Problemi inediti e scottanti di bioetica, fenomeni migratori di massa, crisi ecologica planetaria... Per reagire a questi temi di pressante attualità, la Bibbia può risultare una fonte di ispirazione? Può essere così lungimirante da sollecitare uno stile di azione per i cristiani coinvolti nei dibattiti in corso? A quali condizioni il loro impegno può essere credibile ed efficace?
Anne-Marie Pelletier risponde a queste e altre domande senza giri di parole, basandosi sulla sua profonda conoscenza della Parola rivelata nelle Scritture e sulla sua convinzione che essa sia capace di illuminare potentemente la “crisi dell’uomo” attraversata dalla nostra civiltà, anzitutto ispirando fiducia e inoltre suscitando uno sforzo di intelligenza e discernimento.
In tal modo – e dato che la sapienza biblica vuole essere universale, non riservata a questa o quella osservanza religiosa – la nota biblista d’Oltralpe mostra che la difesa della vita e dell’umanità è una lotta in cui la voce dei cristiani può raggiungere i nostri contemporanei di buona volontà.
Il tema della missione della Chiesa - missione vista come connaturale al suo esserci - desta oggi un forte interesse sul piano sia teologico, sia magisteriale, sia pastorale. Non è detto tuttavia che al parlare di missione corrisponda sempre una ripensamento della stessa, che permetta di uscire realmente da vecchi schemi e assuma fino in fondo la necessità di rileggere la missione ecclesiale dentro un contesto, come quello occidentale, profondamente e visibilmente mutato. Il presente studio di Roberto Repole intende assumere questa sfida offrendo la proposta di un nuovo paradigma, quello del dono. Appare così come la Chiesa viva di un dono, quello divino, e come ciò che essa realmente trasmette non sia altro che il dono di cui vive, il quale può essere mantenuto solo in quanto donato da altri: nell'unica forma possibile, quella del dono appunto, che è autentico solo a determinate condizioni. Si tratta di un paradigma adatto ad evitare una delle accuse che esplicitamente ed implicitamente viene fatta oggi ad ogni proposta di missione, di rappresentare cioè sempre e comunque una forma di violenza - senza cadere, per questo, in una riduzione della missione a dialogo in assenza di verità. Si tratta altresì di un paradigma capace di farsi carico di alcune delle sfide attuali più incalzanti: la fine della cristianità, la secolarizzazione, il pluralismo religioso e gli effetti di una globalizzazione in cui la logica economicista rischia di permeare tutto.
Dell'abuso sessuale sui minori - crimine scandaloso, fra i più odiosi che si possano commettere - si parla oggi apertamente nelle nostre società: e già aver tolto il velo dell'ipocrisia è una dato positivo. Sappiamo poi che il rischio di abuso esiste ovunque vi siano dei bambini, e in primo luogo in famiglia: sicché la posta in gioco è enorme. Se le conseguenze di abusi sessuali perpetrati ai danni di un minore sono oggi abbastanza note e si sa come farvi fronte al meglio, non altrettanto si può dire del modo di "trattare" e di "recuperare" gli autori di aggressioni sessuali. Ecco allora l'obiettivo di quest'opera: capire il percorso mentale degli autori di abusi sessuali - siano essi preti, educatori, padri di famiglia -, ma anche conoscere le terapie di cui è stata testata l'efficacia. L'autore, Stéphane Joulain, adotta un approccio olistico e non tralascia né le valutazioni morali dell'abuso né la necessità di farsi carico della dimensione spirituale della vita degli autori di abuso, quando si tratta di religiosi o di persone credenti. Il tutto, però, naturalmente, mettendo sempre la vittima al centro dell'attenzione. Prevenzione degli abusi: un tema scottante, trattato in base a esperienze e competenze maturate dall'autore a livello internazionale. «Quest'opera contribuirà a sviluppare ciò che di meglio abbiamo da offrire nella lotta contro gli abusi sessuali. Per il bene di tutti e, in primo luogo, dei più vulnerabili: i bambini».
Dobbiamo imparare a vivere con gratitudine. Chi prova riconoscenza rifiorisce: la sua vita diventa bella, preziosa e creativa. Si riempie di stupore: non dà più tutto quanto per scontato. E ogni giorno c'è un numero sufficiente di opportunità per provare gratitudine. La gratitudine è il nucleo della spiritualità e una chiave per accogliere un dono inestimabile: la felicità duratura. Testi densi, brevi e ispirati, offerti con modestia da un grande maestro di spiritualità.
Questo libro è nato da un'urgenza. Davanti al triste spettacolo delle divisioni, delle paure, delle guerre e delle disuguaglianze che si diffondono nel mondo, davanti alla depressione e alla disperazione che colpiscono tanti fra noi, Vanier fa suo il grido degli ultimi. E così, alla sera della sua esistenza, vestendo i panni del testimone, rievoca le tappe della sua avventura umana e spirituale. Per condividere con tutti una luce di speranza. Sono infatti gli ultimi, le persone con un handicap mentale, che hanno trasformato a poco a poco Vanier, liberandolo delle sue paure e rivelandogli la propria umanità. In un tempo come quello che stiamo vivendo, al fondatore de L'Arca sembra allora più che mai importante testimoniare una fraternità possibile fra gli esseri umani di culture, religioni e storie diverse. «Nulla è perduto», ci assicura: «È possibile un cammino verso l'unità, la fraternità e la pace. L'avvenire dipende da ciascuno di noi». Una delle più grandi voci spirituali vissute a cavallo fra XX e XXI secolo ci offre la sua verità sulla vita e sull'impegno per la pace e a favore dei più deboli.
Quali ministeri nella chiesa di oggi e per il mondo di domani? Con la padronanza e la chiarezza che lo contraddistinguono, Bernard Sesboüé affronta in modo metodico questa domanda. Lo fa con le risorse della riflessione teologica, con un'umile passione per le responsabilità a cui la chiesa non può sottrarsi, con una luminosa speranza nell'attraversare le nostre titubanze. Per venire incontro, all'insegna della speranza, alle nostre esitazioni o ai nostri malesseri. L'autore ci invita in primo luogo a verificare il linguaggio che usiamo e i punti fermi su cui poggiamo: perché esitiamo a designare come "ministeri" certi ruoli dei battezzati non ordinati? Sesboüé riflette poi sullo status di quei laici, donne e uomini, che svolgono un ruolo effettivo e individuabile nella chiesa cattolica, distinguendo accuratamente ciò che rientra nell'ambito del battesimo comune e ciò che deriva da una partecipazione alla responsabilità pastorale. Infine affronta la questione - delicata, ma urgente - dell'ordinazione al ministero pastorale: che fare, quando i sacerdoti sono sempre di meno, in una chiesa che non può privarsi dell'eucaristia o della riconciliazione sacramentale?
Dal 1968 è il più qualificato e apprezzato strumento di lavoro per la comunicazione di fede nelle assemblee liturgiche. Il suo intento non è quello di sostituirsi ai responsabili delle comunità cristiane, ma di offrire loro un qualificato contributo per animare in modo sempre più adeguato e incisivo le assemblee celebranti, domenicali e festive.
Per ciascuna domenica e festa vengono proposti quattro contributi per preparare l'omelia:
– un'analisi delle tre letture bibliche, con elementi per indagare il senso originale dei testi;
– una riflessione su un tema particolare che sta al centro della Parola di Dio;
– uno schema completo di omelia, con indicazioni per la celebrazione e la regia liturgica;
– due schede (una per il presidente, una per i collaboratori) che suggeriscono gli interventi di parola adatti alle diverse figure ministeriali e alle diverse sequenze celebrative.
Ogni fascicolo è inoltre arricchito da:
– un Dossier monografico che passa in rassegna una nutrita sequenza dei nostri modi di dire: Portare la propria croce, Lasciarsi guidare dallo spirito, Vivere in grazia di Dio, Offrire le sofferenze a Dio, Con la preghiera di ottiene tutto;
– un Sussidio pratico per celebrazioni particolari durante l’anno liturgico e per interpretare cristianamente le vicende della vita civile ed ecclesiale (Celebrazioni della Parola, Via Crucis, Novene…)
– una Rubrica «Per comunicare meglio
Scoprire la bellezza e il valore di una vita piena e felice: ecco cosa suggerisce papa Francesco in Gaudete et exsultate. L'esortazione apostolica è il gesto d'amore di un padre che vuole accompagnare i suoi figli a vivere l'essenziale della vita cristiana, in un tempo inedito di trasformazioni e di cambiamenti. E mostra come la chiamata alla santità offra il segreto di un'esistenza vissuta in pienezza, perché realizza il desiderio di felicità che è nel cuore di ogni essere umano. Francesco ripropone il valore della vita cristiana autentica come percorso di gioia capace di spandere attorno a sé il profumo del vangelo. Le parole del papa dicono attenzione alla normalità perché non scada nella banalità e sia vissuta secondo quel profilo alto che dà dignità al quotidiano. Perché il santo è una persona comune, che potrebbe benissimo abitare alla porta accanto. Il santo è uno che vive con amore, ispirandosi a Gesù; è uno che conosce il valore dei piccoli gesti quotidiani; è uno che non passa oltre quando incontra un povero che dorme sotto un portico...
Nel Padre nostro diciamo: «Non abbandonarci alla tentazione». È giusto esprimersi così? Oppure la formulazione tradizionale – «Non ci indurre in tentazione» – dovrebbe restare, come provocazione per il nostro modo di pregare e di pensare? La posta in gioco è delicata.
Le voci degli esperti chiamate a raccolta in questo libro consentono di riconsiderare criticamente l’attestazione biblica, di approfondire il senso dell’agire di dio nella storia e il senso della richiesta d’intervento del Padre che l’uomo avanza nella preghiera, di sottoporre ad esame la prassi liturgica, di testare le relazioni ecumeniche.
Che cosa vuol dire propriamente “tentazione”? Che cosa significa esservi “indotti” da Dio? Come va compresa questa strana richiesta del Padre nostro formulata in termini negativi?
Si tratta di riscoprire l’Oratio dominica – “la preghiera del Signore” per eccellenza – per noi che vogliamo manifestare la nostra fede, la nostra speranza e la nostra carità.
L'appello all'ospitalità, reclamato dai grandi filosofi del Novecento, è diventato ancora più urgente oggi, nella società dei muri e delle passioni tristi. E se la fame va sempre verso il pane, resta vero che non si sopravvive se non si impara a essere ospiti. Lezione che ci viene dalla vita: si è ospitali perché a nostra volta ospitati. La convinzione di questo volume è che la pratica ospitale abbia bisogno di un pensiero e di un modo di credere ospitali. C'è un carattere sacro, in questa consuetudine antica, che interroga la teologia. Se, prima che un diritto, esistere è un debito che si estingue solo diventando persone ospitali, la teologia è chiamata a favorire la convivenza tra le persone superando anche la propria autocomprensione, quando questa sia di ostacolo al dialogo, aiutando ad abitare questo cambio d'epoca e imparando ad accogliere le ricchezze spirituali che sono per tutti. Fino a farsi contributo pubblico a servizio della crescita umana e spirituale dell'umanità. La teologia del dialogo a partire dall'ospitalità che esce da questa ricerca sa di essere inquieta ed è consapevole di essere incompleta. Sa anche, però, essere capace di immaginazione. Quella di chi accogliendo l'altro immagina di accogliere angeli: «Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo» (Eb 13,2).