebaud riscopre la centralità e l’attualità del pensiero cristiano, il suo ruolo fondatore per la cultura dell’Occidente. «Messianismo giudaico, speranza cristiana, progresso dei Lumi: non riesco a impedirmi di scorgervi una filiazione che definisce l’intera storia occidentale. Significa che continuiamo a essere responsabili del divenire del mondo, che “un altro mondo è possibile”, come dicono oggi gli altermondialisti».
La sua «conversione» è dunque in primo luogo una scelta razionale, che nasce da una forte presa di coscienza di quelle che sono le radici della nostra civiltà e della terribile lezione che le ideologie del ’900 ci hanno consegnato. In un’Europa «scristianizzata», stretta fra un fondamentalismo religioso che assume spesso i tratti del fanatismo islamico, un relativismo cinico e un edonismo disperato, il libro di Jean-Claude Guillebaud rappresenta un contributo prezioso alla riflessione sul rapporto fra fede e ragione, quel binomio che Benedetto XVI ha posto al centro del suo pensiero teologico.
L'AUTORE
JEAN-CLAUDE GUILLEBAUD (Algeri, 1944), già giornalista di «Le Monde», è stato direttore editoriale della casa editrice Seuil. Tra i numerosi libri pubblicati ricordiamo La trahison des Lumières (Premio Jean-Jacques Rousseau), Le principe d’humanité e La refondation du monde.