Non c'è pace per il codice penale. Ogni anno, infatti, esso è costretto a metabolizzare novellazioni più o meno improvvisate, introdotte a volte per far fronte alla congestione irreversibile degli uffici giudiziari, a volte sotto la pressione di fatti di cronaca di forte impatto emotivo sull'opinione pubblica. Appartengono alla prima categoria le modifiche apportate con i decreti legislativi n. 7 e n. 8 del 15 gennaio 2016, i quali hanno dato attuazione alla legge 28 aprile 2014, n. 67, che delegava il governo ad un ampio intervento di depenalizzazione e abrogazione di numerose fattispecie di reato. Il d.lgs. n. 7 del 2016 ha trasformato i reati abrogati in illeciti civili sottoposti a (inedite) sanzioni pecuniarie, la cui applicazione è stata rimessa al giudice civile, con una "rottura di sistema" tanto più singolare quanto, probabilmente, incongrua rispetto allo scopo, essendo stato trasferito il carico giudiziario dal plesso penale a quello civile di un medesimo ufficio giudiziario. Il d.lgs. n. 8 del 2016 ha, invece, depenalizzato le violazioni extra codicistiche (con le eccezioni espressamente indicate) per le quali era prevista la sola pena della multa o dell'ammenda, assoggettandole alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro. Alla categoria delle reazioni legislative di evidente sapore simbolico (visto l'utilizzo della sola leva penale, senza alcun potenziamento effettivo dei sistemi di prevenzione) appartiene, invece, la legge 23 marzo 2016, n. 41.