La ricostruzione del centro storico dell’Aquila, uno dei più importanti e belli del nostro Paese, richiede una operatività molto attenta e culturalmente impegnata, in grado di affrontare i singoli problemi attraverso un dialogo serrato tra cittadini, istituzioni ed enti di ricerca locali. Così come sarà indispensabile procedere insieme con tutti i comuni del contado, perché a dover essere ricostruito è tutto il contesto dell’organizzazione territoriale, da sempre legato alla città dell’Aquila e alla sua origine.
All’interno di questo quadro di riferimento deve essere rifiutato l’intervento demiurgico di progettisti di “chiara fama”, sempre pronti a proporre un loro modello di città in dissonanza con ogni forma di preesistenza o tradizione. Altrettanto può dirsi sull’inutilità e la mancanza di efficienza di un “piano” urbanistico, sempre troppo rigido e vincolistico, oltre che incapace di ogni controllo sulla qualità architettonica dei singoli progetti di intervento, tanto di ricostruzione
che di restauro.
Occorre invece mettere a fondamento di ogni singolo progetto (casa per casa) la conoscenza storica, unica metodologia capace di individuare e mettere nella giusta evidenza il valore documentario di ogni preesistenza, anche allo stato residuale; una sorta di critica catalogazione, una banca dati, da intendersi come un insieme di norme di un regolamento edilizio, per “ricostruire restaurando” attraverso singole proposte capaci di coniugare insieme il “progetto” con la “memoria” della città dell’Aquila e dei borghi del suo contado; così come accadde dopo il terremoto del 1703, ancora più grave e rovinoso.
L’Aquila tornò ad esistere, ma con un volto completamente nuovo, frutto della cultura architettonica del suo tempo, ma nel rispetto della propria tradizione storica, in specie medievale, e della sua organizzazione per “quarti” e per “locali”, mantenendo il ruolo di emergenze architettoniche e dei suoi spazi pubblici. Un modello, questo, che potrebbe essere preso ad esempio, aggiornandolo al momento presente, ma senza rifiutare la “novità” di questo momento del passato tanto rispettoso delle memorie più antiche.
Gianfranco Spagnesi, architetto, è nato nel 1933. Dal 1968 al 1976 ha insegnato nella Facoltà d’Ingegneria dell’Università dell’Aquila. Professore ordinario di Storia dell’Architettura nell’Università di Firenze, lo è stato in seguito di Restauro Architettonico nell’Università di Roma «La Sapienza ». La sua attività di ricerca è stata sempre rivolta alla storia delle architetture, delle città e del territorio, oltre che alla teoria del restauro architettonico. Svolge la propria attività in Roma. Nelle nostre edizioni figurano i volumi: L’architettura a Roma al tempo di Pio IX (1830-1870) e Introduzione al restauro delle architetture, delle città e del territorio