"Ne il qabbalista si sente l'ispirazione, le ali e la luce del vivente, si sente la forza e il legame che unisce gli esseri, il discepolo, il maestro, il mondo e la gioia di ricercare un poco del miracolo dell'Infinito. Il qabbalista: un libro di sapere e di amore, molto semplicemente un libro di vita…"
(M.-A. Ouaknin)
Hilary Putnam, uno dei più influenti filosofi contemporanei, racconta la propria "scoperta" dell’ebraismo e l’incontro con alcune figure di spicco della filosofia ebraica, Franz Rosenzweig, Martin Buber ed Emmanuel Levinas, cui si aggiunge Ludwig Wittgenstein, il quale, sebbene non praticante, ha sviluppato secondo Putnam una concezione della religione in qualche modo affine a quella dei primi tre. Ne nasce un libro molto personale, quasi intimo, in cui la riflessione sul significato di questo incontro amplia il proprio orizzonte fino a includere ciò che la religione in generale può significare nella vita di ciascuno di noi.
Seguendo la lunga riflessione operata dai Maestri sull'atto creatore, questo saggio di Catherine Chalier si iscrive nella linea di una meditazione sulla funzione delle lettere in una creazione che deve tutto alla parola. Una meditazione che si ispira alla grafia delle lettere e, quanto al loro significato, alle suggestioni del Talmud e dello Zohar. Essa tenta di mostrare al lettore moderno, senza dubbio poco incline a soffermarsi sulla poesia delle lettere ebraiche, che lo sforzo per decifrare l'enigma delle nostre vite avvalendosi di queste lettere è un cammino di speranza.
All'interno della cultura ebraica, la "Porta del Cielo" occupa una posizione unica. Scritta in spagnolo nei primi decenni del Seicento, essa è infatti il solo esempio di opera, fra quelle che ancora appartengono al periodo di formazione del canone classico cabbalistico, composta in una lingua "profana": non nella lingua santa ebraica, né nell'arcaizzante aramaico dello Zohar, né nello yiddish al quale anche sarebbe ricorsa la letteratura chassidica. Questa caratteristica rispecchia l'intento di Abraham Cohen de Herrera (il mercante di origine spagnola, vissuto in Italia e morto ad Amsterdam, le cui vicende personali e familiari vengono ricostruite nell'introduzione anche grazie a documenti d'archivio rimasti finora inediti): scrivere un'opera di introduzione alle dottrine cabbalistiche che fosse accessibile al maggior numero possibile di lettori eliminando l'ostacolo linguistico che ne aveva fino ad allora ristretto la conoscenza diretta a ebrei ed ebraisti. Altri elementi concorrono poi a giustificare quel ruolo di vera e propria mediazione fra cultura ebraica e contesto europeo che si propone la Porta: non solo la lingua ma anche il linguaggio, lineare e razionalizzante, nella quale è composta; il discorso sistematico con cui procede, richiamandosi al modello della Scolastica latina; e il costante riferimento e paragone con il pensiero filosofico, da Platone e Aristotele ai neoplatonici alla cultura italiana rinascimentale.
I costruttori della torre di Babele volevano assicurarsi fama eterna, garantirsi eternità, farsi un nome. Ma dovevano rivelarsi tanto poco padroni del tempo quanto del linguaggio. Come finirà allora la sfida del loro nome contro il Nome di Dio? Potrà la diaspora delle lingue trovare nei tempi messianici la via della redenzione? Seguendo il filo dell'ermeneutica ebraica questo libro ricostruisce, con il ritmo avvincente di un racconto, le profezie sull'istante messianico che segnerà la fine. Nell'unisono con cui verrà invocato, sarà il Nome di Dio a irrompere nella storia per sovvertirla, a invertire il tempo nell'eternità. Nel doppio futuro di Dio - "Sarò colui che sarò" (Es 3, 14) - affiora il nesso tra linguaggio e redenzione. Vocativo assoluto, Parola dell'incontro, Nome della speranza messianica, il Tetragramma è la possibilità di oltrepassare il tempo nel tempo, di fare della memoria l'inizio della redenzione. Sarà il Nome a porre il sigillo della fine.
Questa antologia rende accessibile al pubblico italiano la singolare riflessione spirituale e la rigorosa dottrina etica del grande rebbe di Kotzk, i cui insegnamenti ottennero enorme risonanza nel mondo ebraico. L'opera si suddivide in due parti: la prima contiene il racconto agiografico della vita del Kotzker, assieme a storie e brevi racconti che manifestano, nell'immediatezza della forma narrativa, il ricco mondo spirituale di R. Menachem Mendel. La seconda parte, nella quale sono raccolti aforismi, testi esegetici e dottrinali, evidenzia lo spessore del pensiero mistico e filosofico dello zaddik, in particolare il significato del concetto di verità.
Una tesi elaborata dall’interno da un membro della comunità ebraica romana: negli ultimi trent’anni si è verificato un curioso fenomeno, ancora tutto da studiare, che ha trasformato il tradizionale, ben conosciuto ebreo postbellico in “frequentatore” di ambienti urbani ormai artificiali come lo stesso ghetto di Roma. Piccole e ben strutturate realtà metropolitane che potrebbero forse essere paragonate ad aree protette in funzione della salvaguardia di pregiati ambienti naturali, e dei rispettivi antichi abitatori. Non è cosa scontata che il “ghetto”, nelle sue moderne varianti più o meno mimetizzate, debba rappresentare per le Comunità diasporiche la realtà più sicura, e soprattutto la riappropriazione di se stessi e delle proprie radici. I muri di pietre e mattoni non ci sono più, ma si sono formati muri nuovi.
Uno sguardo dall’interno, disincantato, perfino impietoso, ma senza cadere nel cinismo e nel sarcasmo del pettegolezzo. Il lettore ebreo potrà dunque farsi coinvolgere, ed anche sentirsi provocato. Non è lui, tuttavia, a costituire il pubblico vero di queste pagine: gli ebrei, come si cerca di dimostrare, sono purtroppo pochi. Saranno tutti gli altri a lasciarsi incuriosire e trascinare da questa incursione davvero “corsara” in un mondo che non cessa di destare interesse, che sembra ed è vicinissimo, ma si intuisce e percepisce anche come lontano e diverso.
obiettivo di questa monografia e`valutare le trasformazioni della festa nel giudaismo antico: lo sviluppo della celebrazione nelle diverse epoche e soprattutto la galvanizazione di nuovi significati che vi si sono aggiunti.
Recensione : a differenza di quanto accade con pasqua e pentecoste, non esiste una monografia dedicata allo studio delle interpretazioni antiche di questa festa delle capanne, probabilmente per il fatto di essere scomparsa dall'orizzonte liturgico cris tiano. la selezione degli aspetti festivi e`fatta a partire dal testo biblico, vedendo la sua risonanza ed elaborazione attraverso i diversi campi del giudaismo antico. e`interessante vedere quali sono le concezioni religiose che si sviluppano intorno a sukkot, che derivano dal testo biblico e dalla stessa pratica festiva. l'autore mostra come l'interp retazine della scrittura si trovi gia nelle versioni antiche e traspare come tendenza che accompagna le diverse fasi della redazione biblica, raggiungendo un maggiore sviluppo nella letteratura intertestamentaria e la sua massima liberta redazionale nei midrashim. lo studio di questa festa ci mostra la vitalita del testo biblico immerso in una tradizione celebrativa e interpretativa. infatti, se e`vero che il termine midrash deve essere riservato per le elaborazioni rabbiniche su un testo della scrittura, non bisogna dimenticare gli esempi di un atteggiamento midrashico nel processo stesso della redazione del testo biblico, ebraico e greco, e non solo nelle ultime fasi.
A parlare della “propria” Shoah sono oltre 700 testimoni romani che hanno fatto richiesta di supporto nell’ambito del progetto per la distribuzione del “Fondo Svizzero per vittime della Shoah in stato di bisogno”. Proprio l’obiettivo ‘altro’ di queste testimonianze rispetto a interviste programmate per fini espliciti di ricostruzione storica costituisce motivo di fascino. Si dà voce non solo a chi non aveva mai raccontato, ma soprattutto a chi non ha storie particolarmente significative o eroiche e si limita a includere la sua personale esperienza nel destino generale “delle difficoltà e disagi avuti da tutti gli ebrei vissuti in quel periodo”. Le voci narranti si inseriscono progressivamente nella storia della presenza degli ebrei a Roma, fino a diventare preminenti e a trasformarsi in un vero e proprio coro a più voci dai toni sempre più drammatici. Ne scaturisce l’immagine di un gruppo di famiglie uscite a stento dal ghetto prima e dalle persecuzioni fasciste e naziste poi, con effetti che perdurano fino ad oggi. Le vicende degli ebrei romani, per la loro antica e ininterrotta presenza sul territorio e per le problematiche con cui si sono dovuti confrontare, acquistano un valore paradigmatico, utile a capire non solo la storia della diaspora ebraica, ma anche generali dinamiche di convivenza tra gruppi di maggioranza e di minoranza. Questo libro, nato da un progetto di ricerca ideato da Raffaella Di Castro, vuole avere il valore di un risarcimento morale a chi ha offerto di affidare ad altri la propria storia, portandola fuori dall’ambito privato. La liberazione della parola e il bisogno di essere ascoltati, a lungo censurato, hanno contribuito alla presa di coscienza del danno indelebile subito da più generazioni. Il lavoro di raccolta delle testimonianze si è svolto tra il 1999 e il 2001 e si è poi esteso fino al 2005, presso la Deputazione Ebraica di Assistenza e Servizio Sociale di Roma, fondata nel 1885 per aiutare i più bisognosi della Comunità.
Gli ebrei sono vissuti nell’Europa centrale e orientale per almeno mille anni. In questo lasso di tempo hanno creato una civiltà – con una lingua, una letteratura, leggi e istituzioni proprie – che ha offerto un grande contributo alla storia dell’Occidente. Oggi, però, questa presenza millenaria è ricordata dai più solo per i tragici eventi della seconda guerra mondiale, in quello che fu di fatto l’ultimo scorcio di vita del popolo yiddish. Da qui nasce lo speciale valore dell’imponente lavoro di ricostruzione e divulgazione compiuto in queste pagine da Paul Kriwaczek.
Seguendo il suo minuzioso ed emozionante racconto riscopriamo l’esistenza di una nazione yiddish un tempo prospera e fortunata, anche se periodicamente vittima di attacchi, vessazioni, soprusi – una nazione che per molti secoli fu vivaio di zecchieri, diplomatici, medici e ingegneri, oltre che insegnanti di musica, poeti e filosofi, presenti e attivi presso le corti reali e i governi d’Europa.
Il fitto e fruttuoso intreccio fra la cultura ebraica e la storia europea è analizzato in profondità, ma soprattutto vengono esaminate le vicende interne del mondo yiddish: l’organizzazione delle comunità nell’Europa centro-orientale, le grandi e piccole figure dell’ebraismo nel Medioevo e nel Rinascimento, il difficile ma proficuo rapporto con la modernità, lo spettro dell’assimilazione legata a una progressiva laicizzazione della società, e infine la diaspora in Inghilterra e negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo.
A un tempo vivace affresco storico e appassionata elegia per un mondo perduto, il libro di Paul Kriwaczek segna una tappa importante sulla via di un completo recupero delle radici del nostro continente.
L'AUTORE
Paul Kriwaczek, nato nel 1937 in Austria e subito emigrato con la famiglia in Inghilterra, è scrittore, regista e produttore televisivo di successo (ha anche collaborato a lungo con la BBC). Tra i suoi libri più recenti ricordiamo In Search of Zarathustra (2002). Il presente Yiddish Civilisation è stato candidato al Jewish Quarterly Wingate Literary Award del 2006. Il sito Web dell’autore è disponibile all’indirizzo www.kriv.demon.co.uk.
La figura mistica della divinità, che raccoglie i saggi letti da Scholem nei Colloqui Eranos di Ascona, affronta alcune delle questioni più ardue sollevate dalla Qabbalah. Fra queste: il corpo della divinità, il dualismo di bene e male, la natura del giusto come pilastro del mondo, l’elemento femminile nel divino, l’idea di un corpo astrale. Ciascuna di esse è una porta che ci permette di accedere a quel luogo segreto del pensiero e dell’esperienza a cui tutta la Qabbalah è dedicata.