Questa nuova edizione del Codice del Lavoro minor vede la luce in un periodo caratterizzato dalla recrudescenza della malattia respiratoria denominata COVID-19, cui si affianca, però, la speranza concreta di superarla attraverso la somministrazione di massa di vaccini prodotti grazie alla sinergia dei centri di ricerca di tutto il mondo.
Tuttavia, fino alla cessazione dello stato di emergenza, di cui non si è ancora in grado di fissare una deadline, tutti i sistemi strategici del paese, incluso quello produttivo e lavorativo, saranno fortemente condizionati dalle prescrizioni che impongono ai cittadini di tenere comportamenti responsabili, a tutela della salute pubblica.
Si tratta di quelle misure di cosiddetto «contenimento», caratterizzate da divieti e limitazioni alle libertà di circolazione e movimento, che si riflettono inevitabilmente sulla stessa attività lavorativa, pubblica e privata, in qualsiasi forma prestata (dall’esercizio dell’industria, all’artigianato, al commercio, alle arti, fino alle professioni).
Era inevitabile che lo stesso diritto del lavoro, così come lo abbiamo finora conosciuto, ne risultasse profondamente trasformato, almeno (si spera) temporaneamente.
Lo strumento utilizzato per affrontare l’emergenza è stato quello del decreto-legge.
Ne è seguito un profluvio normativo, caratterizzato anche da repentini cambiamenti di rotta, tali da rendere necessario l’inserimento, nella sistematica del Codice del Lavoro, di una parte autonoma e di nuova introduzione, dedicata al cosiddetto «lavoro nell’emergenza», allo scopo di offrire agli operatori pratici, prima ancora che agli studiosi del diritto, il catalogo delle disposizioni che più direttamente hanno inciso sulla disciplina del rapporto di lavoro, pubblico e privato.
In questo panorama, pur in continua evoluzione, rilievo centrale assumono, tra i tanti: il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, conv. in L. 24 aprile 2020, n. 27 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese); il D.L. 19 maggio 2020, n. 34, conv. in L. 17 luglio 2020, n. 77 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza); il D.L. 14 agosto 2020, n. 104, conv. in L. 13 ottobre 2020, n. 126 (Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia); il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19) (che ha riunito le misure adottate con diversi decreti-legge precedenti tesi a concedere misure di sostegno economico – i c.d. «ristori» – a categorie produttive e lavorative particolarmente colpite dalla crisi) nonché il D.L. 5 gennaio 2021, n. 1 e il D.L. 14 gennaio 2021, n. 2 (Ulteriori disposizioni per emergenza COVID-19).
L’attuazione di tali previsioni, connotate dalla straordinarietà e dall’urgenza di provvedere, è stata demandata a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, che si sono succeduti senza soluzione di continuità (l’ultimo prima dell’invio alla stampa del presente codice è il D.P.C.M. 15 gennaio 2021).
La modalità di svolgimento della prestazione lavorativa privilegiata dal legislatore dell’emergenza è quella del lavoro «agile», allo scopo di limitare la presenza sui luoghi di lavoro.
Istituti classici del sostegno alle imprese e ai lavoratori, a partire dalla cassa integrazione guadagni e altri ammortizzatori sociali, per finire al riconoscimento di permessi retribuiti e di congedi, sono stati ampliati e rafforzati, con l’eliminazione, per tutta la durata del periodo emergenziale, della gran parte dei requisiti (limitativi) previsti per l’accesso e il godimento delle relative prestazioni.
È stata prevista la non computabilità, nel comporto, dei periodi di «quarantena» imposti dall’autorità, oltre alla sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti.