Una storia d'amore, di vita e di morte, incentrata sulla vicenda del maratoneta portoghese Francisco Lázaro, che morì a causa di un'insolazione dopo aver corso trenta chilometri alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912.
Un romanzo aspro e allo stesso tempo commovente che coinvolge il lettore nell'alternarsi di esistenze ricche di luci e ombre, di silenzi e risa, di timori e speranze.
«José Luís Peixoto è una delle più sorprendenti rivelazioni della letteratura portoghese contemporanea».
José Saramago
In questa cronaca familiare portoghese si alternano e sovrappongono le voci di un padre e di un figlio. Il primo, morto dopo una lunga malattia, ripercorre la propria esistenza, fatta di molte illusioni e molti fallimenti, e osserva, senza intervenire, il presente da cui ormai è escluso; il secondo rivive il passato e immagina il futuro mentre, ai Giochi olimpici di Stoccolma del 1912, partecipa alla maratona. Non avrà la gioia di conoscere il bambino che sua moglie sta per mettere al mondo: è destinato infatti a morire durante la corsa, stroncato da un'insolazione. Le parole di entrambi si mescolano nel ripercorrere un quadro atemporale e trascendente in cui l'esistenza si rivela mistero e solitudine. Al centro degli avvenimenti, la bottega di falegname di Francisco Lázaro che, tramandata di padre in figlio, nasconde una stanza tenuta sempre chiusa: è stipata di vecchi e malandati pianoforti, muti testimoni delle alterne vicissitudini della vita.
Frammentario e solo apparentemente sconnesso, perché modellato sulla tortuosità del filo dei ricordi, lo stile virtuoso e musicale di Peixoto conduce il lettore nell'intimità più pudica e miserabile dei suoi personaggi, dove la tenerezza si scontra con la crudeltà, e la morte, nonostante tutto, concede spazio alla vita. Quella stanza chiusa, il cimitero dei pianoforti, è la metafora dell'esistenza, è quella zona d'ombra e di conforto in cui si recuperano gli stimoli necessari per andare avanti.