Questo volume di H. G. M. Williamson si pone come complemento all'introduzione all'ebraico biblico di T.O. Lambdin, offrendo le Soluzioni commentate agli esercizi. In genere sono ben conosciuti i vantaggi e gli inconvenienti di un volume di soluzioni per una grammatica didattica. Nel caso dell'opera di Williamson, tuttavia, sono senz'altro prevalenti i benefici. Per chi ha intrapreso lo studio dell'ebraico biblico, il volume offre, da una parte, un ampliamento di alcune questioni grammaticali e sintattiche trattate da Lambdin, e, dall'altra, permette la verifica continua ed autonoma dei progressi nell'apprendimento.
Il 6 marzo 1982 Giovanni Paolo II esortò i delegati delle conferenze episcopali a presentare "gli ebrei e l'ebraismo non solo in maniera onesta e obiettiva, senza alcun pregiudizio e senza offendere nessuno, ma ancor più con una viva coscienza del patrimonio comune". Dopo secoli di odio, ebrei e cristiani tornavano a essere fratelli. Da allora la Chiesa ha percorso tanta strada, ma ancora di più resta da farne per un'autentica teshuvà, per un "ritorno a Dio" che sia sinonimo di pentimento, all'interno di una rinnovata e puntuale catechesi. Giuseppe Altamore ripercorre questa complessa vicenda storica e culturale soffermandosi innanzitutto sulla figura di Rabbi Yehoshua ben Joseph (Gesù), un "ebreo marginale" secondo la celebre definizione di J.P. Meier, per poi allargare il discorso al ruolo di san Paolo (Saulo) e a quello di Marcione - l'iniziatore nel II secolo della tragica contrapposizione dei due monoteismi, il cui pensiero è "una delle grandi tentazioni dell'età moderna", come ha detto Benedetto XVI - fino ai più recenti sviluppi del dialogo ebraico-cristiano di cui il cardinale Martini è stato uno strenuo fautore e che oggi è proseguito, tra gli altri, da intellettuali quali il rabbino Giuseppe Laras, Antonia Arslan, Vittorio Robiati Bendaud, Paolo De Benedetti e Amos Luzzatto, che dialogano qui con Altamore in una serie di illuminanti interviste.
Cosa significa essere un musicista ebreo nel mondo cristiano? In che modo l'ebraismo ha influenzato o condizionato la vocazione di un compositore ebreo? Chiaramente non c'è una risposta univoca a tali interrogativi. A partire dal Rinascimento fino ai giorni nostri troviamo un numero crescente di musicisti, compositori ed esecutori ebrei; dal modo in cui essi hanno vissuto il proprio ebraismo si potrebbe ricostruire la storia ebraica di questi secoli: le persecuzioni, i movimenti di emancipazione e di assimilazione fino al sionismo e alla nascita dello Stato d'Israele. Attraverso questa ricerca la musica si rivela ancora una volta come una delle spie, forse insostituibile, per esplorare le vicende storiche e le avventure spirituali del popolo ebraico in questi ultimi secoli.
Si assiste, in quest'ultimo scorcio della storia biblica del popolo ebraico, a un vertiginoso incalzare di eventi, come se tutto fosse contagiato da un'accelerazione incontrollata. Dall'ingresso in Terra Promessa sotto la guida del taciturno ma bellicoso Giosuè alle prodezze di giudici e condottieri, dall'istituzione di un'imperfetta monarchia allo scisma nazionale, dall'esilio babilonese alla strabiliante avventura della regina Ester, ogni cosa avviene secondo un ritmo ben diverso da quello che anima le storie precedenti, dove i patriarchi e le tribù si muovono in un mondo lento come il passo dei cammelli nel deserto. Qui tutto cambia, in primo luogo perché dominano i fatti di sangue e di guerra; ma anche nei rari periodi di pace c'è come un'ansia, una frenesia, che produce un veloce susseguirsi di accadimenti, con i protagonisti che sembrano in preda alla fretta di dire, di fare. Persino l'epopea del grande Salomone è una rapida sequenza di immagini da cui emerge un sovrano ambivalente, grandioso e meschino al tempo stesso, sapiente e insieme terribilmente incauto. Le contraddizioni che dominano l'intero corpus di racconti sembrano qui moltiplicate, ingigantite fermo restando lo sforzo continuo, e a volte sovrumano, di intravedere la mano di Dio e la sua parola nelle aporie della storia, in ciò che non è dato capire. Una storia più avvincente che mai, certo più imprevedibile che in passato.
Sergio Minerbi, giornalista, diplomatico, studioso delle relazioni tra Vaticano e Israele ha scritto, per oltre trent'anni, articoli, saggi, libri sull'evoluzione culturale e politica di tali rapporti. Brillante scrittore ha commentato documenti, atti politici, eventi di rilievo dichiarandosi, inequivocabilmente "di parte", dalla parte di Israele e del suo diritto ad esistere come Stato ebraico. Data tale posizione, non ci sono, da parte Sua, giudizi arbitrari, ma posizioni argomentate e critiche rigorose. I testi raccolti nel volume propongono le tappe di questa analisi, in genere legata a eventi concreti, a volte commentati a caldo in brevi articoli a stampa, altre volte proposta attraverso saggi, frutto di una riflessione più pacata. L'introduzione di Mario Toscano suggerisce un'utile guida nella lettura di tutto il lavoro.
Il presente volume scaturisce dagli atti del Convegno "Le Religioni come Sistemi Educativi" che si prefigge di analizzare e divulgare gli strumenti educativi delle religioni storicamente presenti in Europa: ebraismo, cristianesimo ed islamismo. L'ebraismo come credo religioso e come cultura di minoranza nei paesi europei della diaspora, ha fornito, tramite i suoi valori, gli strumenti educativi che sono stati essenziali per la sopravvivenza del popolo ebraico, facilitando in epoca moderna risultati di eccellenza anche in molti ambiti disciplinari secolarizzati. In questa sede si fa riferimento a studiosi ed educatori di origine ebraica che durante il secolo XX hanno creato teorie e metodi nell'educazione, nelle scienze psicologiche e socio-antropologiche. Tutto ciò in sintonia con i principi ebraici, che mirano allo sviluppo della conoscenza e dell'educazione dei gruppi e degli individui.
Giulio Busi guida alla conoscenza dei concetti fondamentali della Qabbalah, i cui testi sono ricchi di immagini difficilmente comprensibili, di giochi di parole in lingua ebraica e di concetti espressi in modo da preservarne la segretezza. Oltre a penetrare nel linguaggio simbolico cabalistico, il lettore potrà così familiarizzarsi con la gimatreya, il criterio di permutazione linguistica basato sulle corrispondenze tra lettere e numeri, e con le altre tecniche di interpretazione.
La storia del Ghetto di Venezia, la sua crescita, la sua architettura, la vita materiale dei suoi abitanti e le loro relazioni con l'intera città sono l'argomento di questo volume. La ricostruzione del Ghetto nelle sue diverse fasi storiche permetterà di seguire lo sviluppo del quartiere; saranno analizzati gli usi e costumi religiosi ebraici, la straordinaria importanza della stampa ebraica veneziana - la prima in Europa - il contesto culturale, artistico e artigianale, linguistico, familiare, economico. In sintesi, un microcosmo completo e affascinante che si sviluppò e prosperò per oltre quattro secoli all'interno della Serenissima Repubblica.
La tradizione, fin dai tempi più antichi, ha sempre sottolineato il legame fra le sette braccia e le sette luci della menorah - il candelabro d'oro che anticamente ardeva presso il Tempio di Gerusalemme - in rapporto alla creazione del mondo e dell'umanità, articolata in sette giorni (riposo divino incluso). Per comprendere meglio tale legame, guidata dal midrash rabbinico l'approccio ermeneutico tradizionale al testo rivelato - e dai grandi maestri della tradizione, l'autrice prende in considerazione le testimonianze bibliche relative alle indicazioni che Dio dà a Mosè in riferimento agli arredi del Tempio, e in particolare in rapporto alla menorah, che secondo studi recenti avrebbe una forma riconducibile a una pianta aromatica che cresce solo in Medio Oriente a ridosso della macchia mediterranea.
Che senso ha ammonire i peccatori in una società come la nostra, dove vale "la regola dell'individualismo per cui ognuno, per rispetto apparente, lascia da solo l'altro di fronte ai propri errori"? Di contro alla pretesa autosufficienza di chi si illude di bastare a se stesso, Meluzzi spiega, con il supporto delle sacre scritture, di sant'Agostino e dell'autorevole lezione di papa Benedetto, che ammonire l'altro "non significa giudicarlo al fine di allontanarlo ma vuol dire legarsi a lui per aiutarlo" e che la correzione "ha come motivazione principale la fraternità".
Il testo si sofferma sul significato del perdono nella religione ebraica: la richiesta di "perdono" non avviene per delega, ma può partire solo dai responsabili viventi, esige il loro pentimento, e va rivolta a quanti sono stati da loro offesi, comportando la riparazione delle conseguenze arrecate sul piano morale, penale, civile ed economico. Nel dialogo col cristianesimo emergono interessanti punti di convergenza: il Dio della Bibbia ebraica, dice il rabbino Di Segni, "è giustizia e amore [...]. Nulla avrebbe senso nell'ebraismo senza il perdono. E l'esortazione 'ama il tuo prossimo come te stesso' è anche evangelica ma viene dalla legge mosaica".
Per chi è nato a Roma nel primo dopoguerra il Ghetto riassume nei suoi slarghi e nei suoi vicoli un periodo doloroso della storia di questa città, quello che va dal luglio 1943 al giugno 1944. Un omaggio ad uno dei principali protagonisti di quei tragici eventi, Mimma Spizzichino, con la testimonianza di un rapporto, che seppur breve ed episodico, conserva memoria d'una persona eccezionale. La proposta di un itinerario per scoprire, andando a piedi tra le strade del Ghetto, l'intreccio fra l'aspetto attuale e quello che ha avuto in passato quando recintato da un muro era il luogo in cui la “comunità ebraica romana” doveva risiedervi obbligatoriamente. I muri dei vecchi palazzi documentano ancor oggi la storia d'una convivenza tra due comunità di religione diversa.