La rivista che ha forgiato l'idea dell'architettura moderna in Italia: il lavoro delle idee viene qui colto e raccontato nel concreto del laboratorio editoriale di casabella
Negli anni Trenta del Novecento la rivista «Casabella» interpreta, in un difficile contesto storico-politico, la voce della cultura architettonica italiana più attenta alle novità del panorama internazionale contemporaneo e più sensibile al rinnovamento dell’architettura in Italia. A ottanta anni dalla sua fondazione, Rossano Astarita riparte da via Beatrice d’Este 7, sede storica della rivista, per ricostruire di quegli anni tormentati, così fertili e ricchi, non tanto una storia ufficiale, ma una lettura "trasversale" basata sulle testimonianze dirette e indirette di architetti, pittori, critici e letterati che contribuirono da un lato all’affermazione di «Casabella», dall’altro al formarsi di una nuova coscienza architettonica italiana. Ruolo centrale in questo studio è affidato ad Anna Maria Mazzucchelli, segretaria di redazione e redattrice capo della rivista dal 1934 al 1939, figura di riferimento per scambi di lettere e opinioni, richieste di articoli, recensioni, annunci di mostre. Il materiale dell’archivio Mazzucchelli costituisce infatti la struttura portante di questa "microstoria" di «Casabella» e dei suoi artefici, dei quali fa cogliere gli stati d’animo più intimi, quindi più autentici, e posizioni critiche a volte inedite. Il testo, in linea con una metodologia di ricerca che intende la documentazione originale già una scelta storico-critica, consente dunque una nuova lettura di autori e avvenimenti. La stessa ricostruzione del "dietro le quinte" del lavoro redazionale sulla base di appunti autografi e fotografie ritoccate porta a individuare e comprendere il processo di selezione e di fortuna critica di alcune architetture piuttosto che di altre, all’interno di correnti di gusto ben delineate, in modo del tutto analogo a ciò che accade ancora oggi. Il quadro che emerge, lontano dall’offrire una visione unitaria di un percorso che unitario non fu, è quindi il risultato articolato e complesso di punti di vista diversi e intrecciati, e, proprio per questo, coerente con gli umori del tempo e della cultura che racconta.