Il problema della scelta di darsi la morte è molto complesso e di larga trattazione nella storia del pensiero umano, tuttavia l'importanza del comportamento suicida è rilevabile nel fatto che esso non si può più ridurre a un fatto eccezionale. Prendere in esame il problema del suicidio equivale, dunque, ad affrontare uno dei punti cardine della problematica umana, poiché esso si collega immediatamente al problema della limitatezza e della relatività dell'esistenza. È parte della realtà sociale che quotidianamente le persone producono e riproducono in forme sempre più differenti e complesse, la cui comprensione non può essere tralasciata o acquisita solo attraverso strumenti teorici tradizionali e la conoscenza sociologica in questa direzione ci viene incontro: sono forti, infatti, le relazioni esistenti tra lo sviluppo della conoscenza sociologica e gli approcci di studio al fenomeno del suicidio. Da qui l'origine del volume che cerca, in maniera certamente non esaustiva, di rileggere e ove possibile ridefinire i paradigmi nell'ambito dello studio del suicidio alla luce delle trasformazioni della società moderna.
Le difficoltà del welfare si associano oggi ad una crisi economica che si è rivelata in tutta la sua drammaticità, coinvolgendo l'intero pianeta e mettendo in discussione l'attuale sistema di sviluppo. In questo contesto è sempre più evidente la necessità di legare politiche di welfare, che diano centralità al cittadino, con interventi tesi ad assicurare sviluppo, non solo economico, ma anche culturale, sociale ed etico. In tale prospettiva i periodi di crisi possono essere interpretati come grandi occasioni per attivare innovazione finalizzata al bene comune della qualità della vita. Il libro si propone di essere uno strumento per orientare, in senso innovativo, i sistemi di governance tesi a promuovere una responsabilizzazione competente del territorio. Il percorso metodologico fa riferimento ad una "innovazione sociale partecipata", che si fonda su una coordinata integrazione di investimenti individuali e collettivi, e ad una pianificazione sociale tesa a rendere protagonisti i cittadini e le organizzazioni del territorio. Il testo, che propone elementi teorici, strumenti metodologici ed esemplificazioni concrete, si rivolge ad amministratori, operatori socio-sanitari, responsabili di organizzazioni profit, non profit e volontari per promuovere un'alleanza per l'innovazione e la qualità della vita.
Hiding in the light, "nascosti nella luce". È con questo ossimoro che nel 1988 Dick Hebdige definisce i giovani e le loro pratiche subculturali: costantemente sotto i riflettori, eppure testardamente opachi a ogni tentativo di catalogazione entro i confini netti e precisi del trattato scientifico, dell'editoriale giornalistico, del rapporto statistico, degli approcci unidimensionali in genere. Un ambito tanto illuminato quanto ancora palesemente oscuro è certamente quello del rapporto tra media e minori. Nel volume si sostiene che la complessità e l'opacità di tale rapporto richiedono che l'approccio di tutela/controllo/disciplinamento con cui solitamente si affronta questo "problema" venga affiancato (se non propriamente sostituito) da un criterio mediaeducativo attraverso il quale i minori, sin dalla più tenera età, vengono messi in condizione di auto-governare (o perlomeno co-governare) il proprio rapporto con i media, di coglierne appieno le infinite opportunità e al tempo stesso i limiti, i vincoli, le sovradeterminazioni. Ciò implica una ridefinizione in senso mediaeducativo dell'educazione e contemporaneamente una ridefinizione in senso mediacomunicativo del processo di socializzazione quale condizione essenziale per decifrare i processi di costruzione dell'identità e le pratiche di vita quotidiana delle giovani generazioni contemporanee.
L'economia della cultura, considerata da molti e per molto tempo come un ossimoro o una contraddizione in termini, si è assicurata ormai un posto rilevante nelle strategie di sviluppo per l'Europa e, in misura ancor maggiore, per l'Italia. Studiosi e operatori dedicano grande attenzione ai processi attraverso i quali la cultura (patrimonio, attività, eventi, attori) può concretamente trasformarsi in risorsa per la crescita della qualità della vita e la promozione territoriale. In particolare, molte attese si concentrano sulla valorizzazione turistica degli innumerevoli beni paesaggistici, archeologici, storici e artistici che costellano il Bel Paese. L'analisi delle tendenze in atto e l'indagine su alcuni aspetti ancora poco esplorati dei fenomeni rilevanti (come l'attrattività turistica dei territori, la gestione sostenibile delle risorse, i modelli di valorizzazione possibile) consente di rendere conto del posizionamento internazionale dell'Italia e di proporre alcune linee di azione per il superamento delle principali criticità del settore. In questo libro, approcci e strumenti della pianificazione strategica sono proposti in forma di manuale, come possibili contributi operativi per la progettazione di interventi specifici sulla offerta e sulla domanda culturale e turistico-culturale.
Il fenomeno Facebook è rapido, mutevole ed in frenetica espansione, tanto che risulta difficile oggi definirlo, contenerlo o addirittura padroneggiarlo con l'aiuto di definizioni o di descrizioni. La complessità e insieme il fascino di Facebook si possono allora meglio comprendere, e in qualche modo stringere dappresso, attraverso l'impiego della analogia e dello studio degli ambiti che Facebook attraversa, che è quanto sin dal titolo cerca di fare questo libro. Ci sono infatti campi e domini che Facebook felicemente contamina e numerosi sono gli ambiti sociali che impiegano Facebook per i propri scopi. È questa la strada che hanno scelto i curatori del presente volume: vale a dire indagare l'uso che si fa in politica, in economia, nel gioco delle relazioni e in quello delle identità sociali del più importante tra tutti i social network. Per comprendere come mai oggi Facebook è un fenomeno planetario occorre investigare come e perché funziona in numerosi e differenti ambiti. Il libro è una lettura importante per tutti gli utilizzatori di Facebook e per coloro che vogliono comprendere il come mai di un tale successo.
Hikikomori è un fenomeno che riguarda oltre un milione di giovani giapponesi, la maggior parte di sesso maschile, che in maniera apparentemente non motivata, si ritira nella propria stanza e vi rimane ininterrottamente per lunghi periodi, spesso molti anni. Diversamente da altre forme di disagio adolescenziale, i giovani Hikikomori si spingono oltre: lasciano la scuola, abbandonano anche gli amici, interrompono ogni tipo di comunicazione trascorrendo lunghissimi periodi in completo isolamento. La società giapponese non approva gli hikikomori e finisce per definirli malati, anche se medici e terapeuti sostengono che non si tratti di malattia: il giovane si isola per riposare, per reazione a episodi di bullismo o per un esame scolastico andato male; ma con il trascorrere del tempo la reclusione provoca patologie come psicosi, fobie, regressioni e violenza domestica. Un figlio Hikikomori è un disonore tale che la famiglia mantiene il segreto per anni prima di interpellare un medico. Difficile metterne a fuoco le cause. La chiave di lettura che si tenta di fare emergere è quella di corpi, corpi sovversivi, che attraverso la loro volontaria reclusione compiono azioni forti, fanno esplodere le contraddizioni e i lati oscuri di ogni società. Ed è per questo che Hikikomori non rappresenta un problema solo del Giappone ma riguarda tutti i nostri figli, anche se dall'altra parte del mondo.
Questo lavoro ha lo scopo di indagare sul peculiare modo in cui l'Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani, in qualità di movimento ecclesiale avente una specifica finalità pedagogica nei confronti dei ragazzi secondo i princìpi e il metodo dello scoutismo, sta declinando l'esperienza di fede in rapporto alla cultura contemporanea. L'interesse sociologico è soprattutto quello di guardare a come questa specifica forma di organizzazione d'ispirazione cattolica stia modificando le modalità della sua presenza all'interno del contesto sociale italiano, per fronteggiare le sfide della modernità. L'interrogativo di fondo, in altri termini, è il seguente: in un'associazione quale l'AGESCI, intrinsecamente incline per subcultura alla ricerca di una faticosa mediazione fra Chiesa e mondo, quali forme riesce concretamente ad assumere, oggi, l'esigenza di dare senso all'esperienza religiosa all'interno del vasto reticolo dell'azione sociale? Le interviste condotte ai suoi militanti rappresentano un prezioso contributo per delineare l'odierno profilo di questo spaccato del cattolicesimo italiano.
Questo libro non si propone come semplice resoconto di una "buona prassi", ma formula alcune ipotesi di lettura abbastanza inedite sui nuovi problemi che attraversano le famiglie, sul nuovo ruolo cui sono chiamati i servizi (in particolare rispetto al lavoro di comunità), sul futuro del welfare e, più in generale, sulla convivenza sociale e la qualità della vita nei contesti locali. Lo stile espositivo (in alcune parti più tecnico, in altre più narrativo, con una forte attenzione alla descrizione puntale del che cosa e del come si è fatto) consente di rivolgersi a livelli di pubblico abbastanza eterogenei: dirigenti e operatori del pubblico e del privato sociale, università, associazioni promotrici di iniziative di cittadinanza attiva, amministratori locali.
Il libro, frutto di un lavoro di ricerca trentennale, offre una descrizione, organizzata in una introduzione ed in due parti successive, di un modello di Pedagogia Sociale che, pur ribadendo l'appartenenza alla tradizione pedagogica italiana, cerca di stabilire un rapporto fecondo con la tradizione tedesca in cui la pedagogia sociale è nata e si è affermata.