«Non chiamatela camorra. È Cosa nostra». Questa sorprendente dichiarazione di Franco Di Carlo ha indotto Giorgio Mottola a ripercorrere la storia della camorra seguendo le rivelazioni dell'ex boss del clan dei Corleonesi, uno dei pentiti più attendibili. A lui Totò Riina aveva affidato, insieme ad altri fedelissimi, il delicato compito di gestire, negli anni Settanta, l'espansione dell'organizzazione siciliana sul continente. Grazie alla sua testimonianza, si scopre come avvenne, a partire dal dopoguerra, la colonizzazione mafiosa di Napoli e quale «formazione» seguirono i capifamiglia e i giovani guappi che, da piccoli criminali dediti allo spaccio e al contrabbando, si trasformeranno in industriali del crimine, con stretti agganci nella politica e nella finanza. Il silenzioso dominio della Cupola cambia il corso del narcotraffico internazionale, espande gli affari nel Nord d'Italia e traccia un disegno dei rapporti di forza fra le famiglie che porterà, negli anni Novanta, all'egemonia dei Casalesi. In questo viaggio alle radici di Gomorra si affacciano sotto una luce del tutto nuova vicende storiche: l'assassinio del marito di Pupetta Maresca, i rapporti fra Raffaele Cutolo e i Corleonesi, la faida fra i Nuvoletta e Antonio Bardellino, la trattativa per la liberazione di Ciro Cirillo, rapito dalle Brigate Rosse tre anni dopo la morte di Aldo Moro. La verità raccontata da Di Carlo non ha precedenti né nelle dichiarazioni di altri pentiti siciliani o campani né nelle carte della magistratura, ma trova puntuali riscontri dispersi in migliaia di pagine di atti giudiziari, che l'autore ha scandagliato per scrivere, della camorra, la storia che non è mai stata raccontata.