Roma, XVII secolo: l'inquieto artista conosciuto come Caravaggio conduce una vita turbolenta. È spesso coinvolto in risse, cede volentieri alla seduzione del vino. Nessuno, però, osa mettere in discussione il suo talento artistico. Eppure, quando la rivalità con il brutale Giovanni Roero, cavaliere dell'Ordine di Malta, gli fa commettere un errore fatale, sarà impossibile proteggerlo. Giorni nostri. Nel villaggio di Monte Piccolo, un sacerdote afferma di aver scoperto un quadro del famoso artista nel magazzino di un orfanotrofio. A.R. Richman, professore in pensione, studioso di Caravaggio, crede che sia una fantasia delirante. Ma Lucia, una studentessa d'arte, lo convince a indagare sul ritrovamento. Il quadro rappresenta il bacio di Giuda e mentre Richman e Lucia cercano di risalire alla sua provenienza scoprono una scia di sangue che arriva fino al ventunesimo secolo. Omicidi, tradimenti e vendette: e qualcuno è disposto a uccidere purché quella storia rimanga sepolta...
«Questo libro nasce dal bisogno imperioso di comprendere i meccanismi che regolano la città in cui abito, che amo e per la quale soffro. Sono di Gerusalemme. Non potrei vivere in nessun'altra città e le barbarie che il governo sta perpetrando nella sua parte palestinese non mi danno tregua. Il mio obiettivo, con quest'opera, è di smantellare il modello di potere e repressione imperante a Gerusalemme e il sistema neocolonialista che regola il suo perverso funzionamento. Questo libro è il risultato di trent'anni di lavoro e di attivismo, in tre ruoli assai rilevanti: quello del politico, del funzionario pubblico e dell'attivista pacifista. Ma, soprattutto, ho scritto queste pagine come abitante di Gerusalemme, intrappolato in una rete intessuta con fili invisibili di amore e dolore. Vedo con angoscia come la città che amo mi volta le spalle e si chiude a tutti coloro che non concordano con la linea di destra e religiosa imperante.» (dall'Introduzione dell'autore)
Solo una nazione, solo la Spagna, è riuscita a liberarsi dal dominio musulmano e a difendere con eroismo il patrimonio di fede, di cultura e di civiltà ereditate dall'epoca romana. Nel 1492 una coppia di re d'eccezione, Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona, porta a termine la riconquista, annette Granada, trasforma la Spagna in una nazione moderna, crea scuole e università di eccellenza, forma un'amministrazione efficiente, attua una capillare riforma della chiesa che anticipa di mezzo secolo il concilio di Trento e che genera uno stuolo di santi. Con la scoperta dell'America i Re Cattolici - e gli spagnoli tutti - proiettato nel Nuovo Mondo la fede, l'eroismo e la forza della loro tradizione. In nome della fede e della cultura, che sempre la segue, la cattolica Spagna studia e documenta tutte le lingue e le usanze delle tante popolazioni amerinde che incontra e costruisce in America una rete di università e conventi che inseriscono nell'alveo della civiltà greco-romana un intero continente. America Latina si dirà. La Spagna che realizza con pochi uomini e in poco tempo un'impresa epica, deve molto all'intervento del cielo. Maria e Giacomo accompagnano la storia della penisola dai tempi della prima evangelizzazione. Da quando Maria, la Virgen del Pilar, appare a Giacomo a Saragozza, a quando la Morenita, la Vergine di Guadalupe, appare all'indio Juan Diego per riversare un fiume di grazie sui suoi figli americani. Una storia unica.
Detroit, fucina permanente di situazioni estreme, è una specie di teatro in cui si rappresentano senza mediazioni o aggiustamenti le dinamiche di trasformazione cui va soggetto l’Occidente.
Motor City, la capitale dell’automobile, in espansione vertiginosa per tanta parte del Novecento, da oltre mezzo secolo è precipitata nel baratro della
deindustrializzazione, della povertà e della protesta razziale, diventando sinonimo di degrado urbano e di pericolosità sociale.
Come è passata Detroit da un estremo all’altro? Il libro racconta l’evoluzione della città soprattutto attraverso i luoghi e le personalità che l’hanno segnata: il trionfo della fabbrica fordista con Henry Ford e Diego Rivera, chiamato a realizzare i celebri murales sull’industria; le lotte sindacali e sociali con la figura del sindacalista Walter Reuther; le proteste razziali con Rosa Parks, Martin Luther King e Malcolm X, che qui tennero alcuni dei loro discorsi più importanti. E il futuro dell’auto, dopo Sergio Marchionne. Alla fine, Detroit appare come una sorta di teatro delle contraddizioni della contemporaneità occidentale esposte nella loro forma più diretta, talvolta brutale.
Un mare chiuso, un mare di passaggio, una frontiera tra Oriente e Occidente; un mare che ad un tempo unisce e divide; nell’Adriatico si sono intrecciate e sovrapposte molteplici vicende di natura politica, culturale, religiosa, nazionale. Anche i mari hanno una storia, come ci ha insegnato Braudel con il suo grande Mediterraneo. Questo libro ci racconta la storia dell’Adriatico dall’antichità a oggi: storia dei popoli che vi si sono affacciati, che da sponda a sponda hanno commerciato e navigato, hanno imposto il loro dominio, come Bisanzio e poi Venezia e gli Ottomani; e volta a volta hanno convissuto o si sono scontrati, come l’Impero asburgico e l’Italia, il mondo occidentale e il mondo comunista, i paesi generati dalla ex Jugoslavia. Una storia millenaria di rotte e traffici, guerre e convivenze, che compone il ritratto di una civiltà che si è fatta sul mare, grazie al mare.
Questo volume viene pubblicato in occasione dell'omonima mostra, allestita a Roma presso il Parco archeologico del Colosseo dal 27 settembre 2019 al 29 marzo 2020. Il progetto curatoriale, nel suo complesso, nasce dalla scarsa attenzione finora posta sulla celebre metropoli nord-africana: mentre ai fenici sono state, infatti, già dedicate alcune esposizioni (la più celebre quella di Palazzo Grassi del 1987), Cartagine non ha goduto finora di altrettanto interesse, nonostante il progredire degli studi. Le attività di scavo e di ricerca degli ultimi decenni, dunque, conferiscono al volume un interesse scientifico, offrendo l'occasione di fornire un quadro aggiornato delle conoscenze e di segnalare anche alcune novità e scoperte di rilievo. Oltre l'archeologia lo caratterizza un tuffo nella modernità, con l'affrontare il ruolo di Cartagine nell'immaginario collettivo attraverso uno straordinario corredo iconografico contemporaneo che coinvolge la letteratura, i fumetti, la musica, i videogame, naturalmente senza tralasciare il cinema. Si è cercato dunque di affrontare con un approccio particolare un soggetto familiare ai più: Cartagine, infatti, non può non evocare immediatamente Roma, tanto furono storicamente legate le vicende delle due grandi metropoli mediterranee. Insieme al volume viene pubblicato anche il catalogo della mostra, che ripercorre sezione per sezione il percorso espositivo e presenta la totalità degli oltre 400 pezzi esposti, provenienti dalle maggiori collezioni italiane e internazionali.
Questo catalogo accompagna l'omonima mostra allestita a Roma, presso il Parco archeologico del Colosseo dal 27 settembre 2019 al 29 marzo 2020, sulla civiltà fenicio-punica, la sua espansione nel Mediterraneo, i suoi rapporti con Roma. Tutto illustrato a colori, con testi brevi e puntuali, il catalogo ripercorre le sezioni della mostra, dalla navigazione all'urbanistica, dai riti funebri ai gioielli, narrando la nascita e la lunga parabola storica di una città splendida e potente. Le vicende di Cartagine e Roma, strettamente intrecciate, costituiscono un lungo percorso narrativo che si snoda dalla fondazione dell'Oriente fenicio passando per la storia della città e dei suoi abitanti, l'espansione nel Mediterraneo e la ricchezza degli scambi commerciali e culturali nella fase che va dalle guerre puniche all'età augustea, sino a giungere alla complessità del processo di romanizzazione che ha portato Roma ad annientare, nel 241 a.C., quella che era ormai considerata un'entità molto problematica. A seguire è narrata la rifondazione della nuova colonia Iulia Concordia Carthago, dotata di edifici spettacolari e lussuose abitazioni private, famose ovunque per la ricchezza dei loro mosaici policromi, alcuni dei quali esposti in mostra; infine si dà conto del nascente cristianesimo, di cui Cartagine è in seguito diventata il centro propulsore, e si chiude con un'appendice sulla riscoperta della città alla luce dell'immaginario moderno e contemporaneo.
L'apertura degli Archivi vaticani relativi al pontificato di Pio XI ha concesso alla storiografia di approfondire gli studi sulla posizione della Santa Sede e su quella di don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare Italiano, in merito alla Seconda Repubblica spagnola (1931-1936) e al conflitto che si concluse con la vittoria dei nazionalisti di Francisco Franco. Il sacerdote siciliano seguì attivamente, seppur a distanza, i risvolti della guerra civile che sconvolse il paese iberico dal 1936 al 1939, analizzando la vicenda e affidando le proprie riflessioni a quotidiani e lettere private. I documenti presi in esame mostrano i tentativi dell'esiliato don Sturzo di mettere fine alle violenze antireligiose, spingere la Chiesa a disimpegnarsi dal sostegno al campo franchista e a promuovere un negoziato che ripristinasse la pace religiosa, politica e sociale. Emergono le iniziative del movimento pacifista cattolico europeo, le attitudini delle autorità ecclesiastiche spagnole e i timori vaticani durante il pontificato di papa Ratti.
Il 10 luglio 1941, a Jedwabne, un paese di circa tremila abitanti nel nord est della Polonia, una folla di cattolici uccise la maggior parte dei loro vicini di casa ebrei. Il numero delle vittime varia a seconda delle stime: da trecentoquaranta a milleseicento. Qualunque sia la cifra corretta, pochissimi ebrei sopravvissero. Utilizzando asce, bastoni e coltelli, la folla assassinò in piazza circa quaranta uomini. I restanti ebrei - uomini, donne e bambini, molti dei quali neonati - furono ammassati in un fienile nella periferia della città. Poi, mentre la folla osservava con scherno le future vittime, vennero sbarrate le porte e l'edificio fu dato alle fiamme. Morirono tutti. Le case degli ebrei furono saccheggiate. La giornalista polacca Anna Bikont ha ricostruito nei dettagli questo crimine, dando al tempo stesso conto del tentativo da parte delle famiglie dei discendenti degli assassini, dei politici di destra, degli storici, dei giornalisti e dei sacerdoti cattolici di nascondere nei decenni l'accaduto, deviando la colpa sui nazisti o perfino sulle stesse vittime. Un crimine doppiamente efferato ricostruito attraverso le voci dei protagonisti. Una riflessione sulla memoria collettiva: cosa succede a una società che rifiuta di ammettere una verità che distrugge la sua buona coscienza? Come convivere con un passato cosí orribile?
Sergio Luzzatto racconta qui l'avventura di un numero sorprendente di bambini ebrei, scampati alla Soluzione finale e rifugiati nell'Italia della Liberazione: circa settecento giovanissimi polacchi, ungheresi, russi, romeni, profughi dopo il 1945 tra le montagne di Selvino, nella Bergamasca. E racconta l'avventura di Moshe Zeiri, il formidabile ebreo galiziano che, ponendosi alla guida dei bambini salvati, consentirà loro di rinascere da cittadini del nuovo Israele. Questa è la storia di una redenzione. Tragicamente privati di una famiglia, di una casa, di una lingua, irreparabilmente derubati di ogni loro passato, gli orfani della Shoah vedono dischiudersi, grazie agli emissari sionisti, la prospettiva di un futuro nella Terra promessa: un futuro da costruire tutti insieme, maschi e femmine, come in una grande famiglia riunita in un «kibbutz Selvino». I bambini di Moshe sono orfani della Shoah rinati alla vita nell'Italia della Liberazione. Sono giovanissimi ebrei d'Europa centrale e orientale sfuggiti allo sterminio nazista, che nel 1945 hanno incontrato un uomo come Moshe Zeiri: il militante sionista che fondò e diresse a Selvino, nella Bergamasca, l'orfanotrofio più importante dell'Europa postbellica. Falegname per formazione, teatrante per vocazione, Moshe faceva parte di un piccolo gruppo di ebrei a loro volta originari dell'Europa centro-orientale. Giovani immigrati in Palestina negli anni Trenta, che fra il 1944 e il 1945 hanno risalito l'Italia come soldati volontari nel Genio britannico, per cercare di salvare il salvabile. Se non il loro «mondo di ieri», la civiltà yiddish irrimediabilmente distrutta, almeno gli ultimi resti del popolo sterminato. Dopo il drammatico suo incontro con i bambini sopravvissuti, Moshe Zeiri li organizza a Selvino in una specie di repubblica degli orfani, e attraverso l'educazione sionistica li prepara a una seconda vita. Non più la vita rassegnata delle vittime, «laggiù», nelle terre di sangue della Soluzione finale, ma la vita libera e forte dei coloni di Eretz Israel, nella Terra promessa. D'altra parte, la storia dei bambini di Moshe è anche la storia di un'illusione. Perché dopo la guerra d'indipendenza del 1948, l'utopia del «kibbutz Selvino» avrebbe finito per scontrarsi, nello Stato di Israele, con la realtà di nuovi (e brutali) rapporti di forza.
Siamo abituati a pensare alla Grecia come alla culla della nostra civiltà: ai greci dobbiamo l'idea di democrazia, la storiografia, la filosofia, la scienza e il teatro. Eppure di questa eredità fa parte anche il modo in cui consideriamo il rapporto tra i generi: un lascito che ha superato i secoli e i millenni con tracce che continuano a pesare sulle nostre vite come macigni. Nella storia antica c'è stato un momento in cui la differenza tra il genere maschile e quello femminile si è trasformata nell'idea che le donne siano inferiori agli uomini e quindi in una serie di inevitabili, pesanti discriminazioni. Tutto comincia con un mito. Esiodo racconta la nascita della prima donna, mandata da Zeus sulla terra come punizione per la colpa commessa da Prometeo: rubare il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini, riducendo così la distanza che li separava dagli immortali. Pandora è "un male così bello" da essere un "inganno al quale non si sfugge". Rappresenta un'alterità incomprensibile agli uomini, tanto misteriosa da essere paragonabile solo alla morte. Da lei, dice Esiodo, discende "il genere maledetto, la tribù delle donne". Eva Cantarella illumina alcuni momenti di una vicenda lunghissima, che dal mito giunge ai medici e ai filosofi che hanno fondato il pensiero occidentale. Attraverso le voci di Parmenide, Ippocrate, Platone e Aristotele vediamo come la differenza di genere viene costruita e codificata, fino a diventare un pilastro dell'ordine sociale e della cultura giuridica greca. Scopriamo l'origine delle "convenzioni sociali, delle teorie filosofiche e delle pratiche giuridiche che ripropongono visioni 'essenzialiste' delle diverse identità personali". Conosciamo una parte molto antica di noi stessi e facciamo esperienza di un passato da cui finalmente possiamo prendere le distanze per realizzare il nostro futuro.
Novembre, 1848. Pochi giorni dopo l'assassinio del suo primo ministro avvenuto nel cuore di Roma, papa Pio IX si ritrova prigioniero del suo stesso palazzo: l'onda rivoluzionaria che sta sconvolgendo l'Europa sembra poter mettere fine al potere temporale se non addirittura all'istituzione stessa del papato. Così, travestito da semplice parroco, Pio IX scappa da una porta secondaria e parte per l'esilio. Eppure, solamente due anni prima, la sua elezione aveva generato profondo ottimismo in tutta Italia: dopo il pontificato repressivo di Gregorio XVI il popolo guardava al nuovo, giovane e benevolo papa come all'uomo che avrebbe traghettato lo stato pontificio verso la modernità, persino favorendo la nascita di un'Italia unita. Dal desiderio di soddisfare i suoi sudditi e dalla paura, alimentata dai cardinali più conservatori, di provocare il crollo della Chiesa, scaturì un dramma fatto di intrighi politici, tradimenti, colpi di scena. David Kertzer porta in vita gli eccezionali protagonisti di queste vicende - Napoleone III, Garibaldi, Tocqueville, Metternich - e getta nuova luce sul declino del potere religioso in Occidente e sulla nascita della moderna Europa.