Miguel de Unamuno (Bilbao, 1 864 - Salamanca, 1936), uno dei più importanti filosofi spagnoli del secolo scorso, concepì "l'Agonia del cristianesimo" (1924), un'opera dal taglio colloquiale e semi-autobiografico, in seguito a una profonda crisi esistenziale, più forte e pregnante di quella grande crisi spirituale che l'aveva gettato nello sconforto nel 1 897, dettata anche dal tormento nostalgico vissuto durante l'esilio e la fuga in Francia. Tutta la vita di Unamuno si sviluppò in una costante lotta interiore che è stata ragione di confronto con i grandi temi del cristianesimo e motivo di impegno politico e sociale e che lo ha portato a scontrarsi con la monarchia, con la dittatura di Primo de Rivera e con la sollevazione militare di Franco agli albori della guerra civile spagnola, durante la quale Unamuno morì, nel 1936. In questo scritto, molte delle idee già espresse in Del sentimento tragico della vita (1913) vengono rinnovate da una forte vis polemica nei confronti della società e delle ideologie precostituite, e da un intenso dramma interiore. Un conflitto che sta alla base della stessa agonia del cristianesimo che abita ogni singolo individuo, ogni uomo cristiano, che è agonico per definizione. L'agonia è, infatti, la "lotta" di chi vive lottando contro la vita stessa, e contro la morte, poiché il fine della vita è farsi un'anima, un'anima immortale. Questa è per Unamuno "ansia d'immortalità".