"Ogni punto della terra - ha scritto Antonio Gramsci - è est e ovest nello stesso tempo, però occidente e oriente sono fatti reali". In questa storia per frammenti, breve e appassionata, tratta da un corso di lezioni alla Sapienza di Roma, il lettore troverà un'esplorazione originale dell'universo ideologico occidentale contemporaneo. È il racconto di storie molto diverse tra loro, tutte ambientate alla frontiera tra oriente e occidente: da “Mimesis”, il capolavoro di Erich Auerbach sulla presentazione della vita quotidiana nella letteratura occidentale (1946), a “Lost in translation”, il film di Sofia Coppola sullo spaesamento di due occidentali a Tokyo (2003). Si parte dalla conquista italiana della Libia, esattamente cento anni fa, fotografata nella “Partenza” di Serra, nei giudizi di Croce, e nel "No! all'invasione" pronunciato alla Camera dall'orientalista Leone Caetani (1913); passando poi per il progetto cinematografico di Clint Eastwood sulla battaglia di Iwo Jima, la rivoluzione di Kemal Atatürk e l'occidentalizzazione della Turchia (è a Istanbul che Auerbach scrive il suo monumento di filologia occidentale), e rifacendo il viaggio a ritroso, da oriente a occidente, dall'Egitto agli Stati Uniti, di Edward Wadie Said, l'autore di “Orientalismo” (1978), che ha legato per sempre immagine europea dell'oriente e conquista coloniale. Per arrivare, provvisoriamente, alla teoria della traduzione di San Gerolamo, a “Ghost dog” di Jarmusch (1999), al suicidio rituale di Yukio Mishima (i giapponesi sono occidentali?) e alle torri gemelle, colonne d'Ercole della modernità. È un percorso a zig zag, imprevisto e accidentato, nel cantiere rumoroso dell'occidente come ideologia, sempre in movimento e indescrivibile, alla ricerca di confini e di mappe, per orientarci nella terra di nessuno in cui ci troviamo.