Il giorno del suo ventiquattresimo compleanno, Federica viene colpita da una meningite fulminante e rimane in coma farmacologico per due mesi. Quando si risveglia, scopre di aver subito l'amputazione di entrambe le gambe a partire dal ginocchio. Questa sconvolgente esperienza la coglie nel mezzo dei suoi studi di medicina e dei suoi progetti giovanili. E allora Federica riprende in mano la sua vita da capo: si laurea, si specializza in oncologia, coltiva relazioni di amicizia e d'affetto e si assume le grandi responsabilità professionali. Oggi esercita sia come medico "occidentale" sia come medico agopuntore. In questo libro racconta la sua vita straordinaria, non solo di atleta tenace e capace di raggiungere obiettivi ambiziosi a livello internazionale, ma anche di donna a tutto campo: nel lavoro, nei sentimenti, nel desiderio di maternità. «È come un romanzo, nel quale capita di seguire la protagonista attraverso le avventure narrate e prendere le sue parti, sperare che i capitoli più tormentati finiscano presto e altri se ne aprano, in cui lei andrà alla riscossa e verrà a capo dei problemi, e delle sue disavventure. Federica narra qui una vicenda che a tutti gli effetti somiglia a un duello. Ho fatto il tifo, pagina su pagina, esultando per i risultati ottenuti, per i combattimenti vinti e per tutte le mattine in cui ha aperto gli occhi e ha potuto dire alla malattia: Hai portato via una parte di me, solo perché sei una ladra, ma come assassina ti ho sconfitto». Dalla Prefazione di Adriano Panatta.
Vincere senza combattere è la risposta operativa per gli educatori che dichiarano di combattere tanto e vincere poco. È il frutto di tre anni di ricerca sul campo, svolto in tre paesi europei (Malta, Irlanda e Italia) dagli autori, insieme a varie figure professionali (insegnanti, psicologi, dirigenti, educatori ecc.). Questo lavoro può essere definito un compendio di strategie e tecniche per gestire le difficoltà sociali, emotive e comportamentali, che, se non superate, mettono k.o. sia il ragazzo sia chi cerca di aiutarlo. Vincere senza combattere non è un ricettario, è un manuale che offre una nuova lente per riconoscere e scansare le trappole tese dalle etichette, suggerisce modalità non-ordinarie con cui trasformare anche le più ardue resistenze in collaborazione, creando situazioni win-win, in cui tutti vincono.
La qualità di una democrazia dipende anche dall'esistenza di un'opposizione. Al momento, in Italia, un'opposizione degna di questo nome non esiste. Draghi e il suo governo dei "migliori" hanno messo tutti d'accordo: i gruppi di potere, i principali partiti politici, il sistema mediatico occupato a dipingere un ritratto agiografico del nuovo presidente del consiglio. Tutti allineati e conformati. Questo libro va in senso inverso. Un elenco di verità storiche, verità processuali e scelte politiche mostra quanto sia pericoloso l'assembramento al governo di determinati politici e partiti. Pericoloso per la democrazia, pericoloso per l'etica politica, pericolosissimo per la classe media. "Contro!" è un libro di opposizione, uno strumento per coltivare la memoria, per fornire elementi alla pubblica opinione e per contrastare la santificazione del governo di tutti.
La contestazione, fino al rifiuto, dell'autorità quale freno alla libera espressione del sé è una delle eredità del secondo Novecento, soprattutto delle lotte del '68, con la messa sotto accusa dei pilastri su cui l'autorità poggiava - la tradizione, il padre, l'insegnante, la Chiesa - in nome dell'affermazione dello spirito individualistico. Eppure, come l'araba fenice, l'autorità risorge in continuazione dalle sue ceneri, ricostituendosi in forme inedite, più fuggevoli e indeterminate, ma non per questo meno efficaci. Assistiamo al moltiplicarsi di spinte per un ritorno all'ordine di un padre autoritario, tirannico e fondamentalista, oppure, in modi più sottili ma insidiosi, al presentarsi di un dominio tecnocratico che di fatto punta al superamento della condizione umana come la conosciamo. A chi dunque dobbiamo guardare? Non si tratta di tornare indietro, come qualcuno immagina. Si tratta, piuttosto, di andare avanti, riflettendo in forme nuove su un termine che rimane essenziale e insieme difficile. Perché, scrivono Mauro Magatti e Monica Martinelli nel saggio "La porta dell'autorità", un mondo senza autorità non è possibile, se non a costo di perdere la libertà. Quella libertà in cui proprio il limite diventa risorsa per l'azione, dando una prospettiva al nostro punto di vista sul mondo. Occorre insomma ricostruire il legame tra le generazioni, riconoscendo all'autorità la capacità di essere lo snodo tra chi viene prima e chi viene dopo (e non solo in senso temporale). In tal modo l'autorità può essere vista come una porta che, mentre inquadra - definendo così una direzione -, al tempo stesso apre a un futuro che ancora non c'è ma che pure non procede dal nulla.
Quando il dolore morale perde la salutare funzione di avvertimento, di allarme e di spinta ad aiutare il nostro simile, inizia il tempo della cecità morale. La cultura consumistica trasforma qualsiasi negozio o agenzia di servizi in una farmacia dove rifornirsi di tranquillanti e analgesici per attenuare o placare dolori che in questo caso non sono fisici ma morali. Man mano che la negligenza morale si estende e si intensifica, aumenta a dismisura la domanda di antidolorifici e il ricorso a tranquillanti morali diventa assuefazione. Il risultato è che l'insensibilità morale artificialmente indotta tende a diventare compulsiva, una sorta di 'seconda natura'. Il dolore morale viene soffocato prima che diventi davvero fastidioso e preoccupante, e la trama dei legami umani, intessuta di morale, si fa sempre più fragile e delicata, fino a lacerarsi. I cittadini vengono addestrati a cercare sui mercati, nel consumo, la salvezza dai propri guai, la soluzione ai propri problemi, e la politica si trova (anzi è pungolata, spinta, in ultima analisi costretta) a interpellare i propri governati come consumatori anziché come cittadini, facendo del consumo l'adempimento di un primario dovere civico.
In un'epoca nucleare come la presente, in cui non esiste più alcuna garanzia per la sopravvivenza dell'umanità, questo libro propone, come uscita di sicurezza essenziale, l'elaborazione di co-tradizioni culturali, in grado di favorire l'intercambio pacifico fra culture diverse. Oggi vivere significa convivere. Nessuna forza politica o potenza militare può illudersi di vincere. Si può solo convincere. Il dilemma è chiaro: dialogare o perire.
Sappiamo alla perfezione cosa vogliamo avere - ricchezza, piacere, potere - ma non sappiamo più chi vogliamo essere . Nella grave crisi in cui siamo immersi, necessitiamo continuamente di avversari per definire le nostre identità, e spesso ci scopriamo nemici addirittura di noi stessi, in una sorta di permanente guerra interiore. La filosofia di Vito Mancuso è un'àncora preziosa in questi tempi difficili: rinnovando in noi il desiderio di antiche riflessioni, ci indica la strada per risalire alle radici profonde della nostra coscienza, e ci insegna come il senso e la direzione della nostra vita su questa Terra vadano ricostruiti a piccoli passi, giorno dopo giorno, nella consapevolezza di trovarci al cospetto di qualcosa di più importante di noi stessi. Solo così sapremo entrare in armonia con la logica che determina il nostro cammino e amare quella semplicità naturale dentro di noi che è il vero segreto per una vita degna, una vita che vale la pena vivere, una vita autentica.
"Dante e la Divina Commedia" fa parte del lavoro di Balthasar sugli «Stili laicali», figure essenziali della sua Estetica Teologica. Per l'autore ci sono opere letterarie che ci prendono per mano, come Beatrice fa con Dante, per condurci verso la Rivelazione. La chiave di lettura di Balthasar punta a individuare l'orizzonte e il culmine della visione dantesca, che è costituito da Maria, con l'inno alla Vergine, che Dante affida a san Bonaventura. Maria tra gli angeli è la Signora del Paradiso, quel lato del Paradiso che Dante si sente di descrivere preparato e accompagnato da Beatrice, che ha sostituito Virgilio nella peregrinazione. Dante non si addentra oltre nel mistero cristologico e trinitario, la sua filosofia e la sua poesia si compiono nella contemplazione di Maria. Nell'Inferno Dante era stato un fine lettore della Storia e Balthasar non può non notare che l'Inferno di Dante non è ancora stato visitato dal Cristo risorto. Il Cristo risorto dell'arte bizantina, che prende e porta con sé Adamo ed Eva e l'umanità tutta.
«Quell'automobile traforata di colpi, quei giornali sparsi sul sedile posteriore, quel corpo coperto da un lenzuolo, quel rivolo di sangue che attraversa l'asfalto di via Fani. Immagini, impresse nella nostra memoria, che scandiscono un passaggio d'epoca.» Quando e perché è finita la Prima Repubblica? Per rispondere a questa domanda Walter Veltroni ricostruisce un intero, travagliato, capitolo della nostra storia a partire dal rapimento e dall'uccisione di Aldo Moro, che mette fine al disegno politico più ambizioso del secondo dopoguerra, un'alleanza tra la Dc di Zaccagnini e il Pci di Berlinguer, e apre una crisi che forse non si è mai chiusa. Attraverso gli anni del terrorismo e della strategia della tensione, degli attentati e dei Servizi segreti, delle sfide elettorali e delle mancate riforme; da Andreotti a Craxi, da Leone a Cossiga, dal rischio di un colpo di Stato alla scoperta dell'organizzazione segreta Gladio, dalla P2 a Tangentopoli e oltre. L'autore riavvolge il filo della memoria nazionale attraverso eventi e ricordi vissuti da se stesso e dai protagonisti dell'epoca: intreccia così le testimonianze di Virginio Rognoni, Claudio Martelli, Emma Bonino, Beppe Pisanu, Claudio Signorile, Rino Formica, Aldo Tortorella, Achille Occhetto, Mario Segni, ma ritrova anche una rivelatrice intervista al brigatista Prospero Gallinari, carceriere dello statista democristiano assassinato. Un'inchiesta nel nostro passato che illustra fatti, personaggi, versioni inedite e interpretazioni politiche riportando alla luce l'eredità di un disegno infranto che ancora grava sull'Italia di oggi.
Il nostro mondo è in costante, vorticoso cambiamento: nel giro di pochissimi anni social media, globalizzazione, nuove tecnologie, perfino una pandemia, hanno cambiato forma a tutto ciò che conoscevamo. Ma queste rivoluzioni hanno aperto le porte a una vera e propria "età dell'eccellenza", a un futuro in cui le menti più creative e brillanti potranno creare idee, progetti e oggetti straordinari, che mettano al centro l'uomo e i suoi bisogni. Una nuova società, più prospera e felice. Ma cosa serve per avere successo in questa nuova era? Mauro Porcini, Chief Design Officer di PepsiCo, ha fatto dell'innovazione il proprio mantra e ha modificato radicalmente il modo di lavorare di alcune delle più importanti e ricche multinazionali al mondo: in questo libro, fondendo teoria e pratica, business strategy ed esperienze personali, incontri tanto con guru dell'imprenditoria quanto con star della musica e dello spettacolo (Lana del Rey, Tiësto, Jovanotti), spiega cosa significa essere innovativi e traccia la via che individui e imprese dovranno seguire per prosperare nel futuro, per liberare energie creative e per creare un mondo migliore, con al centro, sempre più, gli esseri umani.
Questo libro si rivolge a chi vuole cambiare il corso degli eventi, alle anime inquiete, a chi sente il disagio del tempo presente. Parla a chi, preoccupato, avverte i rischi di una caduta, ma è confortato da una solida certezza: la storia, fatta da donne e da uomini concreti, non è predeterminata negli esiti. "Diritto o barbarie" perché ci troviamo a un bivio, perché il regresso è sempre possibile. Non un destino necessario, ma una minaccia incombente. Solo le ragioni del diritto ci allontanano dalla barbarie. Ma per conquistare quale orizzonte? Secondo Gaetano Azzariti, quello espresso dal movimento storico del costituzionalismo democratico moderno. La Costituzione è la nostra 'utopia concreta'. Ed è la Costituzione che deve tornare a dettare l'orizzonte del cambiamento possibile, prospettiva che, per essere attuata, implica la presenza di tre condizioni inalienabili: critica del presente, coscienza organizzata, spinta al cambiamento. Solo un popolo consapevole, determinato e fantasioso, infatti, può realizzare un'utopia.