"Tra i classici della latinità Catullo è quello che suscita più simpatia tra gli studenti. Batte lo stesso Virgilio, perché, per quel poco che se ne legge, non è troppo difficile, e parla, almeno pare, di sé, raccontando situazioni non astruse, sentimenti e rabbie condivisibili, che tutti, anche a sedici anni, abbiamo sperimentato in qualche misura. Quando invita se stesso a farsi forza, a non ricadere nella sciocca illusione, suona familiare come Leopardi. Ed è tanto breve ed espressivo, come nel distico di odi et amo, da lasciare tracce anche nella memoria del più svogliato dei liceali. Finalmente, pare, un poeta 'normale', che se la sua donna va a letto con un altro gli sale il sangue alla testa e, se gli muore il fratello, piange; e a Giulio Cesare dà del finocchio... Appunto. A frugare tra i versi di Catullo, spunta pure il latino che nessuna grammatica ti insegna, la lingua del sesso, le parolacce; i doppi sensi. Quel passero, per esempio..." (Dall'Introduzione di Nicola Gardini)