La bellissima perdita: un tale titolo è quanto di più impopolare e di meno "mercato editoriale", ma è autentico. L'autore lo sa bene, sa che questo titolo è nato, per la sua pluridecennale amicizia con la poesia, da molto tempo e irrevocabilmente. Sa che la poesia non vuole riempirsi le mani, ma le vuota affinché accolgano il dono, povero e non posseduto, di tutte le cose. La poesia avanza retrocedendo, vince perdendo, parla tacendo, dice le sue proprie parole dissimulandole in quelle che appaiono pronunciate. La società «stolta che l'util chiede / e inutile la vita / quindi più divenir non vede» (G. Leopardi, Il pensiero dominante), è convinta che la poesia non serve a nulla. Non serve, infatti, regna.