Caterina, giovane donna senza cultura, anzi analfabeta, ha avuto il coraggio di parlare con forza a papi e re. Si è trovata a vivere in un momento cruciale della storia della Chiesa, essendo nata durante l’esilio avignonese – causato da un papa impaurito dalle trame del potere – e morta durante il grande scisma, che vide l’unità della Chiesa cattolica sgretolarsi per motivi politici.
In quel tempo di crisi, che coinvolse la cristianità e la società civile, periodo anche di grandi epidemie, Caterina accettò di entrare nella vita ecclesiale e politica denunciandone le ipocrisie e i giochi di potere, senza paura e senza guardare in faccia a nessuno, re e pontefici compresi. Agì non sul terreno speculativo e politico, dove non era ferrata, ma sul piano esperienziale e affettivo, presentandosi come "madre". Le sue iniziative nascevano dalla visione originale che lei aveva della persona umana. I suoi appassionati interventi erano fondati su alcune verità fondamentali che lei sapeva comunicare con uno stile positivo, affascinante, ricco di metafore.
Come altre donne vissute in epoche di crisi, Caterina si è trovata a svolgere una funzione di guida e di sostegno, tanto da divenire per ogni donna modello di un autentico femminismo: quello che non cerca rivendicazioni ma vuole, con la forza della femminilità, contribuire a rendere più bella la società civile e la Chiesa.