“Io che spesso cado nei fossi
per guadare un po’ troppo le nuvole,
mi posso riconoscere benissimo
in una specie di angelo dalle ali mozzate.”
Gesualdo Bufalino
“Uno scrittore trova le sue ragioni all’interno della propria coscienza, all’interno della società in cui vive. Si può essere scrittori testimoni del mondo e si può essere scrittori testimoni di se stessi. Io appartengo a questa seconda categoria. [ . . . ]
Io sono molto più umilmente e più dolorosamente un testimonio, falso per giunta, di me.”
Gesualdo Bufalino
Gesualdo Bufalino nacque a Comiso, in provincia di Ragusa, il 15 settembre del 1920. Il padre, fabbro, aveva un’autentica passione per la letteratura, che trasmise al figlio. Dal 1930 al 1935 frequentò come apprendista la bottega di un pittore di carri, che gli lasciò ricordi nostalgici. Nel 1940 si iscrisse alla Facoltà di Lettere dell’Università di Catania, ma a causa della guerra non frequentò che poche lezioni. Due anni dopo fu chiamato alle armi. Nel settembre del 1943, in Friuli, fu catturato dai tedeschi. Con l’aiuto di una ragazza riuscì a fuggire. Dopo alcuni mesi di clandestinità nelle campagne friulane, nel gennaio del 1944 riparò in Emilia presso un gruppo di suoi conterranei. Con l’arrivo dell’autunno si ammalò di tisi, e venne ricoverato nel sanatorio di Scandiano. Il primario, Biancheri, raffinato umanista, nello scantinato dell’ospedale custodiva migliaia di libri, e Bufalino vi aveva libero accesso. Lì, lesse per la prima volta Proust in francese. Durante la primavera del 1946 ottenne il trasferimento in un sanatorio della Conca d’oro, a Palermo. Dimesso, si laureò nel 1947. Tornò a Comiso dove cominciò a insegnare nell’Istituto magistrale di Vittoria.