Nina e Rowland Mahler, una coppia di giovani e cinici inglesi, hanno messo a segno il colpo della loro vita: sfruttare l'inesauribile fame di bon ton di una rampante e cosmopolita nuova casta disposta a spedire i suoi rampolli in Svizzera, dove potranno apprendere le regole dell'etichetta. Tutto funziona egregiamente, fino a quando piomba al College Sunrise un diciassettenne dai capelli rossi. Brillante e capriccioso, Chris ama circondarsi di mistero. Non solo: sta scrivendo un romanzo su Maria Stuarda e non nutre dubbi sul suo futuro di grande scrittore. Quanto basta per suscitare ammirazione, desiderio, astio e invidia. L'autrice fa vibrare una corda segreta in ciascuno di noi, scatenando una tensione che solo un inaspettato evento saprà allentare.
Sono ormai cinque, in meno di sei mesi, le donne accoltellate. Tutte nella stessa zona, il XVIII arrondissement, a nord di Place Clichy. Tutte alla stessa ora, tutte con lo stesso rituale: dopo averle colpite alle spalle, l'assassino straccia loro le vesti. Ma non le deruba, né le violenta. La polizia brancola nel buio. Sarà Maigret - dopo un interessante discussione con uno psichiatra - a risolvere il caso. Per riuscirci dovrà tendere all'assassino una doppia trappola mortale, ma soprattutto dovrà scavare nell'oscura psiche di un uomo apparentemente rispettabile, sviscerare il suo perverso legame con due donne - la madre e la moglie - tiranniche e protettive al tempo stesso e smontare il tortuoso meccanismo che l'ha indotto a uccidere.
Apparso nel 1972, "L'oro delle tigri" si inscrive in uno dei periodi più intensi dell'attività poetica di Borges e ne documenta un volto nuovo. La meditazione sui temi del tempo, dell'identità, del sogno è percorsa da un sentimento elegiaco di rimpianto e di nostalgia meno dissimulato e controllato e le domande sul mistero dell'esistenza, della morte, della divinità esprimono ora un senso di profonda desolazione più che un'urgenza speculativa. Il Borges di questi anni è meno restio ad abbandonare la sua "estetica del pudore" e più incline a parlare di sé, delle sue tristezze, della sua solitudine, delle assenze, degli amori mancati.
Alberto Savinio propone in questo volume venti fra i più bei racconti di Maupassant. Un incontro, quello tra lo scrittore italiano e Maupassant, avvenuto nel 1944 e dal quale sono scaturiti una serie di traduzioni e un saggio, "Maupassant e l'Altro", tra i più riusciti di Savinio. Mai come qui, infatti, la sua scrittura è tanto sapida e scintillante, in particolare nel gioco di rimandi ironici fra il testo e le note, e mai la faccia nera e nascosta dello scrittore francese è stata così acutamente messa in luce.
Molti grandi nomadi, prima o poi, si lasciano sfuggire la vera motivazione della loro irrequietezza: la ricerca di un posto ideale dove vivere. Nel caso di Robert Louis Stevenson, questa ammissione ha preso forma nel 1884 in un breve testo, "La casa ideale", in cui le caratteristiche di questo luogo immaginario - costruito però con i frammenti di molti paesaggi visti e attraversati - vengono elencate con estrema precisione. Usando la voce narrante dello scrittore, Tullio Pericoli ha deciso di girare un documentario per immagini apparentemente fisse. E per farlo ha scelto un formato che ricorda quello dei cinematoscopi, le curiose scatole magiche usate per vedere le forme prima immobili prendere vita all'improvviso.
Tommy è un orsetto simpatico e sbruffone, che si vanta di saper disegnare a occhi chiusi. Bisogna ammettere che il grande cuore dipinto di rosso, rosa e giallo gli è venuto proprio bene. Ma un soffio di vento improvviso glielo porta via costringendolo a un affannoso inseguimento che ci concluderà in maniera del tutto inaspettata.
All'apparire di questo saggio, nel 1967, la scena letteraria italiana si presentava piuttosto agitata. Lo spazio era diviso fra i difensori di un establishment che vantava come glorie opere spesso mediocri e i propugnatori della neoavanguardia. Manganelli fu assegnato (e si assegnò egli stesso) a quest'ultimo campo. La sua letteratura rivendicava un'ascendenza più remota e insolente: quella della letteratura assoluta. Una concezione per cui la ricerca del "vero" risultava interessante, in quanto materiale per nutrire una finzione onniavvolgente quale è, nella sua ultima essenza, la letteratura. Questo saggio portava allo scoperto la natura menzognera della letteratura, analizzando autori come Carroll e Stevenson, Nabokov e Dickens, Dumas e Rolfe.
Sono trascorsi 500 anni da quando il veneziano Aldo Manuzio pubblicò questo sfuggente romanzo, ritenuto il più bel libro della storia della stampa, ma l'opera mantiene intatto il suo fosco fascino. E non cessa di suscitare stupore, interrogativi e acri polemiche. Risolta la questione dell'autore, che Giovanni Pozzi ha identificato in un Francesco Colonna frate indocile e libertino, resta il mistero del linguaggio che fa del "Polifilo" uno spericolato e intrepido esperimento senza passato e senza futuro. Ma che cosa narra? Una storia d'amore. Polifilo ritrova in sogno l'amata Polia superando una serie di prove iniziatiche: un viaggio dell'anima, intrapreso in lotta con Amore per raggiungere la vera Sapienza.
Nell'estate del 1851, rimasto solo con il figlio di cinque anni, Hawthorne si ritrova di fronte a un infaticabile produttore di parole e di domande. Schivo, introverso, non è abituato alle piccole incombenze che accompagnano la vita di un bambino: vestirlo, nutrirlo, distrarlo sempre rispondendo alle sue incessanti domande. Il risultato è un modello, ironico e autoironico, del modo di intendersi di un padre e un figlio, un resoconto di un rapporto dove l'unico adulto che appare è Herman Melville che fa visita all'amico per parlare del possibile e dell'impossibile. Come osserva Paul Auster nel suo saggio introduttivo, Hawthorne è riuscito a compiere quel che ogni genitore sogna: far vivere il proprio figlio per sempre.
Max Tivoli nasce nel 1871, a settant'anni. Sa dunque che morirà nel 1941. Chi è, o meglio, cos'è Max Tivoli? Non c'è nome per chi, come lui, viene "dall'altro capo della vita". E che maledizione è diventare giovani col passare degli anni? Scoprire il sesso con il fisico di un cinquantatreenne e l'esperienza di un castissimo diciassettenne? La presunta simmetria della vita e l'ordine stesso delle cose risultano invertiti. E Max è destinato a quella cosa stupida e stupenda che è dissipare la vita per amore. Per ben tre volte e in tre modulazioni diverse avrà modo di amare, sempre invano, la donna della sua vita, che non lo riconosce mai, né riconosce in lui la persona da amare. Max Tivoli è un "mostro", che rispecchia quel mostro segreto che è in noi.