Una storia vibrante e sincera, di amicizie che durano una vita, di perdite e di speranza, di figli della guerra e dei loro tanti genitori.
Un romanzo che tocca corde profonde, temi viscerali, con coraggio e delicatezza. Che non teme di fare i conti con un passato che «quando ti trova, ti guarda con i tuoi stessi occhi».
La prima volta che Zlatan vede Ajkuna è rapito dal dondolio delle sue trecce che «si allungano quasi a toccare terra». Non sa ancora che quella bambina diventerà così centrale nella sua vita.
Crescono insieme a Pristina, nella stessa casa, anche se lui è serbo e lei kosovara di etnia albanese. I loro padri, Milos e Besor, condividono la passione per la medicina e per le poesie di Charles Simic. Le loro madri, Slavica e Donika, litigano su come fare le conserve di peperoni e sui particolari di certe ballate, patrimonio comune dei popoli dei Balcani.
Ma il Kosovo, in cui per secoli questi popoli hanno convissuto, alla fine degli anni Novanta sanguina. Ed è l'ennesima ferita al cuore dell'Europa balcanica.
Tra i botti di Capodanno e gli spari della guerriglia, Ajkuna e Zlatan si promettono amore eterno «come solo due ragazzi possono promettersi».
La Storia però li separa: militare di leva lui, profuga lei.
Ajkuna si ritrova in Svizzera, dove partorisce Sarah. Zlatan finisce in Italia, dove incontra Ines. Una ragazza minuta, con i capelli lisci che le cadono sulle spalle. Proprio come Ajkuna.
In un montaggio alternato, il romanzo segue le vite dei due protagonisti, il loro rincorrersi e sfiorarsi, e forse perdersi. Lungo il cammino, in una babele arruffata di lingue, Zlatan e Ajkuna incroceranno una piccola folla di personaggi intensi, veri, col loro bagaglio di storie al seguito.
Anilda Ibrahimi ci racconta, con la sua leggerezza, con la sua scrittura cruda e poetica, una vicenda struggente, di sentimenti forti, senza essere sentimentale. Ci porta di nuovo a un passo da qui, stavolta nel Kosovo, per farci scoprire un mondo e la sua repentina distruzione. Rintracciando però quel filo che continua a legare vecchio e nuovo, passato e futuro, in un flusso ininterrotto di vita.