Più di tutti gli scrittori e i poeti di prima e dopo di lui, Agnon è riuscito a stabilire una complessa dialettica fra l'antica cultura ebraica e le tensioni della modernità. La sua opera attinge tanto alla tradizione ebraica quanto ai modelli europei di scrittura nelle sue varie forme, e si dispiega lungo ben sessant'anni. La sua lingua tutta particolare, tanto da essere definita come «agnonica», non è solo un tramite, piuttosto una forma espressiva unica carica di mistero, ricca di voci, humour e ironia, causticità, di frasi composte da un'affermazione e dal suo contrario, di relativismo e uso «sovversivo» delle fonti. Per questo Agnon si rivela sempre un'esperienza eccitante e una sfida per i lettori, gli studiosi e i creativi, e continua a essere una fonte di ispirazione per chiunque.
dalla prefazione di Abraham B. Yehoshua
L'epos dell'immigrazione ebraica in Terra Promessa, la Palestina nei primi anni del Novecento. Grandi illusioni, poco lavoro, molta miseria. E più di settanta lingue che si incrociano in un territorio ancora governato dall'impero ottomano. Tra Giaffa (l'odierna Tel Aviv) e Gerusalemme si snodano le vicende di Isacco Kumer, giovane di belle speranze arrivato dalla Galizia, quelle dei suoi amici e dei suoi amori: la russa Sonia, colta ed emancipata, la splendida Shifra, figlia di un rabbino ultraortodosso. E poi c'è Balac: un cane randagio che pensa e sogna come un uomo, uno dei personaggi più belli e originali nella storia della letteratura.
Il tutto raccontato in una lingua sempre inventiva e straordinariamente ironica.